Atlante di Torino

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image-1Superstizioni esoteriche
Se l’origine egizia di Torino è poco più di una favola, la radicata abitudine del culto di Iside (il cui tempio era dove verrà costruita la chiesa di S.Solutore poi la Cittadella) testimonia di un’antica tradizione di superstizioni esoteriche connessa all’attività agricola, alle predizioni del futuro legate alla Luna per conoscere in anticipo e propiziare il risultato dei raccolti. La festa ricorreva il 5 marzo, equinozio di primavera, mentre il 3 novembre era la festa di Osiride.
In questa zona era situato il cimitero dei primi cristiani.

 

Tempio di Iside
Sul muro di un locale del Museo d'Artiglieria presso il Mastio della Cittadella è conservato un frammento decorativo a palmette, scoperto nel 1961 durante i lavori di ampliamento, che forse si riferisce al tempio di Iside, sul quale la tradizione vuole sia sorta nel medioevo la Basilica di S. Solutore (rasa al suolo dai Francesi nel 1536).

image-1La Cittadella fu la prima grande opera voluta da Emanuele Filiberto per difendere la città e difendersi dalla città. La sua costruzione fu il primo passo nell’organizzazione del nuovo stato, una sterzata imposta da Emanuele Filiberto che, in pochi anni, riuscì a plasmare in senso rigoroso il carattere della popolazione.
In 150 anni, la Cittadella subì tre grandi assedi:
1640: nella guerra civile detta “La guerra dei cognati” tra la duchessa reggente Maria Cristina e i due fratelli del defunto Vittorio Amedeo I, Tommaso e Maurizio. L’attacco coinvolse solo la parte esterna della Cittadella senza interessare il sistema sotterraneo di contromine.
1706: furono utilizzati soprattuto i sistemi di contromine con una rete di 20 Km di gallerie.
1799: la Cittadella, ancora occupata dai francesi, venne attaccata dagli Austro-Russi del generale Suvarov. La progredita tecnica delle artiglierie e la breve durata dell’assedio non permisero di sfruttare appieno la rete delle contromine.


La Cittadella sovrapposta alla pianta odierna della città:

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image-1L’esercito di “Testa di ferro”

I gradi della fanteria alla fine del 500 erano: soldato, lancia spezzata, caporale, centurione, sergente, alfiere, capitano, sergente maggiore, colonnello, sergente maggiore generale.

Esplode la polveriera
Il 20 agosto 1698 esplose il magazzino delle polveri della Cittadella, un grande deposito sito vicino alla casa dove abitava il governatore. Tutte le abitazioni adiacenti vennero distrutte, compresa la chiesa di Santa Barbara, ricostruita poi vicino al Mastio. Morirono più di cento persone, soldati, donne, bambini e anche il curato di Santa Barbara. I feriti furono duecento, tra cui quasi tutti gli ufficiali del reggimento della Croce Bianca. Danni gravi anche in città, per un totale di seicento mila "livre".

Grazia in estremis
Nel 1704 l’1 settembre monsù Bernardi, reo di aver ceduto il forte di Susa senza combattere doveva essere decapitato (con un arnese denominato "taglietto", antesignano della ghigliottina) davanti alla Cittadella. Proprio quando si stava per effettuare l’esecuzione giunse al galoppo un cavaliere con la grazia del principe. Il Bernardi era stato accompagnato al patibolo dal beato Sebastiano Valfrè.

 

Guardia di Finanza
Fra queste mura il 5/10/1774 si schierò per la prima volta la “Legione Truppe Leggere”, futura Guardia di Finanza.

La prigione del Papa
La Cittadella venne usata anche come carcere: nel 1736, vi furono rinchiusi: il filosofo Pietro Giannone, Vincenzo Gioberti, l’arcivescovo Luigi Fransoni e, nel 1799, Papa Pio VI.

Angelo Brofferio (1802-1866), mentre era custodito nel carcere della Cittadella, scrisse un versetto dedicato al boia di allora, che si chiamava Gaspare Savassa.
Dis, Gasprin, fa nen ‘l fol con toa stringa antor al còl
[Ascolta, Gasparino, non fare lo stupido con la tua corda attorno al (mio) collo].

 

Lo storico Pietro Giannone fu detenuto per 12 anni nella Cittadella (morirà poi nella fortezza di Ceva nel 1748) solo per avere sostenuto, nella sua opera “Il Triregno", che Costantino si era fintamente convertito al Cristianesimo solo per opportunità politica. Questa affermazione, unitamente alla sua militanza nella Massoneria, scatenarono la reazione della Chiesa e del cardinale Albani che ne sollecitarono la reclusione.

 

 

L'eclissi e l'assedio
Il 12 maggio 1706 (cioè il giorno prima che i 40.000 francesi del Maresciallo La Feuillade cingessero d'assedio la Cittadella di Torino) vi fu un'eclissi totale di sole della durata di due ore circa (dalle 14 alle 16). Fra Bernardino da Torino, mo­naco nel convento della Madonna di Campagna, testimone oculare degli eventi, racconta che durante il fenomeno si videro le stelle in pieno giorno. E
Lo conferma don Tarizzo da Favria nel suo «Ragguaglio Historico dell'assedio e liberatione di Torino», in cui si legge: «Al primo appressarsi che fero­no verso la piazza i nemici, avvenne il grande eclisse del sole, onde oscurato interamente il globo solare, rimase in tenebre l'orizzonte e videsi allora in quella notte di mezzodì lampeggiare quasi sola la pro­ pizia costellazione del Toro; e siccome questa è la divisa della città, siccome il Sole della potenza nemica ... se ne fece comunemente un presagio ... che quella rimarrebbe oscurata sotto le minacciate mura e ne trionferebbe la gloria de' torinesi ... ». Infatti, così avvenne.

Il commercio delle bombe
Le bombe che cadevano numerose durante l'assedio del 1706 diventarono ben presto oggetto di commercio. L'8 luglio, un editto del maresciallo Daun vietò, pena multa di 25 scudi d'oro (o tre tratti di corda), di ritenere o comperare bombe ed altri proiettili caduti sulla città. Tutti dovevano portarli ai signori Tenca e Resca i quali, nella loro qualità di Delegati del Consi­glio d'Artiglieria, pagavano le bombe grosse intere lire 2 caduna, quelle piccole intere 25 soldi ed i rottami 10 soldi al rubbo; le palle da getto 5 soldi ogni 20 libbre di peso; le altre, tre soldi l'una. Nella sua «cronaca» dell'assedio, il medico di Piovà dr. Rosingana afferma che con la sola vendita di tali proiettili e frantumi i soldati realizzarono, mediamente, un utile di circa otto lire a testa.

Il concerto durante l’assedio
Durante l’assedio del 1706, nella notte tra il 31 agosto e il 1 settembre si verificò una situazione insolita.
L’ufficiale di guardia sugli spalti, il marchese Roero di Cortanze, chiamò i suonatori di oboe del reggimento, affinchè suonando tenessero svegli i soldati di guardia.
Dalle trincee nemiche, sentendo la musica, un ufficiale francese chiese ad altya voce chi fosse l’ufficiale al comando sugli spalti.
Saputo che era il marchese di Cortanze. ribattè: “Ah, lo conosco!”, così gli chiese di far suonare una ballata pare molto in voga a quei tempi “la follia di Spagna”. Dalle mura gli risposero che a Torino non era di moda, e che in città preferivano “la follia di Francia”.
I francesi, non si offesero e risposero: “D’accordo, suonateci dunque la follia della Francia”.
Il concerto durò due ore, tra battute spiritose, complimenti e applausi, rilanciati dalle mura alle trincee e viceversa.
L’episodio viene riportato dal Tarizzo nel suo poemetto, “l’Arpa Discordata”:

Le noci delle le spie
Con l'editto del 19 luglio 1706 il maresciallo Daun vietò, pena fustigazione e multa, di far entrare in città le noci. Il motivo ufficiale era l'igiene, quello vero era che erano state scoperte informative segrete di spie francesi ed inviti alla diserzione nascosti proprio dentro gusci di noce.


Pietro Micca “Passpartout”
Nel “Giornale dell’assedio” il Comandante dell’artiglieria, il generale Solaro della Margherita cita l’atto, di cui fu protagonista Pietro Micca, senza enfasi e senza neppure nominare il suo autore (alla cui vedova e all’orfano furono assegnate, come pensione, due razioni giornaliere di pane per tutta la vita). Lei si risposò con un certo Lorenzo Pavanello che disertò e venne riscattato probabilmente proprio con i soldi di Pietro Micca.
Nel 1958 il generale Guido Amoretti ha riportato alla luce la scala del tunnel dove avvenne l’esplosione innescata da Pietro Micca.


Il segreto dei minatori torinesi
Durante l’assedio del 1706 le sorti della battaglia furono soprattutto nella mani dei minatori: quelli francesi scavavano gallerie per minare le mura, i torinesi per inutilizzare il lavoro dei francesi o per collocare cariche esplosive sotto i cannoni nemici. Per localizzare con esattezza le batterie avversarie i minatori piemontesi, che lavoravano al buio nelle gallerie, usavano un sistema particolare: mettevano su un tamburo con la pelle molto tesa dei fagioli secchi, a ogni cannonata le vibrazioni facevano saltare i fagioli verso la parte dove sparavano i cannoni, cioè nella direzione in cui si doveva continuare a scavare. Quando i fagioli saltavano in verticale, voleva dire che si era arrivati proprio sotto i cannoni nemici. Non restava che piazzare la cariche e andarsene in fretta.

 


La scala di Pietro Micca e alcuni dei tunnel utilizzati durante l'assedio del 1706.



In alto: la scala di Pietro Micca (prima dell'esplosione): a) uscita nel fossato della "capitale" alta della Mezzaluna, difesa da una piccola guardia; b) tratto di galleria alta occupato dai francesi dopo la sorpresa effettuata nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706; c) scala di collegamento tra la "capitale" alta e bassa della mezzaluna del Soccorso, minata, cui era di guardia Pietro Micca con un compagno; d) galleria "capitale" bassa proseguente verso la Cittadella; e) fornello di mina predisposto per far saltare la scala in caso di sorpresa, proprio quello che fece Pietro Micca; d) pianerottolo superiore della scala provvisto di porta di comunicazione con la galleria alta, porta sbarrata dal minatore prima dello scoppio.
(Disegno del generale Guido Amoretti - 1959)

A fianco i dati dell'assedio e della battaglia decisiva

 

 

 

 

 

 


La bombarda di Costantinopoli
La bombarda posta davanti all’ingresso pesa 15 tonnellate, è lunga 5 metri, con calibro 700, venne usata nel 1453 dai Turchi nell’assedio di Costantinopoli.

Vedi le immagini della Cittadella

 

 

 

 

 

Approfondimento: il passeggio della Cittadella


 
     
 

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