Atlante di Torino




 


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image-1336 - La statua di Baglioni
Sulla sommità e sulla facciata del palazzo di via Palmieri 4, angolo via Talucchi, due statue dello scultore Umberto Baglioni, realizzate nel 1932. Ora a quella sul tetto manca parte del braccio alzato nel saluto romano.

 

 

336 - La casa del pittore
In via Vassalli Eandi 32 abitò il pittore Mario Reviglione (1883 - 1965) formatosi all’Accademia Albertina, al seguito di Giacomo Grosso (1860-1938) e di Paolo Gaidano (1861-1916).

image-1346 - La famosa fabbrica di biliardi
In via Beaumont 21 aveva sede la fabbrica dei famosi biliardi Deagostini, in attività fin dal 1842.











346 - Il filosofo
Il filosofo Luigi Pareyson (1918 - 1991) abitava in via Drovetti 10. Allievo di Gioele Solari e Augusto Guzzo, dopo aver seguito in Germania i corsi di Karl Jaspers, insegnò filosofia al Cavour e al liceo classico di Cuneo, dove ebbe come allievi alcuni futuri esponenti della Resistenza, tra i quali Uberto Revelli e Ildebrando Vivanti. Nel 1944 fu arrestato per alcuni giorni, in seguito operò nella Resistenza, insieme a Leonardo Ferrero, Duccio Galimberti e Pietro Chiodi, continuando a pubblicare anonimamente articoli sull'educazione.
Nel dopoguerra insegnò al liceo Gioberti e in vari atenei tra cui l'Università di Torino, che nel 1952 creò appositamente per lui un insegnamento di estetica.
Fu accademico dei Lincei e membro dell'Institut international de philosophie, oltre che fondatore e direttore della Rivista di estetica.
Ebbe come allievi molte figure di prestigio, come Umberto Eco, Gianni Vattimo, Francesco Tomatis, Mario Perniola, Sergio Givone, Giuseppe Riconda, Diego Marconi, Giuseppe Massimino, Marco Ravera, Ugo Perone, Claudio Ciancio, Maurizio Pagano e Valerio Zanone, segretario del Partito Liberale Italiano, ministro della Repubblica e sindaco di Torino.

354 - I quattro Evangelisti della Chiesa di Gesù Nazareno
La chiesa di Gesù Nazareno, in via Pietro Palmieri, 39, si affaccia su piazza Luigi Martini, nota anche come Benefica, dal nome dell’istituto per ragazzi e ragazze abbandonati che sorgeva lungo via Susa e via Palmieri,
Nel 1904 cominciò la costruzione della chiesa, progettata dall’architetto Giuseppe Gallo.
La parrocchia - unica in Italia con questo nome - fu consacrata nel 1913 dal Cardinale Richelmy.
Ai quattro angoli del rosone esterno ci sono i simboli dei quatto Evangelisti: in alto a sinistra il Bue, simbolo dell'Evangelista Luca, in alto a destra il Leone (Marco), in basso a sinistra l'Uomo alato (Matteo) e in basso a destra, un po’ deteriorata, l'Aquila (Giovanni ).

363 - Per l’onore della famiglia
Nel 1905 Maria Marengo fugge dalla sua casa di via Duchessa Jolanda 13, prostituendosi col soprannome “La Cinese” per via dei suoi occhi piccoli. Più volte la famiglia tenta di riportarla a casa, invano. Viene trovata morta in corso Regina Margherita, il commissario notando lo strano atteggiamento del fratello Giuseppe, di 17 anni, gli dice che è solo ferita, inducendolo così a confessare il delitto: “per difendere l’onore della famiglia”.

Leggi l'articolo de La Stampa del 1905 che racconta la vicenda della "Cinese"



image-1363 - Benefica
Casa Benefica nel 1896 inaugura la nuova sede, in via Susa 15. Origina dall’impegno sociale, laico, del fondatore Luigi Martini (1840 - 1894) Pretore Urbano che nel 1889 apre ufficialmente la prima attività in via San Domenico, 30 ospitando i suoi primi 10 minori.
Nel 1963 l’istituto viene trasferito a Pianezza. Nel 1964 in via Saluzzo, 44 viene aperta la prima “comunità alloggio” sul territorio torinese. Ne seguiranno altre due in via Giolitti, 4 e in via Le Chiuse, 92.

 

 

 

363 - Roberto Bettega
Il calciatore Roberto Bettega (1950) da bambino abitava via Lemie 51, mentre suo padre Raimondo aveva una carrozzeria una via Duchessa Jolanda 9.

image-1image-1Piazza Benefica e la fontana "Pendente"
Nel 1999 lo scultore greco Costas Varotsos ha realizzato la scultura di vetro che sovrasta la fontana. L'opera è formata dalla sovrapposizione di numerosi pezzi di vetro, per un peso complessivo di 43 tonnellate e un effetto visivo notevole.
Ma otto anni dopo, nel 2007 “La Totalità” (questo è il titolo dell’opera) aveva destato preoccupazioni per aver iniziato a pendere pericolosamente.

La fontana sfrattata
La fontana “La Totalità” nell'agosto del 2017 è stata sfrattata dai giardini Martini di piazza Benefica. Al suo posto, dopo 17 anni di convivenza non troppo pacifica con i residenti del Cit Turin, è sorta una grande aiuola rotonda.
La struttura è stata smontata in un mese, i suoi pezzi verranno utilizzare per la realizzazione di una nuova scultura che troverà collocazione nei giardini Grosa di via Falcone, a due passi dal grattacielo Intesa Sanpaolo. Su cui lavorerà ancora l’artista, Costas Varotsos.

image-1image-1366 - La torre Westminster
Il palazzo all'angolo tra via Susa e via Giacinto Collegno è conosciuto come "Torre Westminster" che, come si vede nella propaganda dell'epoca, era attrezzato con tutte le ultime novità della tecnica.












image-1image-1Via Duchessa Jolanda
Venne pesantemente bombardata nel novembre del 1942.

 

 

 

 

 

 

 


image-1La mappa del 1862-68

 

 

 

 

 




image-1image-1image-1Corso D'Annunzio
Durante il ventennio corso Francia venne rinominato corso Gabriele D'Annunzio.

 


371 - Il nobile editore
In corso Ferrucci 27 abitava Giulio Bollati di Saint Pierre (1924 – 1996) editore e intellettuale, nella foto a fianco insieme alla sorella Romilda. Figura di punta del panorama editoriale del Novecento, ricoprì incarichi di vertice all'interno di primarie case editrici, prima all'Einaudi, quindi alla Mondadori, infine in collaborazione con la sorella Romilda (1932-2014 dovrebbe essere lei la "Pierina" protagonista di alcune lettere struggenti di Cesare Pavese, prima del suicidio), dopo l'acquisizione dell'editrice Boringhieri, dirigerà la Bollati Boringhieri specializzata negli ambiti scientifici ed umanistici della cultura.

 

Gamba di ferro, eroe dell’aereonautica
In via Paolini 14 abitò negli ultimi anni della sua vita avventurosa Ernesto Botto (1907-1984).
Torinese, nel 1937, comandò la 32° squadriglia caccia nella guerra civile spagnola dove colpito da un proiettile perse la gamba destra, riuscendo ugualmente a ritornare alla base. Tutti gli aerei della sua squadriglia utilizzarono il simbolo della “gamba di ferro” che divenne anche il suo soprannome.
Nel 1938 tornò a pilotare, nel 1943 stava per essere deportato in Germania essendosi rifiutato di collaborare con i tedeschi, ma il 24 settembre venne nominato sottosegretario di Stato dell'Aeronautica Repubblicana. Nomina voluta dal generale Rodolfo Graziani, ministro della Difesa, che lo volle malgrado i soli 36 anni e il grado di tenente colonnello a capo della forza aerea, dove peraltro erano in forza generali e ufficiali più anziani di lui, sia per la considerazione di cui godeva nell'ambiente aviatorio, sia per le sue decorazioni. Botto cercò di creare un'aviazione italiana indipendente indipendente dai tedeschi che lo contrastarono duramente.
I dissapori con alcuni esponenti della gerarchia fascista, primo fra tutti Roberto Farinacci, che più volte lo attaccò sul suo giornale Il Regime Fascista e il suo atteggiamento ostile nei confronti dei tedeschi, che ne sottolineavano la dubbia fede fascista, crearono una tensione che portò Botto a chiedere, nel gennaio del 1944, di essere esonerato dall'incarico. Tra le cause della rottura, la richiesta di Farinacci di far giurare a tutti i militari fedeltà al fascismo e la sostituzione del saluto militare con il saluto romano, richieste alle quali Botto si oppose ed effettivamente per un certo tempo distinse gli aviatori dagli altri soldati.
Botto si ritirò a Torino, dove grazie al suo stato di servizio, non subì critiche neanche dai suoi nemici che anzi ne protessero l'incolumità, malgrado avesse ricoperto incarichi di vertice nella Repubblica Sociale.
Botto è stato inserito dal portale web dell'Aeronautica Militare nella pagina intitolata "I grandi aviatori", dove vengono citate le maggiori personalità storiche dell'aviazione italiana.
E’ stato decorato con medaglia d’oro e d’argento al valor militare e croce al merito di guerra.

image-1375 - Due delitti per insubordinazione
Il 2 gennaio 1904 al Foro Boario di corso Vittorio Emanuele II (dove ora c’è il giardino) Clemente Bettino, guardia daziaria, spara sei colpi al brigadiere Giuseppe Bossolasco che gli aveva fatto rapporto, uccidendolo.

Il 22/8/1904 nella caserma Cavalli, di corso Vittorio Emanuele II (dove ora c’è il Tribunale) Pietro Menti, soldato del 5° reggimento di artiglieria, uccise con una bastonata l’appuntato Matteo Ritucci.

 

 

 

 

 

image-1image-1image-1Mattatoio
Fino alla fine degli anni sessanta del 900 era  in corso Vittorio Emanuele II angolo via Principi d'Acaja (oggi, via G.Falcone). Nell'area lasciata libera insieme alla demolizione delle caserme Pugnani e Sani, è stato costruito il nuovo Palazzo di Giustizia, intitolato a Bruno Caccia, il magistrato ucciso dalla 'ndrangheta nel 1983.


image-1image-1378 - Le Nuove
Il carcere giudiziario “Le Nuove” fu edificato tra il 1857 e il 1869 in corso di S.Avventore (Vittorio Emanuele II), per sostituire il carcere criminale di via S. Domenico 13, il correzionale di Via Stampatori 3, il carcere delle forzate di via S. Domenico n. 32 e il reclusorio per le condannate delle Torri Palatine.

Progettato da Giuseppe Polani, fu concepito come carcere ad isolamento totale. La segregazione individuale, formalmente introdotta dal decreto regio del 27 giugno 1857, prevedeva l’utilizzo di una cella singola per ogni detenuto affinchè si garantisse l’effettivo isolamento diurno e notturno.
Le celle erano 648, lunghe 4 mt., larghe 2,26 e alte 3; disponevano di una finestra posta all’altezza di 2 metri e 10 dal pavimento, a forma di “bocca di lupo” per vedere soltanto il cielo. La superficie complessivamente occupata era di 37.634 mt. quadri, perimetrata da due muri di cinta alti cinque metri, con quattro torricelle, tredici bracci, sei cortili per il passeggio e due cappelle, una per gli uomini e l’altra per donne.

Vedi la pagina di approfondimento sul vecchio carcere "Le Nuove"




La maschera di Ferro alle Nuove
Il 18 ottobre 1934 venne arrestato Ante Pavelic (1889-1959), il fondatore del movimento croato di estrema destra degli Ustascia (in croato, “insorti”) che, proprio in città, in una trattoria di via Urbano Rattazzi, aveva organizzato l’assassinio del re Alessandro avvenuto a Marsiglia una settimana prima.
Pavelic nel 1941 diventerà capo dello stato della Croazia con l’aiuto di Hitler e Mussolini. Proprio grazie a questi appoggi la sua detenzione fu privilegiata (al suo arrivo alle Nuove un funzionario commentò “E’ la Maschera di ferro, ma qui dentro ci resterà poco”. Venne rilasciato nel novembre del 1934 respingendo la richiesta francese di estradizione.

Mantenne Torino come una delle sue basi preferite per le sue macchinazioni: viveva in una pensione al fondo di via Madama Cristina, all’angolo di corso Vittorio Emanuele II.
Gli ustascia si resero protagonisti di tremende persecuzioni contro ebrei, ortodossi,serbi, comunisti. Durante una macabra intervista Pavelic mostrò a Curzio Malaparte un cesto con “venti chili di occhi umani”.
Per il suo fervente cattolicesimo Pavelic era ben visto in Vaticano e venne ricevuto in udienza privata da Pio XII. Quando i destini della guerra cominciarono a precipitare tanti criminali di guerra croati (Pavelic su tutti), al pari di molti nazisti tedeschi, riuscirono a mettersi in salvo in Spagna o Sud America attraverso la collaborazione di alti esponenti del clero.

Il ritrovo delle canaglie
Dalla Gazzetta Piemontese del 22 maggio 1876: «Brutte scene - Nel piazzale che sta di fronte all’ammazzatojo ed allato alle Carceri Cellulari, trovasi un’osteriuccia che, a quanto pare, ne’ giorni festivi è frequentata dalla feccia de’ mariuoli e da uno stormo immondo di donnacce di mala vita ruzzolate sino all’ultimo gradino della degradazione. Per allettajuolo o zimbello de’ merlotti serve un organetto, al cui suono si balla tanto per chiamar maggior numero di curiosi, fra i quali alcuni diventano necessariamente consumatori. Or bene, da circa un mese quel piazzale divenne il non glorioso teatro delle gare tra mascalzoni di due borghi, San Salvario e San Donato. Tre domeniche orsono furono accalappiati e maltrattati alcuni soldati del Genio, e furono i soldati di guardia alle Carceri che li liberarono. La domenica scorsa vi fu battaglia, e ieri una cinquantina di farabutti del borgo San Donato si recarono sul luogo ad aspettare gli emuli di borgo San Salvario. Questi, per buona fortuna, non si presentarono, ed il ballo fu impedito da due guardie di P. S. che tolsero il manubrio dell’organo, e lo portarono con loro. A reagire con quella vicinanza dei soldati di guardia al carcere, quello strupo di futuri galeotti non s’azzardò, ma pur volle uno sfogo alla sua rabbia bestiale ed aggredì, percosse, lapidò, ferì gravemente due innocui operai, il cui solo torto, anzi vanto, era quello di non appartenere alla cocca. Questi sono disordini troppo gravi, troppo incomportabili, e la gente di coltello e di corda che li commette, non deve andar immune al castigo più che meritato, altrimenti crescerà e s’incancrenirà sempre più il male. Il Questore provvederà colla solita premura, ne siam certissimi, e saprà chiudere la bettolaccia, e far stare a dovere i furfanti delle due cocche.

image-1Piazza d’Armi
Dopo l’iniziale uso di piazza Castello per le esercitazione delle truppe, venne usata la spianata di San Secondo, vicino alla Cittadella dove si effettuavano esercitazioni quotidiane e grandi manovre, cui spesso assisteva Carlo Alberto.

La piazza d’Armi nel 1847 venne spostata verso sud-ovest nella zona dell’attuale Politecnico. Nello stesso anno vi si accamparono il 3° e 4° corpo d’Armata francese. Più tardi fu ulteriormente allontanata dal centro, nell’attuale sistemazione.

La fucilazione del generale
Qui venne fucilato il generale Gerolamo Ramorino (1792-1849, immagine a destra), cui si imputò la sconfitta di Novara. Rinchiuso alla Cittadella (dove prese lezioni di trombone), davanti al plotone non volle che gli bendassero gli occhi, senza il minimo segno di titubanza o commozione aprì la tunica e additò il petto ai soldati. Venne sepolto al cimitero della Crocetta.

image-1I preti moschettieri
Nel 1904 la legge prevede che anche quelli esentati dal servizio militare, come chierici e seminaristi, devono avere una sommaria istruzione militare. Quindi non doveva stupire vedere, ogni tanto, un plotone di giovani in abito talare, esercitarsi col fucile in piazza d'Armi o al poligono del Martinetto.

image-1Corse in piazza d'Armi per far festa al Re
Il 22 maggio 1834 nella piazza San Secondo (piazza d’Armi) in occasione delle feste per il 20° anniversario del ritorno del Re, dopo l’esilio in Sardegna durante l’occupazione napoleonica, venne allestito un grandioso circo per le corse dei cavalli. La piazza, realizzata nel 1817, per ordine di Vittorio Emanuele I, era destinata all’esercitazione dei soldati.



image-1La birreria in piazza Adriano
Un tempo corso Vittorio Emanuele terminava alla fabbrica di birra Boringhieri, con giardino e birreria all'aperto. Nel 1961 la birreria venne demolita e realizzata l'attuale piazza Adriano.

 

 

 

 

Il "Vallo Adriano"
Un parcheggio realizzato nel 2010, nonostante le proteste dei residenti, è una vera e propria barriera che divide in due la piazza, creando una zona nascosta, abbandonata a se stessa.

Vedi l'inchiesta e gli articoli di "La Stampa"

Vedi le immagini dell'incuria e dell'abbandono nel 2017

 

 


image-1image-1image-1Le cameriere troppo carine e compiacenti
Quattro anni dopo l’unità d’Italia, un anno dopo del trasferimento della capitale a Firenze, in città erano attive 114 birrerie. Una delle più famose era la «Boringhieri» che venne demolita nel 1961 per realizzare piazza Adriano. Per sollecitare la clientela si utilizzavano, cameriere carine, possibilmente bionde, e magari disponibili. A un certo punto queste ragazze arrivarono ad essere 670, suscitando più di un problema familiare che scatenò una vera e propria campagna di stampa da parte dei giornali conservatori contro queste “rovina famiglie”. Un decreto della Camera Subalpina ordinò l’immediata chiusura delle birrerie che avevano personale femminile, così 104 locali di colpo cessarono l’attività.

image-1L'ospedale distrutto dalle bombe
In via della Circonvallazione Ovest (ora corso Francesco Ferrucci 48-50) c'era l'ospedale Martini. Durante la seconda querra mondiale venne bombardato e completamente distrutto da due incursioni aeree: del 18 e del 20 novembre 1942. L'area è oggi occupata da un grande condominio.

 


image-1L'Editrice Paravia
Nel 1920 la sede dell'Editrice Paravia (che operava a Torino fin dal 1802) era all'angolo tra corso Vittorio Emanuele 199 e corso Racconigi 16. Oggi quell'edificio è stato sostituito da un condominio moderno.





image-1image-1Moto Borgo storico marchio italiano di moto
A Torino non solo auto, ma pure moto: la Fabbrica Italiana Velocipedi e Motocicli Borgo, poi Moto Borgo, fu attiva dal 1906 al 1926, all'incrocio tra via Pier Carlo Boggio e corso Ferrucci.

 


image-1Moto SImplex
Dal 1924 al 1940 Luigi Pellini costruì le moto Simplex nella fabbrica sita in via Cumiana 53. Nel dopoguerra la Simplex cambiò attività e si mise a costruire copritermo.



 

 

image-1image-1SPA - Società Piemontese Automobili
Era in corso Ferrucci 122. Acronimo di Società Piemontese Automobili, era un'azienda automobilistica fondata da Michele Ansaldi e Matteo Ceirano a Torino. Il marchio "SPA" fu presente sul mercato dal 1906 al 1949, nonostante nel 1909 l'azienda originaria sia stata fusa con la F.L.A.G. ( Fabbrica Ligure Automobili Genova) e nel 1926, in seguito a difficoltà finanziarie, sia stata acquistata dalla FIAT.

Oltre ad automezzi civili, la SPA nella sua storia ha realizzato anche veicoli militari e motori aeronautici per il Regio esercito e la Regia Aeronautica.
Compreso tra i corsi Ferrucci e Peschiera e le vie Osasco e Montenegro, lo stabilimento venne costruito nel primo decennio del Novecento su un’area di 12 mila metri quadrati lungo la ex via Circonvallazione.

II primo aereo italiano
Il primo aereo italiano a volare fu il triplano Faccioli n.1.realizzato dall’ingegnere Aristide Faccioli nello stabilimento della S.P.A. (Società Piemontese Automobili), in corso Francesco Ferrucci 122. Decollò il 13 gennaio 1909 a Venaria Reale. Dopo alcune evoluzioni, a causa dell’imperizia dell’improvvisato pilota, che era il figlio del costruttore, in fase di atterraggio il volo del triplano, con ali in tela, si concluse con la distruzione dell’apparecchio.
L’ingegner Aristide Faccioli era stato, nel 1899, tra i soci fondatori della FIAT, diventandone il primo direttore tecnico (progettò il primo modello di auto prodotto dalla casa torinese in otto esemplari: la 3,5 HP).
La direzione della SPA era nell’edificio ancora esistente che produceva, oltre alle automobili, anche autocarri, mezzi militari e, in seguito, motori d’aereo.
Rilevata nel 1926 dalla FIAT, ne divenne una sezione mantenendo la ragione sociale e continuò la produzione incentrata solo più su autocarri e, soprattutto, su mezzi militari per smaltire le imponenti commesse governative in vista della nuova guerra.
Dopo la II Guerra mondiale continuò la produzione di autocarri fino al 1949.
La palazzina di corso Ferrucci 122 ora ospita l’Assessorato dello Sport e Tempo Libero.

Felice Andreasi
L’attore Felice Andreasi (1928-2005) abitava in corso Rosselli 93.

image-1La torre vetrata
Nel 1936, in Corso Peschiera 230, venne costruita in soli sei mesi la sede del gruppo rionale fascista Amos Maramotti, finanziata da Vincenzo Lancia e progettata da Giuseppe Canestri.
La torre vetrata di 29 metri recava verso la sommità l’effige del fascio.
Dopo la guerra l’edificio, grazie alla flessibilità propria del progetto architettonico, è stato riutilizzato per diverse funzioni: da sede dei partiti democratici a ufficio accessorio per le grandi industrie della zona (Lancia e la Venchi Unica), fino a diventare istituto scolastico, destinazione che mantiene ancora oggi come scuola Santorre di Santarosa.

 

image-1image-1Viberti
In c.Peschiera 251 avevano sede la Viberti, fondata nel 1922 da Candido Viberti a cui subentrò (1946) il figlio Angelo Elisio Viberti fino al 1959, anno della sua morte; una delle sue più grandi collaborazioni è quella con la Fiat-Iveco, iniziata poco dopo la nascita e attualmente ancora attiva. La collaborazione riguardava in particolare l'allestimento di autobus (come l'Iveco 316 e Iveco Turbocity) e filobus (Fiat 2472 Viberti CGE). Nel campo del trasporto di merci l'azienda è particolarmente nota per la costruzione dei veicoli trainati, sia rimorchi che semirimorchi.
L'azienda partecipò anche ad un ammodernamento di alcune vetture tram per l'ATAC di Roma e di diverse vetture per l'ATM Torino (sia monocassa sia snodate). Nel 1961 in occasione dell'esposizione internazionale Italia '61, la Viberti costruì appositamente per l'Azienda Torinese Mobilità 12 autobus a due piani (a 3 assi). Nel 1996, dopo la gestione di un curatore fallimentare, l'azienda viene acquistata dalla famiglia Acerbi proprietaria dell'omonimo marchio Acerbi, con stabilimento a Castelnuovo Scrivia (AL), formando due stabilimenti produttivi per un totale di 350.000 m² di cui almeno 100.000 coperti. Il più grande dei due siti produttivi si trova a Nichelino (provincia di Torino), il secondo invece è a Castelnuovo Scrivia (in provincia di Alessandria).
Nel dicembre del 2010 il marchio Viberti viene acquisito dalla Compagnia Italiana Rimorchi, proprietaria fra l'altro dei marchi Merker con sede a Tocco da Casauria e Cardi con sede a Verona, creando in questo modo il più grande polo italiano dei veicoli industriali rimorchiati.

image-1Caserma Cavour
In via Monginevro 196/A, nel 1932, venne inaugurata la caserma Camillo Benso conte di Cavour, del Genio Ferrovieri. Durante la seconda guerra mondiale fu danneggiata dai bombardamenti.
Dal 2002 l’edificio è sede del Trentaduesimo reggimento genio guastatori, alle dipendenze della brigata alpina “Taurinense”. L'area della caserma ospita anche il CIE Brunelleschi, centro di identificazione e espulsione, gestito dalla Croce Rossa Italiana.

 

Leggi: il via Monginevro il tram fantasma


Casa Loik
In via Vigone 6 abitava Ezio Loik, uno dei campioni del Grande Torino perito a Superga.

image-1La polveriera in Borgo San Paolo
Nel 1699 il conte Silvestro Olivero donò ai gesuiti i suoi terreni a nord-est, per far edificare una grande casa di preghiera; il progetto fu appoggiato finanziariamente anche dalla Compagnia delle opere pie di San Paolo (antesignana dell'istituto bancario), da cui il nome del futuro borgo. Tuttavia, nel XIX secolo, l'edificio di preghiera fu spesso utilizzato come polveriera e come ospedale militare.
Con la soppressione dell'ordine gesuita nel periodo 1773-1814, l'edificio passò in proprietà ai nobili Racca. Tuttavia, nel 1910 la struttura ritornò nelle mani della Compagnia di San Paolo ma, ormai in degrado, fu totalmente demolita nel 1941, per costruire il comprensorio dell'azienda Lancia. Quest'ultimo, rimase in piedi dal 1945 al 2011.

Rita Pavone
23 agosto 1945: nasce in Via Malta, 43, in Borgo San Paolo, Rita Pavone. Il padre Giovanni era operaio della FIAT Mirafiori.
Nell'inverno 1959-60, la famiglia si trasferisce alle case operai FIAT di Via Chiala, 19, alle "Basse" di Mirafiori Sud. Nello stesso periodo, appoggiata e incoraggiata dal padre, Rita debutta al Teatro Alfieri iniziando la sua fortunata carriera di cantante.

image-1La Lancia in Borgo San Paolo
Nel 1911 la Lancia rileva fabbricati e terreni dell’impresa automobilistica Fides e della ditta Roy Scaiola, trasferendo in Borgo San Paolo la sua attività produttiva. L’insediamento di via Monginevro, che si estende su un’area di 66.000 metri quadri, è destinato a ospitare l’ufficio tecnico, l’ufficio contabilità e cassa, i reparti produttivi (inizialmente 19) e l’officina generale, con la costruzione di una nuova fonderia. Nel corso degli anni Venti e Trenta il complesso della fabbrica è interessato da attività di adattamento, ricostruzione, nuova edificazione, con la costruzione nel 1934 del padiglione destinato a ospitare la nuova carrozzeria. Dopo l’acquisizione della Lancia da parte di Fiat nel 1969, il complesso è stato progressivamente dismesso.

Lancia regalate alla Ferrari
Nel 1955, subito dopo la disputa del Gran Premio del Belgio di Formula 1 e l'abdicazione forzata di Gianni Lancia, l’azienda è divisa in due fazioni: da una parte chi vorrebbe evitare di disperdere le esperienze agonistiche, dall'altra chi vuole disfarsi di tutto il “materiale da corsa” nel più breve tempo possibile, anche svendendolo. I sostenitori della seconda tesi hanno ben presto la meglio.
Tra i potenziali acquirenti pare ci sia addirittura la Mercedes Benz. Per evitare che preziose esperienze finiscano all’estero, il principe Filippo Caracciolo (suocero di Gianni Agnelli e Presidente dell’Automobile Club d'Italia) si attiva presso la Fiat fino ad ottenere un accordo a tre, in base al quale la Lancia dona alla Ferrari il suo materiale da corsa e la Fiat si impegna ad erogare alla casa modenese, per cinque anni, un contributo finanziario di 50 milioni di lire all'anno.
La cerimonia del “passaggio” avviene il 26 luglio 1955 nel cortile della Lancia in Via Caraglio: le vetture D50 di F1 donate alla casa modenese sono sei: ad esse vanno aggiunte due scocche di F1, una normale e l'altra carenata, oltre naturalmente a molti ricambi e parti meccaniche in genere. Con l’occasione, anche il celebre progettista Vittorio Jano passa dalla Lancia alla Ferrari.

Vedi le immagini della consegna delle Lancia alla Ferrari

image-1image-1La grande fabbrica di pianoforti
La Fabbrica Italiana Pianoforti (Fip) nacque nel 1917 per iniziativa di Paolo Cattaneo (1879-1955), imprenditore con precedenti esperienze nel settore automobilistico che decise di unire diverse piccole fabbriche torinesi. La FIP costruì un grande stabilimento all’angolo fra corso Racconigi e via Moretta. L’edificio, opera dell’architetto Enrico Bonicelli, ha come ingressi corso Racconigi 51 e via Moretta 53. Intorno al 1920 venne aperto un secondo stabilimento fuori Torino, ad Alpignano. La Fip assunse un rilievo internazionale producendo oltre 800 pianoforti l’anno. Verso il 1920 arriva a contare oltre 800 operai e una produzione di 3.000 pianoforti l’anno. Tuttavia, a partire dal 1921 inizia una fase di crisi, aggravata dal fallimento della Banca Italiana di Sconto, sua principale finanziatrice, e dalla crisi economica del primo dopoguerra in Italia e Germania. Nel 1925 Paolo Cattaneo lascia la guida della fabbrica, che è acquistata da Riccardo Gualino (1879-1964). La società non riesce a risollevarsi e nel 1929 chiude definitivamente.

image-1Polo Nord
La zona tra corso Rosselli e corso Racconigi, a nord di piazza Marmolada veniva denominata Polo Nord e così veniva identificata anche su una mappa degli anni '60 del secolo scorso. Il nome derivava dal fatto che la zona in questione era esposta ai venti di tramontana, che la rendono particolarmente fredda e gelida da fine autunno a primavera inoltrata.
In corso Lione angolo via Rivalta fino agli anni 80 vi era anche un ristorante Polo Nord.

 

 

image-1image-1Camera del lavoro
Sulle fondamenta di un non costruito politeama Amedeo di Savoia, viene innalzato in corso Siccardi 7, su progetto dell’ingegnere Riccardo Brayda, il palazzo della Camera del Lavoro. Vi si trasferiscono i sindacati torinesi dalla loro vecchia sede di via della Zecca 32 (via Verdi). La prima sede dell'AGO (Associazione Generale Operaia) aveva aperto i suoi uffici nel 1891 in via della Basilica.

Comizio in dialetto
Il 4 febbraio 1902, all'assemblea dell'AGO in corso Siccardi il deputato socialista Oddino Morgari parlando in dialetto in dialetto esordisce: "I sôma tuti fieui d'Gianduja, dômque parlômse a la bôna!"

Il primo conflitto violento
Il 7 maggio 1906 tutti i grandi stabilimenti sono in sciopero giornali danno una cifra di 25.000 scioperanti.
Nel pomeriggio, que­sta massa ingente uscita dalle fabbriche, in turbolenti cortei guidati dal­le operaie cotoniere, converge su corso Siccardi verso la Camera del Lavoro, nei cui pressi scoppia il più grave conflitto con la forza pubblica che si sia mai acceso nella città.
L'episodio è repentino: pare che una sassaiola colpisca, verso le 18, dinanzi al palazzo dei lavoratori, un gruppo di guardie e carabinieri; questi ultimi, con le armi in pugno, si dirigono contro la folla che arretra e preme al portone per rifugiarsi nel cortile interno. Partono cinquanta colpi sui dimostranti: 8 vengono feriti; uno, Giovanni Cravero, appare subito in gravissimeme condizioni. La polizia conta 15 feriti.

image-1381a - Qui De Amicis scrisse il libro "Cuore"
Dal 1879, ma più stabilmente dal 1885, lo scrittore Edmondo De Amicis abitò al palazzo Perini in Piazza S. Martino, 1 - ora Piazza XVIII Dicembre - davanti alla vecchia stazione ferroviaria di Porta Susa, dove oggi una targa lo ricorda. Qui, De Amicis terminò (ispirato dalla vita scolastica dei suoi figli Ugo e Furio) quella che fu considerata la sua più grande opera, il libro “Cuore”.


 

image-1381a - Qui abitò anche Emilio Salgari
In piazza S.Martino 1 (ora XVIII Dicembre) dal 1894 al 1895 abitò lo scrittore Emilio Salgari

















 

image-1381 - Il manoscritto misterioso
Stefano Sanpol Gandolfo, negli anni 1853-54, sull’Unione Sarda sosteva che la Sardegna era l’Irlanda del Piemonte, scrivendo che l’Isola veniva trattata dai Piemontesi peggio che l’Irlanda dagli Inglesi.
Il Sanpol fondatore nel 1848 del “Giornale degli Operai” diventato poi lo “Smascheratore” nel settembre del 1856 preannunciò l’uscita del libro: “Storia della vita intima e regia del re di Sardegna Vittorio Emanuele II scritta da Stefano Sanpol di Alghero”. Pare che il testo proponesse documenti e notizie confidenziali così le autorità si adoperano per censurarlo.
La sera del 24 dicembre il Sanpol cadde in un agguato proprio qui, in piazza del Debarcadero di Milano (l’attuale piazza XVIII Dicembre davanti a Porta Susa) dove si era recato per un misterioso appuntamento, ma si salvò.
Vendette il manoscritto, per 20.500 franchi, all’editore francese Pichard che a sua volta lo girò a un anonimo diplomatico per 45.000 franchi. Da quel momento non se ne ebbe più notizia. Nel libro del 1897 “Un fiorentino sul trono dei Savoia” l’autore Otello Pagliai dirà che nel manoscritto scomparso ci fossero rivelazioni sul presunto scambio del vero Vittorio Emanuele, morto nell’incendio della sua culla, col figlio del macellaio fiorentino Maciacca, ordinato dal re Carlo Alberto per ragion di stato.

 

 

 

image-1Un Punt e Mes per ricordare Armando Testa
Una sfera che sormonta una mezza sfera, nota al grande pubblico per essere stata l’immagine del Punt e Mes ma, in realtà, nata autonomamente come creazione di Armando Testa nel 1959, è il monumento che - in piazza XVIII Dicembre, ricorda il grande pubblicitario torinese e che si intitola “Sintesi 59”.


 

Fernanda Pivano la musa della letteratura e della musica
Nata a Genova nel 1917 si trasferì con la famiglia a Torino nel 1929 abitando in corso Vinzaglio 12bis. Frequentò il liceo D’Azeglio dove ebbe come compagno di classe Primo Levi e come supplente di Italiano Cesare Pavese. Pivano e Levi non vennero ammessi agli orali dell'esame di maturità perché i loro temi per lo scritto sono giudicati "Non idonei". Nel 1938 Pavese le portò quattro libri in inglese che segnarono il suo destino di scrittrice e traduttrice, facendola appassionare alla Letteratura statunitense: Addio alle armi di Ernest Hemingway – che tradusse clandestinamente in lingua italiana –, Foglie d'erba di Walt Whitman, Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters e l'autobiografia di Sherwood Anderson.
Nel 1940 conseguì il diploma in pianoforte al Conservatorio, diretto da Franco Alfano. Il 17 giugno 1941 si laureò in Lettere, con una tesi su Moby Dick di Herman Melville. Il 22 giugno 1943 si laureò in filosofia ad indirizzo pedagogico sotto la guida di Nicola Abbagnano con una tesi dal titolo "Il valore della simpatia nell'educazione".
L'inizio della sua carriera letteraria risale al 1943, quando pubblicò per Einaudi la sua prima traduzione della Antologia di Spoon River, sotto la guida di Cesare Pavese, a Torino venne arrestata perché si reca al comando delle SS dove era trattenuto il fratello Franco, catturato poiché in una precedente retata presso la sede dell'Einaudi di Torino era stato trovato il contratto, erroneamente intestato al fratello, per la traduzione del romanzo di Ernest Hemingway Addio alle armi. Questo romanzo non sarà pubblicato in Italia fino al 1949 perché ritenuto lesivo dell'onore delle Forze Armate dal regime fascista, sia per la descrizione della disfatta di Caporetto, sia per un certo antimilitarismo sottinteso nell'opera. Il fratello venne immediatamente rilasciato ma la Pivano fu arrestata e interrogata a lungo da due ufficiali tedeschi e poi rilasciata.
Nel 1949 sposò l'architetto e designer Ettore Sottsass e si trasferì a Milano continuando a tradurre le opere dei protagonisti della letteratura americana, facendo apprezzare in Italia i lavori della Beat generation. Collaborò anche con diversi musicisti tra cui De Andrè, Vasco Rossi, Guccini,Lou Reed, Patti Smith e molti altri.

image-1381 - Qui doveva sorgere la Torre Littoria
Il Grattacielo Rai Nell'isolato tra le vie Cernaia, Guicciardini, fratelli Ruffini, Piazza XVIII Dicembre e Corso Bolzano sorge l'ex grattacielo RAI alto 72 metri.
Al suo interno alcune importanti opere artistiche: il dipinto di Felice Casorati Concerto (1924), la scultura Suonatori di Jazz, realizzata nel 1966 da Mario Giansone, e l'arazzo L'enigna di Febo di Corrado Cagli.
Venne costruito nel corso degli anni sessanta del '900 dagli architetti Morelli e Morbelli, sulla base di preesistenti fondamenta della Torre Littoria che fu invece edificata in Via Viotti, doveva ospitare la sede nazionale della RAI, nata proprio a Torino, ma presto destinata al trasferimento di gran parte dei suoi dipartimenti a Roma.
Dopo il trasferimento degli uffici e delle attività RAI in via Cavalli il futuro della struttura rimane incerto.

381 - Palazzo delle Finanze
Nel 1900 il reddito accertato per Torino superava di poco i 25 milioni, ma era più che raddoppiato dieci anni dopo (52 milioni). Nel 1913 si erano raggiunti i 61 milioni.
Nel 1920 il reddito effettivo accertato raggiun­geva i 218 milioni, nel 1925 i 685 milioni, nel 1I926 superava gli 800 e finalmente nel 1927 raggiungeva l'elevatissima cifra di 1.142 milioni.
A queste cifre di reddito accertato corrispondeva un gettito dell'imposta nel 1900 di poco superiore ai 5 milioni, diventati 10 dieci anni dopo e poco più di 12 nel 1913. Nel 1920 il gettito dell'imposta era salito a quasi 34 milioni, a 115 nel 1925, a 137 nel 1926, raggiungendo nel 1927 la cifra di 173 milioni.
Risulta che ogni abitante di Torino ver­sava in media allo Stato come con­tributo per la sola imposta di ricchezza mobile nel 1900 lire 13,77, nel 1910 lire 27,48, nel 1913 lire 27,63, nel 1920 lire 67,12, nel 1925 lire 223,08, nel 1926 lire 265,65, superando nel 1927 l'altissima quota di lire trecento, la più alta quota pagata da qualsiasi italiano di qualsiasi altra regione e di qualsiasi città.

Questura, ancora una volta primi in Italia
Il Palazzo, inaugurato nel 1934, è stato il primo in Italia realizzato con funzione specifica di sede della Questura. Sede degli Uffici della Questura centrale e della Caserma degli Agenti di Polizia di Stato occupa un intero isolato su corso Vinzaglio (al numero 10), tra le vie Gaspare Gozzi, Severino Grattoni e Tommaso Doré. Costituisce il completamento dei palazzi istituzionali su corso Vinzaglio, insieme con i precedenti esempi di Palazzo Pralormo (già Scuola di Guerra) e del Palazzo dell’Intendenza di Finanza.

381 - Questura – 3 poliziotti di razza
Corso Vinzaglio 10 - In città hanno operato alcuni investigatori molto amati dalla popolazione: Giuseppe Montesano (1930-1990), capo della Mobile,
“Capello ondulato perfettamente pettinato all’indietro, bello sguardo reso più interessante da un immancabile paio di occhiali di tartaruga, l’orologio e l’anello d’oro, scapolo, colto, gran lavoratore, fumatore eccezionale, ottime letture, indolente ed eccellente poliziotto” ispirò tre romanzi (“A che punto è la notte” e “La donna della domenica”, di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, “Il commissario di Torino”, di Riccardo Marcato e Piero Novelli) e i film di Luigi Comencini (“La donna della domenica”) e di Enrico Maria Salerno (“Un uomo una città”).
Il brigadiere Gerardo Rizzo, detto il Maigret torinese, diventò una leggenda grazie a una sbalorditiva memoria per le fisionomie che gli permise in dieci anni di riconoscere e catturare tremila persone. Rizzo non riusciva a superare la prova scritta per diventare maresciallo finché Luciano Curino sulla Stampa non scrisse un articolo perorando la sua causa, «ricordando che è un eroe per la città, che si sono raccolte migliaia di firme quando s’è sparsa la notizia che volevano trasferirlo a Milano».

Rizzo ha lavorato nella squadra mobile torinese per 42 anni - Ha arrestato almeno quattromila «piccoli balordi», ma nessuno ha mai dimenticato il suo calore umano E' morto di cancro all'ospedale Molinette a sessantotto anni. Ha arrestato almeno 4 mila persone ma sempre, con tutti, ha saputo creare un rapporto umano. E cosi appena usciti dal carcere molti andavano a cercarlo: "Maresciallo, ho dei problemi. Mi aiuti». E lui era lì ad ascoltarli. Di origine meridionale, per meglio capire la mala torinese decise di trascorrere la notte, per molti anni, nelle camere di sicurezza, assieme a chi aveva fermato. Raccontava: «Quante cose si scoprono, si capisce perché si ruba, si rapina. Quasi sempre per fame». Erano gli Anni Sessanta, Settanta, Torino stava vivendo il i «boom» dell'immigrazione: mancavano case, scuole, punti di incontro per chi, cresciuto in ambienti contadini del sud, era arrivato In città per trovare lavoro. Scelse da solo le zone dove operare. Prima Piazza d'Armi, poi Porta Palazzo infine Porta Nuova: «Lì si incontra chi è solo, e sono in tanti a Torino. E questi poveracci spesso sono avvicinati da gente senza scrupolo che li spinge a compiere furti». D'estate, sempre, «in missione» sulla Riviera: "La mala si sposta in quelle zone, per le ferie. Io conosco un po' tutti, li seguo, li controllo». E più di una volta, con la sua sola presenza, ha impedito reati.

Ha messo le manette a rapinatori, ad assassini, a terroristi. Un giorno fermò un borseggiatore su un tram, fece cambiare il percorso e scese nei pressi della questura, con l'arrestato. Molti lo ricordano per quel suo vocione (che la malattia ha distrutto) quando fermava la gente sotto i portici: "Io ti conosco, ti ho arrestato per furto. E adesso come va? cosa fai? hai un lavoro?». Una memoria fotografica di ferro. Ripeteva: «il delinquente non è un nemico da odiare, ma un uomo da capire. Solo così puoi fare il tuo dovere». Di molti, lui davvero sapeva tutto, anche le cose più intime e personali: «Me le raccontano in camera di sicurezza». Era andato in pensione il 19 settembre '83, fu promosso ispettore, il grado successivo a quello di sottufficiale. Ma tutti continuarono a chiamarlo affettuosamente "maresciallo Rizzo". Era l'Incarnazione del vecchio poliziotto che viveva a contatto con la gente, il giorno in questura, a far indagini, la sera, la notte a zonzo per le strade, per vedere, annusare, capire, e ricordare.

Nel febbraio 1952 morì, a 93 anni, il maresciallo Pietro Soro, uno dei più famosi poliziotti dell’800. Fu protagonista dell’arresto di un famoso capobanda della malavita torinese “‘l cit d’ Vanchija”.

image-1image-1image-1Porta Susa
La stazione fu aperta il 20 ottobre 1856 nell'ambito della costruzione della linea per Milano. Il fabbricato viaggiatori fu inaugurato nel 1868. Venne soppressa il 18 ottobre 2009, contemporaneamente all'attivazione del nuovo tracciato sotterraneo è stata sostituita dalla stazione sotterranea che ha la stessa denominazione.

Vedi altre immagini della vecchia stazione di Porta Susa

La nuova stazione di Porta Susa

 

vedi le immagini della nuova stazione di Porta Susa

 

 

 



image-1image-1381 - Magazzini Generali
Nella zona antistante la stazione di Porta Susa, sulla destra, dove ora sorge il grattacielo ex RAI, sorgevano i Magazzini Generali di Dogana. Qui era collocata la forca dopo il trasferimento da Valdocco: nel 1861, vi furono giustiziati i membri della banda della “Cocca”

 

 

 

image-1image-1382 - Via Cernaia 27











 


image-1Caserme sulla Cittadella
Dopo la demolizione della Cittadella vennero realizzate due caserme, unite da un grandissimo cortile: nel 1864 la Cernaia, in via Cernaia 23, nel 1890 la Pietro Micca (via Valfrè 5).

L'ufficio del generale Della Chiesa
Al secondo piano della caserma Pietro Micca, in via Valfrè, c'era l'ufficio del generale Carlo Alberto Della Chiesa, e del nucleo speciale antiterrorismo, dove venne organizzato l'agguato che l'8 settembre del 1974 portò alla cattura dei capi delle Brigate Rosse, Renato Curcio e Alberto Franceschini.

 

La caserma Cernaia
Venne costruita nel 1864 come sede della legione allievi del corpo dei Carabinieri Reali e prese il nome dalla vittoriosa battaglia avvenuta il 16 agosto 1855 tra le forze franco-piemontesi e quelle russe nella guerra di Crimea (1853-56). Edificata su un terreno appena reso libero dalla completa demolizione delle fortificazioni urbane (delle quali rimangono tracce nel Mastio della Cittadella), mentre la nuova e prestigiosa via omonima era stata aperta nel 1855 in seguito ad una parziale demolizione delle fortificazioni. Il progetto originale fu presentato dal colonnello Barabino e modificato in seguito dal generale Giovanni Castellazzi. L’edificio, che ha mantenuto nel tempo la sua funzione originale, risponde ai canoni dell’eclettismo inteso come fondazione tipologica della nuova architettura nazionale. Fu danneggiata dai bombardamenti del novembre del 1942. E del luglio 1943

Vedi le immagini della Caserma Cernaia nel corso della sua storia

La caserma Luigi Riva
Durante il periodo della repubblica Sociale, dal 14 agosto 1944. la Caserma Cernaia libera da i carabinieri che erano stati deportati in Germania, venne intitolata a Felice Riva, vicefederale caduto nel 1943 durante un rastrellamento a Borgone di Susa. In quel periodo la caserma fu la sede della Brigata Nera Ather Capelli (in precedenza acquartiertata nella caserma di via Verdi 24 e nella caserma Bergia, in piazza Carlina) comandata dal federale Giuseppe Solaro che il 30 settembre 1945, dopo un processo sommario, verrà impiccato all'albero maledetto (vedi sotto) all’incrocio tra via Cernaia e corso Vinzaglio dove nove mesi prima erano stati impiccati quattro partigiani in rappresaglia al ferimento di un ufficiale della RSI.

Consulta i documenti relativi all'attività della Brigata nera Ather Capelli che aveva sede nella Caserma Riva (Cernaia)

image-1image-1Il Cisternone
Il 20 agosto 1698, un’esplosione distrusse il Pozzo Grande (detto Cisternone).
L’incidente avvenne alle 3 del mattino del 20 agosto, un secolo dopo la sua apertura inaugurazione. Un fulmine andò accidentalmente e a colpire la polveriera della cittadella torinese, provocando un violento scoppio.
Più di 78.000 kg di polvere nera si abbatterono sulla piazza e sugli edifici attigui, provocando un centinaio di morti e più di 200 feriti. La parte superiore del Cisternone, venne scoperchiata a causa dello spostamento d’aria e non venne mai riparata (a differenza degli altri edifici) a causa della sua elevata visibilità al di fuori della cittadella difensiva.
Ideato da Francesco Paciotto da Urbino e realizzato tra il 1565 e il 1567 serviva soprattutto come bacino idrico per rendere l’area autonoma in caso di assedio. Era largo 20 metri e profondo 16 fino alla falda acquifera, con due rampe di salita e discesa larghe 1,54 metri, illuminate da finestroni che prendevano luce dalla bocca a cielo aperto della parte superiore e coperte da una volta a botte. L'acqua veniva portata in superficie da bestie da soma e cavalli. La parte superiore era in marmo. Dopo la grande esplosione del 1698, il Grande Pozzo andò in rovina alla fine del XVIII secolo, specie a causa del lungo assedio di Torino nel 1706.
Nel 1898 sopra i resti del Cisternone fu costruita la scuola Ricardi di Netro sita in via Valfrè 8.

I cadaveri dei cosacchi
I cadaveri dei soldati russi del generale Suvarov, caduti durante il conflitto del 1799 vennero gettati nel fondo del Cisternone e, a quanto risulta,i loro resti giacciono ancora lì.

image-1L'albero maledetto
All’incrocio tra via Cernaia e corso Vinzaglio. Fu usato come forca prima da parte dai fascisti, poi dai partigiani.
Il 22 luglio 1944 quattro ostaggi furono impiccati per rappresaglia all'uccisione di un sottufficiale della Rsi avvenuta qui. Morirono il tenente Ignazio Vian, comandante delle prime bande partigiane attorno a Boves, che per primo attaccò i tedeschi nell'ottobre 1943, Francesco Valentino, gappista, catturato nell'azione che portò alla morte di Di Nanni, Battista Bena, contadino e il diciassettenne Felice Briccarello. Altri due, il gappista Giuseppe Bravin e l'operaio Giovanni Costanzo furono impiccati presso il ponte sulla Stura in corso Giulio Cesare. I condannati, condotti dalle Nuove su un autocarro, furono fatti salire su un secondo mezzo con le sponde abbassate, alla presenza di una piccola folla costretta ad assistere al macabro spettacolo, dopo che il traffico era stato interrotto e i passeggeri dei tram obbligati a transitare di fronte ai cadaveri appesi. Un allarme aereo disperse i soldati ed i civili, ma le salme rimasero esposte fino a notte.

Giuseppe Solaro, il maggior esponente del fascismo repubblicano in città, fu impiccato il 29 aprile 1945 una prima volta, ma il ramo si spezzò e lui, ormai in stato di semi-incoscienza, venne impiccato per una seconda volta. Colpi di mitra furono sparati contro il cadavere che fu nuovamente portato in processione per le vie e infine gettato nel Po dal Ponte Isabella.



image-1Scuola di guerra
La prima sede fu nel Palazzo di via Bogino 6 e, successivamente, dal 1° ottobre 1911, nel nuovo palazzo Pralormo di Corso Vinzaglio dove funzionò, interrompendosi solo per i due conflitti mondiali, fino al 1942, quando venne trasferita a Salsomaggiore

 



image-1Lo 007 e la Mata Hari italiana
Nell'edificio che attualmente ospita il cIrcolo Ufficiali, aveva sede la Scuola di Guerra, dove insegnò Eugenio De Rossi (foto a sinistra) uno dei capiscuola dello spionaggio militare, protagonista di varie missioni sotto copertura.

Nella scuola studiò anche Tam Giam Ciau, giovane ufficiale dell’esercito di Chiang Kai Shek, che aveva conosciuto e sposato Bianca Sannino, che visse con lui a Torino durante il periodo degli studi militari. Bianca, nipote del Papa, amica intima dei figli di Mussolini seguì poi il marito in Cina durante la guerra contro il Giappone. La sua vita cambiò radicalmente scoprendo che il marito aveva una concubina. Decise di lasciarlo e partì per Shanghai con i suoi bambini. Da questo momento la sua vita divenne una continua sfida per la sopravvivenza: amanti, necessità economiche, difficoltà la trasformano in trafficante d’oro, organizzatrice di serate “particolari” in un bordello di lusso, in cui non esita a dare se stessa, infine spia per conto dei Giapponesi; per questo venne condannata a morte e successivamente graziata in extremis. Una volta di ritorno in Europa, si risposa numerose volte, va a vivere a Parigi durante gli anni ’50 dove diventa l’assistente personale di Christian Dior.

Vedi un approfondimento su Bianca Tam

383 – Casa Lamarmora
In via Cernaia 15, di fronte alla Cittadella, i torinesi donarono una villetta con giardino a Alfonso Lamarmora, realizzata nel 1857. Dopo varie trasformazioni assunse l’aspetto attuale.

image-1Via Cernaia
La zona attualmente occupata dalla via (aperta nel 1855) che da piazza Solferino va a Porta Susa, era quella dove c'era il viale alberato voluto da Vittorio Amedeo II, intorno ai bastioni della Cittadella, denominato durante il periodo napoleonico boulevard Borghese (Camillo Borghese era il governatore del Piemonte, nonchè marito di Paolina Bonaparte, sorella dell'imperatore francese).



image-1Un nome imbarazzante
La denominazione della via voleva ricordare la battaglia combattuta, il 16 agosto 1855, nella guerra di Crimea. Il luogo dove avvenne la battaglia, però, era chiamato “ciòrnaia rièchka” (letteralmente “piccolo fiume nero”), il che avrebbe creato un'imbarazzante assonanza col termine dialettale “ciòrgna” (l’organo sessuale femminile). Si pensò di usare la traduzione, ma “La Nera” e anche “la nèira” indicava sempre la stessa cosa. Così venne creato il termine Cernaia, che non esiste su nessuna carta geografica. 

I tedeschi sparano sulla folla
Il 10 settembre 1943 dopo l’armistizio di Badoglio, in città entra una colonna tedesca, il 2° reggimento corazzato della divisione SS Adolf Hitler, circa 3 mila uomini che arrivano dal fronte orientale, quindi ormai abituati alla cieca violenza. Per prendere il controllo non esitano a sparare indiscriminatamente.
In via Cernaia un loro autocarro transita sparando sui passanti: l’anziano panettiere Sisto Mosso è la prima vittima di questo nuovo periodo del conflitto che tra il 10 e il 12 settembre conterà 49 morti e 93 feriti.

Carolina Invernizio
Via Revel 15 casa della scrittrice Carolina Invernizio (1851-1916) che firmò romanzi di appendice per La Gazzetta di Torino, e 123 libri molto apprezzati dal pubblico e molto meno dalla critica. La Invernizio nel 1881 sposò il tenente dei bersaglieri Marcello Quinterno che nel 1896 viene nominato direttore del panificio militare di corso Vinzaglio 22. I coniugi resteranno in città fino al 1914.
Le sue storie anticipavano il genere oggi definito fiction.

Prima di diventare famosa viveva in via Goito, con il nome del marito: Quinterno.

 

 

 

 



image-1Qui vestivano alla marinara
Casa Agnelli in corso Matteotti 26 la residenza della famiglia prima del trasferimento in collina.

 


 

Lo Sferisterio crollato
Nel 1867 in corso Oporto (ora Matteotti) angolo corso Vinzaglio c’era lo sferisterio. Nel 1876 un nubifragio fa crollare parte della struttura che, nel 1895, viene ricostruito in via Napione.

image-1image-1La Fortezza del Pastiss
Sotto due isolati lungo il lato nord di corso Matteotti tra corso Galileo Ferraris e via Avogadro si conserva ancora gran parte della casamatta, denominata Pastiss, progettata da Ferrante Vitelli per proteggere il bastione di San Lazzaro della Cittadella. La struttura aveva una galleria di contromina per disperdere l’onda d’urto di una mina lungo i suoi 140 metri di sviluppo, con conseguente espulsione dei prodotti gassosi dell’esplosione attraverso 15 pozzi aperti nella volta a botte. L’opera è stata recuperata dall'Associazione Amici del Museo Pietro Micca.

 

image-1Edgardo Sogno
esponente di una antica e nobile famiglia torinese, per la sua partecipazione alla Resistenza e per alcune ardite azioni (come la liberazione dal carcere di Ferruccio Parri), Sogno era stato insignito della medaglia d'oro al valor militare.

Monarchico, liberale, aveva preso parte alla vita politica del dopoguerra e poi si era dedicato alla carriera diplomatica, conclusa nei primi anni '70 come ambasciatore in Birmania.

Nel '76 fu anche arrestato dalla procura di Torino nel corso dell'inchiesta sul cosiddetto "Golpe bianco", da cui ne uscì in istruttoria completamente scagionato. Ad un primo tentativo di arresto, nella casa di famiglia in via Donati 29, era sfuggito usando un antico passaggio segreto fatto costruire da suo nonno, il Conte Sogno Rata del Vallino.


388 - Prima radiotrasmissione in volo

388 - Il Palazzo dei telefoni




image-1Cesare Battisti
20 ottobre 1894 – Viene ad abitare a Torino Cesare Battisti, che vi risiederà per oltre un anno, sino al 23 dicembre 1895 al pianterreno di via Donati 15.

 

 

 

 

 

 

 

 





Tragedia in casa Frassati
Nel dicembre dl 1889 nell’alloggio di via San Quintino angolo via Volta (all’attuale 1bis), dove abitava la famiglia del futuro senatore Alfredo Frassati, storico fondatore de "La Stampa" avvenne una tragedia: sua sorella maggiore, Emma, di 24 anni, morì cadendo dalla finestra del secondo piano.
La ragazza, era fidanzata e in procinto di sposarsi. Del fatto venne incolpato il fidanzato, presente al momento del fatto. Per i rapporti burrascosi tra i due e per la sua instabilità psicologica, il giovane venne accusato di omicidio per averla spinta nel vuoto. L’accusato sostenne che era stata una disgrazia: la ragazza si era sporta troppo e forse aveva voluto suicidarsi.
Processato, venne condannato a otto anni, oltre al risarcimento alla famiglia Frassati.
Il palazzo ora non esiste più, sinistrato dai bombardamenti bellici, venne abbattuto, e al suo posto negli anni 50 del 900 venne eretto un condominio.


image-1L'agguato al pensionato
Nella notte del 4 gennaio del 1926, di fronte al portone di casa sua, in via San Quintino 5, il pensionato Giacomo Gotta venne assalito e ucciso a coltellate dal diciottenne Giuseppe Bianchi, allievo sottufficiale alla caserma Monte Grappa. L'assassino venne riconosciuto da un inquilino della casa di fronte che, svegliato dalle grida, aveva sparato un colpo in aria per spaventare l'aggressore che si era allontanato nella nebbia. La vittima, soccorsa, aveva avuto il tempo di mormorare: "E' il soldato che mi ha ammazzato". Grazie a questa testimonianza venne effettuato l'arresto dell'omicida che tentò di giustificarsi dicendo che la vittima aveva insultato lui e l'esercito. Ma in Questura stabilì che il vero movente era la rapina.

image-1L'Aqua anrabià
Nel 1833 Francesco Botto, proprietario del "Caffè del Nord" in corso Vittorio Emanuele 58 (prima denominato "Caffè Guelpa", fondato nel 1820 da un biellese), fu il primo in città a saturare con acido carbonico la limonata, mediante compressione. Era la "Gazosa" (detta "Aqua anrabià"), venduta in bottigliette che nel collo avevano come chiusura e sigillo una pallina di vetro detta "bicicletta".
Il Caffè dell Nord chiuse i battenti nel 1933, sostituito dall'oreficeria Clapero.

 

392 - Casa Giaccone
Nel 1852 il Ministero della Guerra decise di smantellare la Cittadella. Nel 1857 iniziò l’urbanizzazione dell'area. secondo un "piano d'ingrandimento" che prevedeva tre viali alberati. Iniziò così una lenta edificazione, prima lungo il fronte di corso Vinzaglio nel 1880-1881, di corso Oporto (poi Matteotti) nel 1884-1888, e infine di corso Siccardi (poi Galileo Ferraris) nel 1903-1904.
Tra il 1889 e il 1890, l'agente di cambio Vittorio Giaccone incaricò Riccardo Brayda del progetto di edificazione dell'isolato di sua proprietà, tra i corsi Vinzaglio e Oporto (al civico 40 di corso Matteotti): tra i vincoli, s'impone la continuità dei portici su corso Vinzaglio e la presenza di un cortile tra la nuova casa e l'edificio attiguo.
Rispetto alle circostanti case da reddito, la Casa Giaccone presenta un apparato decorativo più ricco, per la presenza della sontuosa residenza del proprietario, al piano nobile, oltre ad appartamenti e locali commerciali. Nel cortile sono due bassi edifici, originariamente destinati a scuderia e rimessa per le carrozze

393 - Gozzano e "Il Dramma"
In via Davide Bertolotti 2 abitò Guido Gozzano. All'ammezzato aveva sede la rivista teatrale "Il Dramma" diretta da Lucio Ridenti, dove Carlo Fruttero pubblicò la sua prima traduzione di Cocteau.

395 - L’editore della Scienza
L’editore Paolo Boringhieri (1921-2006) alla fine degli anni ’50 era in via Brofferio 3. In un catalogo unico nel panorama editoriale italiano, propose i grandi nomi del sapere scientifico, come Albert Einstein, Charles Darwin, Niels Bohr, Wolfgang Pauli ed Enrico Fermi, si affiancano studiosi della mitologia, come Mircea Eliade, Károly Kerényi e Furio Jesi, dell’etnologia, come Ernesto de Martino, e della psiche umana, come Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Dal 1987 la casa editrice passò alla guida di Guido Bollati trasferendosi in corso Vittorio Emanuele II, 86 .

396 - Alti Comandi
Nel 1933 è inaugurato il palazzo degli Alti Comandi, dove una volta c’era la spianata di artiglieria (corso Matteotti angolo corso Galileo Ferraris). Durante la II guerra Mondiale sede del comando militare tedesco (corso Oporto 16).
Durante l'occupazione tedesca fu sede del comando della Wehrmacht e della sezione statistica del Servizio I (spionaggio) prima e del Sim dopo.

396 - Cesare Lombroso
In corso Oporto 43 (ora corso Matteotti) c'era la terza residenza torinese di Cesare Lombroso (il padre dell'antropologia criminale) dal 1886 al 1892. Precedentemente abitava in via della Zecca 33 (ora via Verdi) e via Vanchiglia 6.

397 - Il delitto Vercesi
Nel torrido agosto del 1930 Torino fu scossa dal delitto di una giovane modista, Vittoria Nicolotti, avvenuto in corso Oporto (Matteotti) 51. Dell’omicidio fu accusata l’amica, Rosa Vercesi, e il movente ufficiale fu liquidato in una questione di soldi e nel furto dei gioielli che il cadavere ancora indossava. A solleticare l’attenzione della gente la natura del rapporto tra le due donne, trapelato nonostante il controllo della censura. La Vercesi confessò la sua colpevolezza solo anni dopo. Fino ad allora la trattenne la natura della sua relazione con la Nicolotti, che scaturì in omicidio in quanto accecata dalla passione, forse anche sotto l’effetto di stupefacenti.

 

 

 

 

401 - L’ultima efferata esecuzione
In corso Oporto (ora Matteotti) 25 abitava la sedicenne Marilena Grill, studentessa del liceo D'Azeglio, che, nel maggio del 1945, venne fucilata al Rondò della Forca, colpevole secondo alcuni di essere una spia, in realtà una semplice ausiliaria della Repubblica Sociale Italiana. Il comandante partigiano del plotone di esecuzione, il romano Alberto Polidori, quando se la vide davanti, assieme ad altre ragazze in grigioverde altrettanto giovani e spaventate, si rifiutò di sparare. Lo disse con fermezza, disse che non avrebbe potuto assassinare delle bambine. Allora ci pensò un altro, un certo Pierin d' la Fisa, uno deciso a far piazza pulita di tutti i fascisti, innocenti o colpevoli che fossero, incurante del fatto che gli organi di governo della Resistenza avessero ordinato di fermare le esecuzioni.

 

 

 


402 - Nasce l’Aga Khan
Il principe Ali Solomone Aga Khan (1911 –1960 vice presidente dell’ONU nacque in corso Matteotti 17 dall’ Aga Khan III e da Cleope Teresa “Ginetta” Magliano (1890-1946) ballerina dell’Opera di Montecarlo.

 

 

 



 

 

image-1La casa della manina
La mano che sormonta il portone di corso Matteotti 45 è legata ad una storia che, come molte altre, sconfina nella leggenda. A quanto si racconta qui abitava madame Ebe de Marivaux, una cortigiana bellissima assediata da corteggiatori generosi. Uno di questi fu il finanziere russo Bilinsky che si innamorò pazzamente di lei elargendole grosse somme di denaro. Quando Bilinsky fece bancarotta, volle vendicarsi della bella Ebe che aveva già trovato un altro spasimante.
Così una sera l’aspettò sotto casa e quando lei scese dalla carrozza accompagnata da un altro uomo, l’assalì con un pugnale, ma la lama andò a conficcarsi nel tronco di un albero che per molti anni venne ricordato come “l’albero di Ebe”
Di questa storia rimane la scultura della sua mano nell’intento di porgere una lettera il cui significato rimane misterioso.
Di certo si sa che nel 1912 un’attrice, Ebe Bonini Picello, all’Alfieri recitava in una commedia del celebre drammaturgo francese Pierre de Marivaux. Sarà stata lei la Ebe de Marivaux di corso Matteotti 45?

image-1403 - Casa delle Colonne
Già casa Ponziovaglia o Ponzo Vaglia, Aghemo e Ferroggio.
Costruita su progetto di Alessandro Antonelli nel 1853 ai numeri 13 e 15 di corso Matteotti (già corso Oporto) con risvolti in via Parini e corso re Umberto.

Nell'ultima guerra il numero 13 fu parzialmente distrutto (7 piani comprese le soffitte parzialmente distrutti da bombe dirompenti e incendiarie), mentre il 15 seriamente danneggiato (soffitte e due piani distrutti e 5 piani parzialmente sinistrati).


image-1"Il grande guerriero" sul tetto
Sulla sommità di un palazzo di corso Matteotti si ammira una scultura realizzata da Richi Ferrero nel 2006: "Il grande guerriero". E' stata la prima di una serie che comprende i più recenti "Sagittaurus", in corso Massimo D'Azeglio, ed Equinox, in via Lagrange 12.

Richi Ferrero, tra l'altro, è l'autore dell'illuminazione "teatrale" dei principali monumenti cittadini: la chiesa della Gran Madre, il Duomo di San Giovanni e il campanile, i ponti Umberto I, Isabella e Balbis, Palazzo Madama, il Caval 'd brôns, il Mastio della Cittadella ecc.



image-1405 - Regio Istituto Tecnico - il futuro Sommellier - La scuola di Saragat e Valletta
Nel 1863 il Regio Istituto Tecnico di Torino, il futuro Sommellier, aveva sede in corso Oporto, tra via Arsenale e via San Quintino.
Le origini dell’Istituto risalgono al 1805 con l’istituzione della scuola civica “per misuratori” (geometri). La vera data di fondazione è, però, il 16 novembre del 1852, quando una convenzione tra Governo e il Municipio di Torino trasformò la scuola in “Regio Istituto Tecnico di Torino” con sede nel Collegio Classico di Porta Nuova, in contrada delle Finanze. Nell’anno scolastico 1853-54 l’Istituto cominciò regolarmente a funzionare con il primo corso, sotto la presidenza di G. Moris. Nel 1859 la legge Casati, con decreto del 13 novembre, modificò i corsi commerciali e industriali e l’Istituto,sotto la guida del preside Ascanio Sobrero già insegnante di chimica della scuola, divenuto celebre per avere inventato la nitroglicerina, si rimodellò su tre sezioni: commerciale, per  geometri e fisico-matematica. Tra il 1863 e il 1865 la scuola, la cui sede nel frattempo si era trasferita in Corso Oporto, tra via Arsenale e via San Quintino, vide moltiplicarsi i corsi e in seguito alla legge del 2-4-1865 la sua denominazione viene trasformata in “Regio Istituto Professionale“.
Il nome “Germano Sommeiller” risale al 4 luglio 1882, quando il collegio dei professori deliberò di intitolare l’istituto al savoiardo progettista del traforo ferroviario del Frejus . Dopo la difficile riorganizzazione della Riforma Gentile, l’Istituto visse i difficili anni della guerra, quando il 18 novembre del 1942 la città di Torino subì il primo violento bombardamento aereo, il Sommeiller fu distrutto e tutto il prezioso materiale scientifico, la biblioteca ricca di oltre 14.000 volumi, l’archivio e le attrezzature didattiche andarono perse.
Nel 1954 il Sommeiller, che da tempo aveva bisogni di nuovi spazi per la crescente domanda di istruzione di quegli anni, si rasferì nell’attuale sede di corso Duca degli Abruzzi, dotata di ampie aule e numerosi laboratori, vicino al politecnico e al Galileo Ferraris. All’inaugurazione del nuovo Istituto partecipò l’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, già insegnante dell’istituto.
Molti sono stati gli allievi illustri del Sommeiller, tra cui: Giovanni Demaria, Luigi Longo, Luciano Iona, Vilfredo Pareto, Giuseppe Pella, Giuseppe Saragat, Vittorio Valletta. Tra i docenti  oltre ad Ascanio Sobrero, ricordiamo il critico letterario Giorgio Calcaterra, lo storico Giorgio Falco, il filosofo del diritto Gioele Solari e il già citato Luigi Einaudi.

405 - La palestra dell'YMCA
In via Magenta 6 c'era la sede dell'Unione delle Giovani Cristiane e la palestra dell'Ymca; inaugurata nel 1917 dovette chiudere nel 1937. Fu luogo d'incontro tra ebrei e valdesi in un periodo politicamente difficile.

407 - Bagni pubblici
Alla Provvidenza, nel 1869, bagni caldi a 80 centesimi (3,24 Euro), a vapore lire 1,60 (4,49 €), in via della Provvidenza 40 (l’attuale via XX Settembre 5).

image-1image-1image-1408 - Vittoria
All’angolo tra via Roma e via Gramsci c’era il cinema Vittoria che alla fine degli anni ’40 del ‘900 ospitò anche un bar, sempre denominato Vittoria, di proprietà di Ossola e Gabettto, due calciatori del Grande Torino periti a Superga.


L’attentato
Il 18 marzo 1944 tre gappisti Giovanni Pesce, Dante Di Nanni e Giuseppe Bravin effettuarono un attentato al caffè "Ottimo" di piazza Paleocapa, dove abitualmente si riunivano tedeschi e fascisti. Per eludere le ronde che costantemente facevano la guardia al locale, due ragazze portarono le borse con l’esplosivo, le consegnarono ai gappisti che le posero sul davanzale di una finestra e si misero in salvo. Quando le bombe esplosero lo spostamento d'aria sfondò tutti i vetri delle case vicine e dal palazzo si levò una immensa fiammata, la piazza si riempì di fumo e detriti. Il giorno dopo i giornali annunciarono che l'attentato terroristico aveva provocato la perdita di "nove valorosi camerati tedeschi" e che una taglia di un milione era posta sul capo degli autori. Questa versione è raccontata da Giovanni Pesce nel suo libro "Senza Tregua", del 1967. Da altra fonte risulta invece che i morti furono cinque, tre civili e due militari, tutti italiani.

image-1Piazza Carlo Felice
Fu realizzata nell’ambito del Piano d’ingrandimento della capitale preparato nel biennio 1851-1852 dall’architetto Carlo Promis (1808-1873) per regolare la crescita delle zone di Porta Nuova, Porta Susa, Borgo Dora e Vanchiglia. Inizialmente si chiamava piazza Del Re.
Dagli Anni Sessanta dell’Ottocento ospita un giardino progettato dall’architetto francese Jean-Pierre Barrilet-Deschamps, intitolato nel 1926 a Ernesto Balbo Bertone di Sambuy (1837-1909), già soprintendente ai giardini pubblici di Torino e sindaco della città dal 1883 al 1886.
Il 26 novembre del 1942 e il 13 agosto 1943, la piazza fu oggetto di bombardamenti, in particolare sull'Hotel Ligure et d'Engleterre, all'allora n. 85, all'angolo con corso Vittorio Emanuele II.

Vedi altre immagini d'epoca di piazza Del Re poi Carlo Felice

image-1image-1409 - Uno dei centri culturali della città
Nel 1911 Giovanni Battista Fogola, un commerciante ambulante di libri originario della Lunigiana, aprì un chiosco in piazza Carlo Felice. Ben presto i chioschi divennero tre, poi si trasformarono nella libreria e galleria "Dante Alighieri" sempre gestita dai suoi eredi. Chiuse definitivamente nel 2014.



Fino al 5 maggio 1926 si teneva la sinistra

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Sin dal medioevo per strada era consuetudine tenere la sinistra: un cavaliere armato poteva difendersi e attaccare meglio dal lato in cui teneva la spada.
Si dice che il primo cambio di mano sia stato imposto da Napoleone, in quanto mancino.
La legge del 30 giugno 1912, sanciva l'obbligo dei veicoli a tenere la destra, salvo nelle città dotate di una rete tramviaria.
A seguito dei disastrosi ingorghi che vi furono durante la prima guerra mondiale e degli incidenti causati dall'aumentato traffico automobilistico nella confusione delle regole, fu emanato il regio decreto del 31 dicembre del 1923 che impose al Paese la «mano destra unica» e accordò una proroga di due anni per approntare la nuova segnaletica e riadattare le tramvie.
image-1Questo causava parecchia anarchia anche dovuta ai fabbricanti di automobili: alcuni, italiani compresi, seguendo il modello inglese fabbricavano auto con guida a destra, mentre i francesi seguivano il modello americano con la guida a sinistra.
Nell'epoca delle carrozze, tenere la sinistra nelle strade a due sensi di marcia faceva sì che il cocchiere, che solitamente teneva la frusta con la mano destra verso il centro tra le due corsie, avesse meno probabilità di colpire i pedoni che invece transitavano ai lati delle strade.


image-1Le prime automobili avevano il freno a mano all'esterno, sul lato destro, per essere stretto dalla mano destra con più forza. Il volante, dunque, si trovava a destra. Inoltre, a quel tempo la manovra che dava più problemi era incrociare un altro veicolo proveniente dal senso opposto: tale condizione, specie sulle strade strette, costringeva i veicoli ad allontanarsi quanto più possibile l'uno dall'altro. Il conducente, per realizzare al meglio questa manovra, si doveva tenere sul lato della banchina della strada, al fine di accertarsi che le ruote non uscissero dalla carreggiata; quindi il volante era posto a destra.



image-1Negli anni successivi, il freno a mano è stato spostato al centro dell'abitacolo. La più attendibile spiegazione, quindi, potrebbe anche essere che certi produttori di automobili (e di conseguenza gli stati in cui risiedevano) hanno deciso di spostare il volante a sinistra dell'abitacolo per continuare a stringere il freno a mano con la mano destra; altri, fortemente legati alle tradizioni come i britannici, non hanno cambiato nulla.
Roma cambierà senso di marcia il primo marzo del 1925, Torino il 5 maggio 1926, mentre a Milano succederà nella notte fra il 2 e il 3 agosto 1926.


image-1image-1La "Giardiniera" per l'Ippodromo
Da p.Carlo Felice, dal 1927 al 1937, si effettuava un "Servizio Speciale" di trasporto pubblico per l'Ippodromo di Mirafiori.
Nel 1937, col prolungamento della linea ordinaria 11 fino all'Ippodromo (con capolinea centrale in corso Oporto ora Matteotti), tale servizio cessò di esistere.
Il Servizio speciale per l'Ippodromo fu probabilmente l'ultima linea a vedere, nei mesi estivi, in servizio i rimorchi aperti tipo "giardiniera".

image-1La prima donna al volante
Ernestina Prola: prima torinese a conseguire la patente nel 1907. Guidò fino al 1954 quando a 78 anni si spense nel suo alloggio di Piazza Carlo Felice.

 

 

 

 

Bar Mogna
Era in piazza Carlo Felice, famoso per restare aperto tutta la notte. Solitamente davanti all’ingresso stazionava un venditore di ostriche con un caratteristico fez rosso. Chiuse agli inizi degli anni 70.

image-1Il primo manifesto pubblicitario della Città
Nel 1939 a Torino il Ministero della Cultura Popolare, decise, d'accordo con il Podestà dell'epoca, di promuovere turisticamente la città. Via Roma era stata realizzata da poco e quindi andava mostrata in tutta la sua bellezza..
Chiamarono Adalberto Campagnoli, figlio d’arte, per illustrare e trasmettere l’atmosfera industriale, produttiva ma al contempo verde e naturista di Torino. Quale scorcio migliore se non quello che dalle piante dei Giardini Sambuy si apre verso la scintillante via Roma già ripiena di insegne pubblicitarie verticali come il getto della fontana?
Ed ecco il risultato. Colpisce, oltre all’atmosfera calda e moderna del dipinto di Campagnoli, l’estrema avanguardia nell’impaginazione del manifesto. Potrebbe essere, a livello grafico, un manifesto dei primi anni 80

 

 



421 - Liceo Massimo D'Azeglio
Vedi la storia e le foto del Liceo Ginnasio Massimo D'azeglio sito in via Parini 8.

image-1425 - L’Aqua anrabià
Nel 1833 Francesco Botto, proprietario del "Caffè del Nord" in corso Vittorio Emanuele 58 (ex Caffè Guelpa), propose una bibita composta da acqua e limone. Fu il primo in città che saturò di acido carbonico la limonata, adoperando la macchina a compressione. Era la "Gazosa" (detta "aqua anrabià"), venduta in bottigliette che nel collo avevano una pallina di vetro detta "bicicletta".



Bar Lagrange
Era in corso Vittorio, tra le vie Rattazzi e Lagrange, negli anni 40 aveva un’orchestrina di sole donne. Negli anni 60 venne rilevato dalla Ferrero che ne fece un ristorante: Chiuse definitivamente alla fine degli anni 70.

La Banda Monti
Nel Caffè Bottiglieria Rattazzi, nella via omonima, dal 1929, il grande educatore Augusto Monti radunò la cosiddetta "banda Monti", formata da allievi ed ex allievi del Liceo D'Azeglio.
Da quella banda, formata tra gli altri da Leone Ginzburg, Massimo Mila, Mario Sturani, Cesare Pavese, Norberto Bobbio, uscirono i fondatori della casa editrice Einaudi e il nucleo torinese di Giustizia e Libertà. Le riunioni alla Bottiglieria Rattazzi ebbero termine nel 1933 quando i componenti della banda Monti erano ormai finiti tutti in prigione per antifascismo.

image-1Il monumento del re sui tetti
Re Umbertò donò alla città il monumento dedicato a suo padre, Vittorio Emanuele II, posto all’incrocio tra il corso omonimo e corso Galielo Ferraris. Inaugurato il 7 settembre 1899, realizzato dallo scultore Pietro Costa, è alto 39 metri (9 solo la statua). Alla presenza di re Umberto sfila il reggimento Piemonte Reale, guidato da Vittorio Emanuele di Savoia Aosta, conte di Torino,(1870-1946), il più mondano e scanzonato dei tre figli del primo duca d’Aosta, Amedeo, sfortunato re di Spagna.
Ebbe l’onore delle cronache per il vittorioso duello alla spada, del 15 agosto 1897, con Enrico d’Orleans,figlio del duca Roberto di Chartres, nipote dell’ultimo re di Francia, primo cugino di Elena d’Orleans, moglie di suo fratello, Emanuele Filiberto, duca d’Aosta e pertanto suo cugino.
Enrico, brillante giornalista e commerciante d’armi, aveva scritto del poco patriottico atteggiamento degli ufficiali italiani prigionieri del Negus d’Etiopia dopo la funesta battaglia di Adua; per lavare l’ingiuria,venne sfidato a duello. Bello, elegante nel portamento e nel vestire, fu adorato dalle donne a cui si dedicò con successo per tutta la vita rimanendo scapolo. Il duello avvenne al Bois des Marichaux di Parigi, durò 25 minuti, con cinque assalti. Nell’ultimo scontro l’Orléans venne ferito all’addome e fermato per comprovata inferiorità.

 

Vedi le immagini del monumento a Vittorio Emanuele II

 

 

 

Un progetto faraonico mai realizzato
Tra i progetti presentati per il monumento a Vittorio Emanuele II ci fu quello di Bartolomeo Marocco che si definiva “dilettante ingegnere”.
Si trattava di una statua che per tramandare il ricordo del sovrano doveva essere posizionata in piazza Statuto, in modo da essere visibile sia da piazza Castello come dallo stradale di Rivoli e Borgo Dan Donato nonché sul possibile prolungamento dei due corsi laterali Beccaria e San Martino.
Il monumento prevedeva una statua gigantesca del re, su un’alta colonna, appoggiata ad un complesso basamento, un Pantheon con percorsi porticati e balconate panoramiche, collegate da un itinerario in salita lungo il quale vi sarebbe stata presente ogni Provincia del Regno, ogni Reggimento che aveva combattuto nel Risorgimento, il nome ed il busto di tutti gli Italiani insigni, la Forza, la Libertà, la Navigazione e altre innumerevoli figure allegoriche.
Tutte le città Italiane avrebbero dovuto essere chiamate a “fornire a proprie spese gli stemmi gentilizi e le statue ideate ad ornamento e cornice del monumento“.
La struttura era completata da un piano interrato con grande piscina circolare, dotata di acqua potabile, con destinazione a Bagni Pubblici.
Il progetto di Bartolomeo Marocco non venne accettato.

image-1Corso Vittorio Emanuele

Vedi l'approfondimento su corso Vittorio Emanuele II


 

 

416 - Una nuova chiesa per il quartiere “bene”
Nel 1884 l’arcivescovo Lorenzo Gastaldi decise di costruire la chiesa parrocchiale nel quartiere che si stava  formando nell’antica piazza d’Armi e di dedicarla agli Angeli.
Nella seconda metà del XIX secolo la piazza d’Armi venne spostata in una area allora più periferica (dove ora sorge il Politecnico) e il quartiere nei pressi di Porta Nuova venne rilanciato ed urbanizzato secondo il nuovo piano regolatore. Nell’arco di pochi anni sorsero decine di palazzine di lusso che fanno dell’ex quartiere dei Comandi Militari una delle zone “bene” della città.
L’aumento della popolazione rese necessaria la costruzione di una nuova Casa Parrocchiale, così l’arcivescovo incaricò prima Don Bosco e successivamente don Cravesana (prima di diventare sacerdote, valente ingegnere) di realizzare il nuovo edificio sul progetto dell’architetto Giuseppe Tonta coadiuvato.
I lavori di scavo iniziarono nel 1884, il 1 luglio 1885 venne posta la prima pietra, mentre l’11 febbraio 1888 venne aperta ai fedelie. Il primo parroco ad essere nominato fu lo stesso Cravesana.

Vedi le immagini della chiesa dei Santi Angeli Custodi

 

419 - L'Ambasciata di Hitler
Dal 1943 al 1945, nel periodo della RSI, in corso Vittorio Emanuele 76 aveva sede l'Ambasciata Tedesca.

419 - Il regno delle golosità
Nel 1922 la confetteria-pasticceria Bosello, in corso Vittorio Emanuele 76, fu rilevata dalla ditta Ponsetti che nel 1936 la cedette a Gustavo Pfatisch.
La nuova gestione creò nuovi dolci come il Festivo e la meringata al cioccolato, le rinomate torte di canapés, i marroni della Val di Susa oltre alla pasticceria salata con ottanta tipi diversi di salatini freschi.
Nel 1963 subentrarono i fratelli Peyrano (il loro laboratorio era stato fondato nel 1914). La denominazione diventò Peyrano-Pfatisch.
Nacquero i cioccolatini: l'Alpino, le "noci", le "nocciole", le "mandorle", le "conchiglie", i "cuori", i "gianduiotti", i "cremini", il "quadretto" e molti altri.
L’Alpino è coperto da un “brevetto per marchio d'impresa” rilasciato il 27 luglio 1935. Il 12 aprile 1938 l'azienda ottenne l'ambito riconoscimento di "Fornitore della Real Casa di Savoia" da Vittorio Emanuele III di Savoia. Tutte le fasi della lavorazione del cioccolato avvenivano nello stabilimento Peyrano di corso Moncalieri 47.
Purtroppo dopo tanti anni di successi iniziano i problemi che portarono al fallimento, nel gennaio 2017 viene chiusa la storica pasticceria Peyrano di Corso Vittorio, a cui fa seguito nel 2019 il laboratorio di Corso Moncalieri a Torino.

419 - I fratelli Montalcini
L’architetto Gino Levi Montalcini (1902-1974), autore dei progetti del Nuovo Palazzo delle Facoltà Umanistiche dell'Università (1959-68), del Palazzo per uffici del gruppo Gualino in corso Vittorio Emanuele (1928-29), del Coordinamento del piano urbanistico del quartiere «Le Vallette» (1957-1958) e di molte altre realizzazioni di prestigio, fratello del premio Nobel 1986 per la Medicina Rita, abitava in corso Re Umberto 10.
Paola Levi Montalcini (1909-2000), pittrice allieva di Casorati, sorella gemella del premio Nobel 1986 per la Medicina Rita, abitava in corso Re Umberto 12

Leggi l'approfondimento sulle opere realizzate da Gino Levi Montalcini

425 - Il Mestiere di Vivere
Il 27 agosto Cesare Pavese (1908-1950) traduttore di scrittori inglesi e americani classici e contemporanei, scrittore e poeta, antifascista, si suicida con due flaconi di barbiturici, in una camera al 2° piano dell’Hotel Roma (foto a fianco). Dal 1930 al 1950 abitò in via Lamarmora 35.

 



Vedi l'approfondimento sul Caffè del Nord, in corso Vittorio Emanuele 58, dove nacque la Gazosa

Nulla sfugge al suo obiettivo
Dagli anni 20 il fotografo Silvio Ottolenghi aveva lo studio in piazza Carlo Felice 1 e poi al 3. Documentò ogni avvenimento e tutte le personalità dell’epoca coniando il famoso slogan: “Nulla sfugge al mio obiettivo”. Nel 1940 con l’entrata in vigore delle leggi razziali, per poter continuare la sua attività cedette la ditta a Luigi Bertazzini, che per anni era stato suo commesso. Per fuggire alle persecuzioni si trasferisce a Milano, ma nel 1945 verrà incarcerato a San Vittore. Il 6 ottobre 1942 suo figlio è contingentato, con altri ebrei, a lavorare come manovale al municipio. Si presenta vestito di tutto punto, con i guanti bianchi. Viene redarguito, risponde male e viene arrestato. Dopo la guerra Silvio torna a Torino con la famiglia e ricomincia a lavorare in via Giolitti 2.

 424 -  Spaghetti alla bolognese: creati a Torino 
Questo piatto sarebbe stato cucinato per la prima volta nel ristorante dell’Hotel Ville et Bologne di corso Vittorio Emanuele II, oggi noto come Hotel Bologna. Nel 1898 il cuoco preparò “Spaghetti di Napoli alla bolognese”, per omaggiare l’unità del Regno d’Italia e per miscelare i sapori di due territori distanti, ma da poco uniti. Fu un successo celebrato su La Stampa e la diffusione di questa ricetta fu rapidissima.

image-1Primo ministro a piedi
Quando il primo ministro Giovanni Giolitti (1842-1928) veniva a Torino, in treno, attraversava a piedi corso Vittorio Emanuele per raggiungere l‘albergo Bologna, proprio di fronte alla stazione, sulla sinistra. Una volta affacciandosi al balcone per salutare la folla, rispose agli studenti che volevano partirte volontari per la Guerra in Africa: “Voi pensate a studiare, che alla Guerra ci pensano i soldati”.


image-1Tori curiosi
Proprio nella terrazza sovrastante i portici, di fronte all'albergo Bologna, ancora esistente, una scultura raffigura tre tori che si sporgono sul corso Vittorio Emanuele.

 



 

 

425 - Nasce la Gazzosa
Nel 1833 Francesco Botto socio e fondatore del "Caffè del Nord" in corso Vittorio Emanuele 58 (prima denominato Caffè Guelpa), pensò di utilizzare un procedimento già in voga in Francia, rendendo effervescente una bibita composta da acqua e limone. Così fu il primo in città che saturò di acido carbonico la limonata, adoperando la macchina a compressione.
Inventò così la "Gazosa" (detta "aqua anrabià"), venduta in bottigliette che nel collo avevano una pallina di vetro detta "bicicletta".
Lanciata sul mercato, la nuova e frizzante bibita ebbe un immediato e duraturo successo.

Burello il caffè delle carrozze e delle automobili
All'angolo di Corso Vittorio Emanuele e via Urbano Rattazzi era conosciuto come "la pantalera”. Nel 1861, dopo la costruzione della stazione di Porta Nuova, divenne uno dei principali luoghi di passaggio e d'incontro per i passeggeri in arrivo o partenza, con particolare riguardo ai commercianti della provincia che giungevano in città per l'acquisto di carrozze o per la vendita di cavalli.
Durante l'ultimo ventennio del XIX secolo, era una tappa obbligata per i giovani torinesi di buona famiglia, alla ricerca di nuovi cavalli e calessi veloci e, negli ultimi anni del secolo, la svolta tecnologica dovuta alla diffusione degli automobili, di gran moda nella vicina Francia, polarizzò l'interesse della clientela.
Fu nelle sale del Caffè Burello, frequentate abitualmente da tecnici come Ceirano e Faccioli, da aristocratici come Bricherasio, industriali come Lanza o semplici benestanti come Goria Gatti e Agnelli, accomunati dalla passione per i mezzi a motore, che nel 1899 nacque l'idea della Welleyes e si tennero le riunioni costitutive della FIAT

image-1426 - Il caffè dei dannunziani
In piazza Carlo Felice 9 era ubicato l'albergo - caffè Ligure inaugurato nel 1884 di proprietà di Angelo Moriondo l'inventore della macchina caffè espresso che aveva anche l'American Bar nella Galleria Nazionale in via Roma.
Il Ligure fu il ritrovo preferito dei giovani dannunziani e dei nazionalisti e, per questo, fu ripetutramente teatro di scontri con i socialisti che,a più riprese, ne infransero le vetrate.

426 - Buscaglione & Chiosso
Il Ligure ha una storia lunga iniziata nel XIX secolo, fu progettato dal Promis, architetto di piazza Carlo Felice, tra il 1851 e il 1855. Tra i tanti ospiti famosi, che l'hanno frequentato ci sono Fred Buscaglione, che qui conobbe Leo Chiosso, il paroliere che scrisse i testi delle sue canzoni più famose.

Vedi le immagini dell'albergo-caffè Ligure nel corso degli anni

426 - L’albergo dei duchi
Adalberto Duca di Bergamo, ufficiale durante la 1° guerra mondiale, nel 1943 comandante dell’ottava e settima armata, dal 1951 visse per circa trent’anni, insieme col fratello Fiiberto, all’hotel Ligure. Nel 1977, quando i ladri svuotarono la sua cassetta di sicurezza nell’albergo, il duca si trasferì in corso Alberto Picco, ospite della famiglia Olivetti, dove morì nel 1982.


432 - Muore lo squadrista
Nel novembre del 1971 Piero Brandimarte morì, a 78 anni, alla clinica Fornaca. Protagonista degli anni violenti dello squadrismo fascista, venne processato dopo la Guerra, e condannato a una sentenza mite. Nel 1964 era stata fatta esplodere, senza conseguenze, una bomba davanti al cancello di casa sua in corso Stati Uniti 23.

 

 

 



 

434 - Servizio Informativo Repressivo
Il 9 agosto 1944 la palazzina di corso Vittorio Emanuele 75, di proprietà del conte Emilio Voli, vuota per sfollamento, venne requisita diventando sede del SIR (Servizio Informativo Repressivo), mascherata con la denominazione ENSI (Ente nazionale strade italiane), una struttura segreta composta da una trentina di persone, organizzate per raccolta di notizie sui partigiani ed anche per vigilare sugli stessi fascisti simpatizzanti delle due correnti di dissidenza interna.
Giuseppe Costa (1908-1969) nel luglio del 1944 divenne Questore ausiliario al servizio del Ministero degli Interni e direttore del SIR, abitava in corso Duca di Genova (Stati Uniti) 6. Arrestato il 30 aprile 1945, in libertà provvisoria il 29 giugno 1946, risulterà poi irreperibile.

437 - Premio Nobel
La casa natale di Rita Levi-Montalcini (Torino,1909 – Roma,2012) neurologa, accademica e senatrice a vita, Premio Nobel, era in corso Vittorio Emanuele 61.
Negli anni cinquanta con le sue ricerche scoprì ed identificò il fattore di accrescimento della fibra nervosa, per tale scoperta è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina. E' stata la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze. Il 1º agosto 2001 è stata nominata senatrice a vita "per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale".

 

 

 



image-1439 – Il poeta in albergo
Francesco Pastonchi (1874-1953 nella foto a destra) poeta e critico letterario nel 1935 fu nominato, «per chiara fama», professore di lingua e letteratura italiana nell’Università di Torino, membro dell’Accademia d’Italia, viveva all’hotel Turin Palace in via Sacchi.

 

 

image-1445 - Galleria d’Arte Moderna GAM
La Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea (GAM) è in via Magenta 31. Fu fondata attorno al 1891-95. Ospita le collezioni artistiche permanenti dell'Ottocento e del Novecento.
La collezione ebbe inizio fin dalla fondazione del Museo Civico nel 1863, prima città in Italia a promuovere una raccolta pubblica di arte moderna. Tale collezione stava con le raccolte di Arte Antica in un edificio presso la Mole Antonelliana.

 

image-1Dal 1895 al 1942 fu esposta in un padiglione in Corso Siccardi (ora Corso Galileo Ferraris) che rimase distrutto durante i bombardamenti angloamericani durante la II Guerra Mondiale.
Nello stesso luogo, iniziò la costruzione dell'edificio progettato da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti che venne inaugurato nel 1959.
La collezione di Arte Moderna venne spostata nei due piani della nuova costruzione, per volere del direttore Vittorio Viale.Negli anni Ottanta il palazzo fu dichiarato inagibile e riaprì dopo una lunga serie di restauri nel luglio 1993.


image-1Nel 2009 la collezione è stata riorganizzata non seguendo più la successione cronologica delle opere esposte bensì una trama logica di Veduta, Genere, Infanzia e Specularità.

In seguito alla nuova riorganizzazione del 2013, in occasione del 150º anniversario delle collezioni GAM, sono stati istituiti i percorsi Infinito, Velocità, Etica e Natura. Il patrimonio della galleria si compone di oltre 47.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni e video. Nei sotterranei inoltre sono ospitati importanti rassegne ed è disponibile una ricchissima videoteca.


446 - Il fondatore dell'Unione Culturale
In via Assietta 27 abitava Franco Antonicelli (1902 – 1974) saggista, poeta, politico antifascista, senatore. Dopo il crollo del fascismo, nel 1945, partecipò con Guido Seborga, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Francesco Menzio, Giulio Einaudi, Cesare Pavese e altri alla fondazione dell'« Unione Culturale » di Torino, che dopo la morte gli fu intitolata.

446 - Il Maestro di Cerimonie di Corte
Il conte Ernesto Balbo di Sambuy, senatore del Regno, abitava in via Magenta 29.

Vedi l'approfondimento sul conte Ernesto Balbo di Sambuy


image-1Imbarcadero di Genova
La prima stazione ferroviaria, era chiamata "Imbarcadero di Genova", realizzata da Pietro Spurgazzi nel 1848, in concomitanza con l’apertura al traffico della tratta Torino-Moncalieri della linea per il capoluogo ligure in costruzione. Era una struttura provvisoria in legno in cui trovavano posto la biglietteria, le sale d’aspetto e l’alloggio del guardiano. Nel 1849, fu avviata la costruzione del cosiddetto "Imbarcadero di Porta Nuova", un edificio in muratura ad un solo piano, di forma rettangolare piuttosto allungata, senza pretese architettoniche, che rimase in funzione fino al 1866.

image-1 image-1image-1Stazione di Porta Nuova
Inizialmente era una costruzione in legno con tettoia in ferro e l’ingresso in via Nizza, successivamente venne ceduta al Circolo Equestre Ginnastico di via S.Quintino.
La prima linea ferroviaria per Genova, realizzata tra il 1848 e il 1853 rese necessaria una stazione.


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I lavori iniziarono nel dicembre 1861, sotto la direzione di Alessandro Mazzucchetti e con la collaborazione del giovane architetto Carlo Ceppi.
Fu aperta al traffico il 22 dicembre 1864 e i lavori furono completati nel 1868. La stazione fu ampliata più volte.
Negli anni venti vennero elettrificati in trazione elettrica a corrente alternata trifase la ferrovia Torino-Modane (il 26 novembre 1920) e la ferrovia Torino-Genova.

image-1conseguentemente anche il nodo di Torino e la stazione di Torino Porta Nuova furono interessati; la conversione in trazione elettrica a corrente continua avvenne nel 1961, in concomitanza della elettrificazione della ferrovia Torino-Milano, e fu inaugurata festosamente il 9 giugno dello stesso anno alla presenza del ministro dei Trasporti Giuseppe Spataro. Durante i lavori di conversione dalla corrente alternata alla corrente continua, le locomotive in corrente continua in arrivo e in partenza dallo scalo venivano scortati da locomotive a vapore o diesel. Dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale, il complesso fu interamente riorganizzato fra il 1948 e il 1953 su progetto dell'ingegnere Paolo Perilli.
Nel 1995 fu attivato l'ACEI per la gestione del traffico nel piazzale binari concentrato in un'unica cabina.

Vedi le immagini della stazione di Porta Nuova dopo il restauro

 

 

 

 



Facchini (1834)
Agli incroci delle vie principali stanziano stabilmente i facchini pronti al cenno di chi li richiede: essi trasportano con la gerla o con piccolo carro qualsiasi oggetto; la loro tariffa varia da 40 cent. a lire 1,50 giusta la lunghezza della via da percorrere e il peso degli oggetti da trasportare: per una gita di un chilometro o poco più, con un sacco a mano bastano 40 o 50 cent.: per una gita dalle stazioni delle vie ferrate a qualsiasi punto della città si dà comunemente per compenso una lira. Un certo numero di facchini sono specialmente autorizzati per il trasporto dei bagagli dalle stazioni delle vie ferrate al domicilio dei viaggiatori. Si può avere in essi fiducia: si abbia peraltro l'avvertenza di osservare il numero da cui sono contrassegnati.

Vedi: la Sala Gonin alla stazione di Porta Nuova

Il Gauguin da 35 milioni dimenticato
Nel 1970 i proprietari della catena d’abbigliamento Marks & Spencer di Londra, subirono il furto di due quadri: “Fruits sur une table ou nature au petit chien” di Gauguin e un’opera di Pierre Bonnard. I dipinti vennero trasportati in Francia dove vennero caricati sul treno Parigi-Torino per essere rivenduto al mercato nero lontano dal luogo del furto. I due quadri però vengono lasciati, probabilmente in seguito a un controllo alla frontiera, nel porta pacchi dello scompartimento. Così arrivano alla stazione di Porta Nuova, e lì rimangono finché il personale delle pulizie non li trova.
Resteranno dimenticati per mesi nell’ufficio degli oggetti smarriti della stazione. Nel 1975 un operaio della Fiat di nome Nicolò li acquisterà all’asta per 45.000 lire, circa 250 euro di oggi.
La tela di Gauguin resterà per anni, nel salotto dell’operaio, fino alla sua pensione. Poi si muoverà a Siracusa assieme al suo nuovo proprietario. Molti anni dopo, suo nipote riconoscerà la tela esposta in soggiorno e, convocati alcuni periti, ne farà attestare l’autenticità facendo guadagnare una sostanziosa ricompensa all’operaio che dichiarò: “Se ami l’arte, l’arte ti ripaga”.

Vedi le mappe dell'espansione ottocentesca a Porta Nuova

Il primo semaforo
Venne inaugurato nel 1931 nell’incrocio tra corso Vittorio Emanuele II e via Nizza.

La prima lavanderia privata
Sorse nel 1863 “di modello ancora ignoto in Italia” racconta la Gazzetta di Torino “aperta dal signor Francesco Faà di Bruno oltre alla lavatura della lingerie s’incarica anche della rattoppatura e della stiratura dentro l’intervallo di dieci giorni”.

image-1450 - San Secondo
La chiesa di San Secondo martire fu edificata nel 1867 e diede il nome a tutto il borgo circostante. Durante il secondo conflitto mondiale venne colpita dai bombardamenti dell'8 dicembre 1942 e del 13 luglio 1943, che la danneggiarono lievemente.

Al 9 di via Assietta, all'angolo con via Gioberti, sorgeva un edificio di tre piani che ospitava i 21 locali destinati alle convivenze delle Suore della Misericordia. Attualmente sull'area sorge un moderno stabile di cinque piani che ospita i locali della parrocchia di San Secondo Martire e la scuola materna Monsignor Pinardi Foradini Mario.

Vedi le immagini della chiesa di San Secondo

451 - Il primo stabilimento per estratti aromatici
Nel lontano 1854 il botanico Domenico Ulrichavvia il primo stabilimento in Italia per la preparazione di estratti aromatici, tinture idroalcoliche, aromi ed essenze. La casa "Domenico Ulrich", che nel 1914 aveva sede in via San Secondo 7, partecipò all'Esposizione di Torino del 1884. Nel 1885 il Ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio, in seguito alla relazione della Giuria d'Esposizione di Torino 1884, conferì alla "Domenico Ulrich" una speciale Medaglia d'oro, con la motivazione: "… per avere iniziato un esteso ed importante commercio di esportazione di erbe, fiori e radici medicinali della flora italiana, utilizzando così in Paese una ricchezza che altrimenti sarebbe andata dispersa e procurando guadagno a numerose famiglie". L'azienda è ancora oggi attiva.

452 - Una morte controversa.
In via Sacchi 8 l'hotel Turin Palace. Il primo luglio 1914, tre giorni prima dello scoppio della I° guerra mondiale vi muore, in circostanze poco chiare, il generale Alberto Pollio, capo di stato maggiore dell'esercito, favorevole alla Triplice Alleanza (Germania, Austria e Italia).
Dopo il fatto calò su di lui una vera e propria cortina di silenzio.

Gli successe Luigi Cadorna e l'Italia entrò in guerra a fianco della Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna Russia). Gli ultimi studi non credono ad un decesso naturale e chiamano in causa i servizi segreti dell'Intesa o di un coinvolgimento delle stesse Istituzioni dello Stato Italiano, guidato da Antonio Salandra.  Risulterebbe anche che la moglie di Pollio, Eleonora, fosse una spia a servizio dell'Austria, come sua sorella implicata nello spionaggio anche dopo la Grande guerra.

 

454 - I Cannoni spagnoli
Dove attualmente sorgono i numeri dal 39 al 43 di via Vincenzo Vela (anticamente dell’Assietta) furono posizionati i 24 cannoni della “Batteria degli Spagnoli” uno dei pochi reparti iberici che parteciparono alla difesa della città durante l’assedio del 1706.

image-1458 - Palazzina Maffei - Unione Industriale
Palazzina Maffei di Boglio, in Via Vela 17 è la sede dell'Unione Industriale. Costruita come dimora privata realizzata nel 1875 per il marchese Annibile Maffei di Boglio. Progettata da Oreste Bollati, a fine '800, aveva uno splendido parco, di cui rimangono piccole parti. Nel 1904 venne venduta al conte Alberto Marone Cinzano. Nel 1904 l’edificio venne venduta al conte Carlo Alberto Marone Cinzano.
Nel 1954 viene venduto all’Unione Industriale.  Nel 1961 con due nuove ali e nel 1992 con  il Centro Congressi si arriva alla configurazione attuale. Della palazzina originale, restano i sei sale: il salone centrale, detto Sala d’Onore; il  Salottino Cinese; la Sala degli Arazzi, caratterizzata da quattro grandi e rari arazzi di manifattura inglese del primo Settecento; la Sala Dorata, il cui soffitto a stucchi dorati riproduce quello del Palazzo Isnardi di Caraglio, in Piazza San Carlo a Torino; la Sala del Club, col suo soffitto cassettonato ad ottagoni; la Sala Rapous.

459 - Hot Club
Nel 1939, in pieno regime fascista l’industriale Sobrero mise a disposizione un locale in via Vela 11 bis per gli appassionati del jazz, coordinati dal marchese Renato Germonio. Divenne la sede dell’Hot Club, sorto per iniziativa di Alfredo Antonino nel 1932. Ospitò anche Gorni Kramer. Nel gruppo suonò anche Piero Angela col nome di Peter Angela.

463 - Il delitto del capitano
L’ex capitano di cavalleria Giuseppe Romano, donnaiolo impenitente di 49 anni, nel 1882 fu ucciso vicino a casa sua, in via S.Secondo 12, nei pressi della chiesa omonima. Non si scoprì l’assassino nonostante la promessa di un premio di 200 lire ai confidenti.

image-1image-1Corso Duca di Genova
La prima parte dell'attuale corso Stati Uniti (dalla parte della stazione di Porta Nuova) era denominato corso Duca di Genova





image-1466 - Il comando delle SS
Il 22 gennaio 1944 un commando dei Gruppi d'Azione Partigiana (GAP), guidato da Giovanni Pesce, attaccava l'albergo Genova, sede del comando delle SS tedesche. Il 22 gennaio 1944 il locale, frequentato dai tedeschi, fu oggetto di un attentato dinamitardo dei Gap. Muoiono tre tedeschi e tre italiani.

466 - I fucilati esposti in albergo
24 gennaio 1944 – Cinque detenuti politici: Maurizio Mosso, Mimo Jori, Brunone Gambino, Aldo Camera e Giustino Bettazzi sono fucilati al Martinetto per rappresaglia contro l'attentato di due giorni prima all’albergo Genova (via Sacchi n. 14). I loro corpi, poi, vengono esposti sul luogo dell'attentato

image-1467-468 – La caduta fatale
Federico Caprilli (1868-1907) capitano di cavalleria, nel 1902 battè il record mondiale di salto in alto col cavallo (m. 2.08) e fu ideatore del Sistema Naturale di Equitazione. Morì a seguito di un’inspiegabile caduta da cavallo, all’incrocio tra le vie Morosini e Montevecchio, mentre si recava in piazza d’Armi (quella che sorgeva sull’area dell’attuale Politecnico).

 

 

 

 



Il fondatore di Adelphi
In corso Stati Uniti 35 abitava Luciano Foà (1915-2005) critico letterario che faceva parte del gruppo di intellettuali dell'Einaudi. Nel 1962 fondò, con Roberto Olivetti, la casa editrice Adelphi.







image-1478 - Gasometro
A metà 800 era tra via Sacchi, via San Secondo, via Montevecchio e corso Duca di Genova (Stati Uniti).















479 - Casa Lombroso
Al secondo piano di via Legnano 26, dal 1892 fino alla sua morte nel 1909, abitò Cesare Lombroso, creatore dell'antropologia criminale.









image-1image-1Stadium
Era il più grande stadio d’Italia, costruito nell’area dell’ex piazza d’Armi, dove oggi sorge il Politecnico. Lo si volle più grande anche di quelli di Atene e Londra. Si chiamava Stadium, occupava un’area di 100.000 metri quadrati, con 40.000 posti a sedere e 30.000 in piedi, venne inaugurato il 30 aprile del 1911 davanti ai sovrani e a 70.000 spettatori. L’ovale misurava 361 metri di lunghezza per 204 di larghezza, circa il doppio dello “Stadio Comunale”. Intorno al campo c’erano tre piste: una grande esterna da 730 metri per le gare ciclistiche, una per le corse dei cavalli e una terza di 500 metri per i podisti.

image-1L’opera totalmente finanziata da fondi privati fu costruita in meno di un anno. Lo Stadium fu una delle follie della “Belle Epoque”. Troppo grande per le partite di calcio (se ne giocarono solo 5: due di campionato e tre della nazionale), fu sede di serate pirotecniche, di saggi ginnici, mostre di cani e di cavalli, concorsi ippici internazionali, corride, gare di pallone elastico, corse di bici, auto e moto, proiezioni cinematografiche estive. Per 30 anni ospitò i maggiori circhi equestri e periodiche mostre ed esposizioni.
Nel 1923 fu teatro della spettacolare rappresentazione della “Passione di Cristo” con oltre 2000 comparse. Sempre nel 1923 ospitò la mostra delle invenzioni e delle industrie, poi diventata Salone della Tecnica. Nel 1928 ospitò il “Carosello Storico Sabaudo”. La Stadium dopo il 1938 non venne più usato e venne demolito nel secondo dopoguerra.

Vedi le foto dello Stadium nel corso degli anni

image-1Buffalo Bill
Nel 1906 Buffalo Bill si esibì col suo circo sui prati della vecchia Piazza D’Armi (nella zona dell’attuale Politecnico).

 

 

 

 

 

 

 


 

image-1Politecnico
Nel 1950 iniziò la costruzione della nuova sede del Politecnico, dove precedentemente c'era lo Stadium. Il progetto è dell’Ufficio tecnico dell'ateneo, coordinato da una commissione di docenti - in particolare dall’architetto milanese Giovanni Muzio (1893-1982), che ricopriva la cattedra di composizione architettonica alla Facoltà di architettura - e dall’ufficio di progettazione della Fiat. L’esito è un complesso «scolasticamente funzionalista», dall’impianto assiale, rigido nell’articolazione dei percorsi e gerarchico nella distribuzione degli spazi.
Negli anni ottanta e novanta, per ottenere nuovi spazi, si realizzano l’ampliamento verso corso Castelfidardo (Sisto Giriodi, Pier Giuseppe Bardelli, Renato Piramide, 1984-1992) e la «finestra urbana» lungo la manica su via Peano (Lorenzo Mamino, Pier Giuseppe Bardelli, Piero Amore, Luciano Luciani, 1984-1994), volume trasparente di collegamento verticale tra i piani.
Con il Piano regolatore generale del 1995 si dà inizio al raddoppio del Politecnico, progettandone l’ampliamento oltre il fascio ferroviario divenuto viale della Spina (masterplan dello studio Gregotti Associati): la sede storica di corso Duca degli Abruzzi diventa parte di un vero proprio campus urbano, la Cittadella Politecnica.

image-1L’orologio solare del Poli

Al Dipartimento di Georisorse e Territorio del Politecnico, in corso Duca degli Abruzzi, si trova l’orologio solare ad ora media fuso invernale ed estivo realizzato nel 2001 dal prof. Sergio Dequal, ordinario di Topografia e Fotogrammetria.
Il quadrante è posizionato su una parete a declinazione occidentale e, con un assostilo a freccia forata, indica le ore del fuso invernali dalle 11 alle 19 e quelle estive dalle 12 alle 20; il mezzogiorno locale è contrassegnato con XII. Sono tracciate la linea equinoziale, le solstiziali, le linee di ingresso del Sole nei segni zodiacali e la lemniscata è presente su tutte le orarie.

Una scuola storica: l'Istituto Sommeiller
In  corso Duca degli Abruzzi 20.
La sua storia e le immagini


Il rapimento della consuocera di Gianni Agnelli
Il 26 novembre del 1975, in corso Duca degli Abruzzi 30, venne rapita Carla Ovazza, consuocera di Gianni Agnelli (il figlio Alain Elkann aveva sposato Margherita). La notte di Capodanno, venne rilasciata davanti all´ippodromo. Due anni dopo venne arrestato il pescivendolo Giovanni Racca (che verrà condannato a 16 anni di carcere) con altri membri del clan Facchineri di Cittanova Calabra, responsabili anche di altri rapimenti (l’industriale della carne Emilia Blangino Bosco, del piccolo Pietro Garris e dell’imprenditore Ruscalla). Rimase latitante il fratello Lorenzo Racca, già condannato a 30 per le stesse vicende, ma fuggito durante un permesso premio.

 

image-1La battaglia per le 10 ore al cotonificio Poma
Agli inizi del 900 in corso Montevecchio 39 c'era la sede del Cotoificio Poma che occupava circa 1800 operaie, qua­si tutte donne. 1600 sono cottimiste e, pochi giorni dopo la concessione delle 10 ore, le operaie si accorgo­no che il cavalier Poma, non rispetta l'accordo, cioè non aumenta la tariffa del cottimo nella misura pattuita, soppri­me per di più la tolleranza di 5 minuti sull'entrata in fabbrica, e molti­plica le multe. Il 22 maggio 1906 inizia lo sciopero: più di 1600 operaie hanno abbandonato il lavoro e nominato una commissione che richiede il rispetto salariale dell'accordo intercorso nel settore cotonie­ro. La risposta non si fa attendere: licenziamento immediato di tutte le scioperanti e serrata dello stabilimento. Non è un colpo di testa del cavalier Poma ma un'azione con­cordata tra i membri dell'Associazione Industriali Cotonieri per tentare di riconquistare il terreno perduto. Questa tattica si mostrerà errata poiché tutto il fronte operaio inizia un'azione di resistenza che punta su una raccolta impo­nente di fondi per soccorrere le operaie serrate, su una vivace campagna di stampa e di propaganda per isolare l'industriale, «che non rispetta i patti», per chiamare in causa le autorità pubbliche, per fare dell'episo­ dio il banco di prova della mutata situazione cittadina. Sarà una battaglia intessuta di episodi drammatici che durerà due mesi e si concluderà con la vittoria operaia. Dopo due mesi di sciopero, durante i quali le 1800 operaie della Poma hanno vissuto colle 60 000 lire raccolte tra gli altri operai torinesi e col credito aperto in loro favore dall'Alleanza Cooperativa Torinese, che fornisce quotidianamente 3 quintali di pane agli sciope­ranti, il 17 luglio i cancelli della fabbrica si riaprono. La ditta riammette tutti i lavoratori e si impegna di adempiere agli obblighi dell'accordo dell'8 maggio.

image-1Piergiorgio Frassati
Piergiorgio Frassati (1901-1925) figlio di Alfredo, proprietario e direttore di “La Stampa”, senatore e ambasciatore a Berlino fino all’avvento del fascismo. Nei pochi anni della sua vita si segnala per la sua opera di aiuto e conforto dei poveri. È patrono delle Confraternite e dei Giovani di Azione Cattolica. Papa Giovanni Paolo II lo beatifica il 20 maggio 1990. La sorella Luciana sposa di un diplomatico polacco, madre del giornalista Jas Gawronski, è morta a 105 anni nel 2007

 



 



Galfer – Roby il pazzo
1° giugno 1974. Al liceo scientifico Galileo Ferraris, noto come il “GalFer”, prende servizio un nuovo bibliotecario; si chiama Marco Donat Cattin (1953 – 1988 foto a sinistra). Suo padre, Carlo, ex-Ministro del Lavoro, è uno degli uomini più potenti della Democrazia Cristiana.
Il giovane Marco, che verrà conosciuto come Comandante Alberto, fa subito amicizia con un altro giovane studente, Roberto Sandalo (a destra), poi noto come “Roby il Pazzo” per la sua propensione per le attività violente. Entrambi saranno promotori della costituzione di Prima Linea, il gruppo armato che assalterà l’Associazione Dirigenti FIAT. Per numero di omicidi questa organizzazione, sarà seconda solo alle Brigate Rosse.
Sandalo si pentì collaborando con la giustizia che gli abbuonò 110 reati, compresi 3 omicidi, per mandare in carcere 150 dei suoi compagni. Ribattezzato Roberto Maria Severini si è sposato, diventando poi militante del gruppo integralista cattolico “Sos Italia”.
Per le delazioni di Sandalo, sull’incendio dell’ Angelo Azzurro, oltre a Stefano “Steve” Della Casa, futuro critico cinematografico televisivo, accusato di concorso morale, vengono arrestati Angelo Luparia detto “Yankee”, Peter Freeman, Bonvicini, Di Stefano, D’Ursi e Silvio Viale. I sei in un primo momento vengono accusati di omicidio colposo, un'ulteriore dimostrazione che gli stessi giudici non credevano completamente alla tesi di Sandalo.

489 - La prima fabbrica di aerei
Nel 1908 l’ingegner Franz Miller fondò in via Legnano 9, la prima Officina Italiana di Costruzioni Aeronautiche, in cui si dedicò alla costruzione di motori e progetti di velivoli sperimentali. Nello stesso anno la FIAT costruiva il suo primo motore aeronautico sperimentale, presentato in dicembre all’Esposizione Aeronautica di Parigi.

491 - Musicologo antifascista
In via Pastrengo 25 abitava Massimo Mila (1910 – 1988) musicologo, critico, tradutore del“Siddharta” di Herman Hesse, antifascista, alpinista e intellettuale. Studiò al liceo Massimo D'Azeglio, insegnò all'Università, dove fondò l'Istituto di Storia della Musica, e collaborò con l'Editrice Einaudi.








492 - Cesare Pavese
Al terzo piano di via Lamarmora 35 visse, insieme alla famiglia della sorella Maria, lo scrittore Cesare Pavese. Precedentemente abitava con la famiglia in via Ponza.

492 - Prima donna ingegnere in Italia
Nel 1908 la torinese Emma Strada diventa la prima donna laureata in ingegneria d’Italia, terza del suo corso al neonato Politecnico. Nnl 1957 fonderà l’AIDIA: l’Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetto. Abitava in via Pastrengo 18.

493 - La farfalla granata
Il 15 ottobre 1967 in corso re Umberto (all'altezza del numero 46), di fronte a casa sua, Gigi Meroni, la farfalla granata, viene travolto da un’auto guidata da un futuro presidente del Torino, Tilli Romero.

 

 

 

 

 

 

 



image-1498 - Terroristi contro Casalegno
Il 29 novembre 1977, nell'androne di casa sua in corso Re Umberto 54, Carlo Casalegno (1916) scrittore e vice direttore de "La Stampa" fu ucciso da un gruppo di quattro terroristi delle Brigate Rosse (Raffaele Fiore che sparò, Patrizio Peci, Piero Panciarelli e Vincenzo Acella). Fu il primo giornalista ucciso durante gli anni di piombo. Fiore venne condannato all'ergastolo e dal 1997 è in libertà condizionale.


502 - Nasce il Futurismo
Il 5 marzo 1923, in via Sacchi 54, a casa di Fillia (Luigi Colombo, poeta e pittore 1904-1936) viene fondato il Gruppo Futurista Torinese.

504 - L’inventore della penna a sfera
Marcel Bich nacque nel 1914 a Torino in corso Re Umberto 60 (morì a Parigi nel 1994). Rampollo di una nobile famiglia valdostana si trasferì in Francia dove, negli anni ’50, ebbe la geniale intuizione di acquistare dall’ungherese Laszlo Birò il brevetto della penna a sfera che era allora poco più che un progetto. Bich creò un’industria a cui diede il suo cognome privato della ‘h’ finale, perfezionò la penna e iniziò a produrla con un successo di vendite crescente in tutto il mondo tanto da portare il nome BIC ad essere sinonimo di penna a sfera. Fu il primo oggetto di largo consumo prodotto con la filosofia dell’usa e getta. Seguendo questo principio, Bich ebbe altre due geniali idee: il rasoio e l’accendino.

 

 

 

508 - Il senatore teorico del diritto
In via Sacchi 66 abitava Norberto Bobbio (1909 – 2004) filosofo, giurista, storico, politologo e senatore a vita. Considerato «al tempo stesso il massimo teorico del diritto e il massimo filosofo della politica nella seconda metà del Novecento», fu «sicuramente quello che ha lasciato il segno più profondo nella cultura filosofico-giuridica e filosofico-politica e che più generazioni di studiosi, anche di formazione assai diversa, hanno considerato come un maestro»

 

 

 

 


 

image-1513 - Mussolini dal balcone
Il 17 giugno 1914 prima delle elezioni, in piazza della Crocetta, da un balcone di una casa di fronte alla chiesa, si tenne un comizio-confronto tra il direttore dell’Avanti (quotidiano socialista) il “professor” Benito Mussolini e l’inviato de La Stampa Giuseppe Bevione. Fu il punto culminante della campagna per le elezioni del 28 giugno al IV collegio

 

 


image-1514 - Crocetta
La zona cominciò a svilupparsi a partire dal XVII secolo intorno all'omonima chiesa della Crocetta ed ha raggiunto il suo massimo sviluppo urbanistico tra l'Ottocento e il Novecento mantenendo la fama di quartiere aristocratico.

 

 

514 - Crocetta
Nel XVIII secolo Ignazio Isler era il parroco della Crocetta, allora fuori le mura. Si trattava di poche case abitate fin dal 1500. Isler,che come gli altri padri trinitari, si adoperava per il riscatto degli schiavi nelle mani dei pirati barbareschi con le elemosine, fu anche importante poeta che cantò le vicende quotidiane della povera gente.

514 - Vedi l'approfondimento e le immagini sulla chiesa della Crocetta - Beata Vergine delle Grazie

514 - Il Cimitero della Crocetta

image-1Cavalleggero fucilato alla schiena
I fratelli Luigi e Giuseppe De Giacomi, di una distinta famiglia modenese, sono entrati volontari nell’esercito e in breve sono stati promossi caporali dei Cavalleggeri di Saluzzo, di stanza alla Cascina Rosa (alla Crocetta). Il 9 dicembre1865, probabilmente sotto l’effetto dell’alcol, uccidono con un colpo di pistola, all’interno della caserma, il sergente Migliazza che li aveva visti all’osteria della Caccia Reale mentre dovevano essere in servizio.
I fratelli vengono giudicati dal Tribunale militare sotto l’accusa di insubordinazione con assassinio, commesso in complicità. Il 26 dicembre 1865, sono condannati alla pena di morte da eseguirsi, previa degradazione, mediante fucilazione alla schiena.
Il loro ricorso viene esaminato il 31 gennaio 1866 ed è respinto. Luigi De Giacomi viene così fucilato alla schiena la mattina dell’8 febbraio 1866, nel cortile dell’ex-cittadella di Torino. Al fratello Giuseppe la pena di morte è commutata in quella dei lavori forzati a vita.

 

516 - Presidente della Repubblica
Il professor Luigi Einaudi Luigi Einaudi (1874 – 1961) economista, accademico, politico, rettore e giornalista, secondo Presidente della Repubblica Italiana,s nel 1927 abitava in via Lamarmora 60.

518 – Se questo è un uomo
Primo Levi (1919-1987) chimico, deportato ad Auschwitz, raccontò la sua vicenda nel libro “Se questo é un uomo” abitò e morì, suicida, nella casa di corso Re Umberto 75.

 

518 - L'ippocastano di corso Re Umberto - la poesia di Primo Levi
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image-1I danni della II guerra mondiale
Nella mappa a fianco (da ingrandire) le bombe cadute nella zona durante l'ultimo conflitto.

 

 

 

 



 

 

527 - Le bambole Lenci
La Lenci nasce il 23 Aprile 1919, in via Cassini 7, fondata da Enrico ed Elena Scavini, con la collaborazione del cognato di quest’ultima Herald Konig. Il nome Lenci derivò dal diminutivo della proprietaria, in seguito spiegato con l’acronimo “Ludes Est Nobis Costanter Industria” (il gioco è il nostro costante lavoro). La produzione di bambole con un feltro denominato “panno Lenci” e tutta una serie d’oggetti per i bambini, ebbe grande successo anche per i numerosi artisti che collaborarono a disegnare i vari prodotti. La ditta cessa la produzione nel 2002.

532 - Vittorio Valletta
La villetta di Vittorio Valletta (1883-1967) era in via Genovesi. Ragioniere (frequentando corsi serali), si diplomò presso l’Istituto Superiore di Commercio (l’attuale Facoltà di Economia e Commercio) sempre mentre lavorava. Insegnò ragioneria per poi entrare in una azienda automobilistica: la Chiribiri.
Nel 1921 venne chiamato dal senatore Giovanni Agnelli alla FIAT con il grado di direttore centrale, poi direttore generale nel 1928, amministratore delegato nel 1939 e presidente dal 1946 al 1966. Fu protagonista della ricostruzione dell’azienda e della sua grande espansione negli anni cinquanta. Nel 1966, lasciato il timone a Gianni Agnelli, venne nominato senatore a vita. A chi gli chiedeva i suoi progetti rispose: “Morire il più presto possibile”. Quando morì Giovanni Agnelli, riferendosi al nipote Gianni, disse: “Da oggi il dottor Agnelli non è più soltanto il nipote di suo nonno”.

540 - Il presidente della Repubblica
Giuseppe Saragat (Torino, 1898 – Roma, 1988), quinto Presidente della Repubblica abitò in corso Galileo Ferraris 131

image-1544 - Steve Jobs al Gatto Nero
Nel 1927 in via Santa Croce 2 aprì uno dei ristoranti di maggior successo il "Gatto Nero", nel 1958si trasferì in corso Turati 14. Era il ristorante preferito da Giovanni Agnelli ed ospitò numerosissime personalità, tra cui Steve Jobs, il guru della Apple che raccontò di aver passato due settimane meravigliose a Torino nel 1974, ospite di Bertolino, il distributore dell’Atari, che per sopperire alla penuria di monete (rastrellate dai produttori giapponesi che utilizzavano l’ottima lega delle nostre cento lire per le casse dei loro orologi) aveva creato degli appositi gettoni per i videogiochi.


image-1545 - Il capitano della leggenda
Al 66 di via Torricelli abitava Valentino Mazzola, capitano del Grande Torino perito a Superga.




546/547 - Furio Colombo
In corso Duca degli Abruzzi, angolo via Caboto, trascorse la sua govinezza Furio Colombo (1931) giornalista, scrittore e politico.

image-1563 - Velodromo Umberto I
Fu uno dei primi velodromi costruiti in Italia. Si trovava nel quartiere Crocetta e mutuava il nome dal corso su cui si affacciava, intitolato all'allora Re d'Italia Umberto I,(oggi corso Duca degli Abruzzi). Più precisamente, la struttura era collocata all'incrocio fra il corso citato e l'attuale via Amerigo Vespucci.
Il velodromo fu costruito nel 1895 dall'Unione velocipedistica italiana per le gare organizzate dalle società ciclistiche cittadine, tra cui la Veloce Club e la Biciclettisti Club. Nel 1898, ospitò il primo Campionato italiano di calcio; la partita inaugurale del torneo si svolse l'8 maggio tra Football Club Torinese e l'Internazionale Torino (0-1).
Con la sponsorizzazione della Peugeot ospitò le prime gare motociclistiche e l'impianto cominciò ad essere noto anche come "motovelodromo".
Si intensificò anche il suo uso per il gioco del calcio; sede degli incontri casalinghi del Football Club Torinese tra il 1900 e il 1903, fungeva in generale come campo di prestigio di tutto il movimento calcistico cittadino, mentre la piazza d'Armi veniva utilizzata per gli incontri di minore importanza.
Nel 1904 fu affittato permanentemente da Alfred Dick, presidente della Juventus, che vi fece costruire una tribuna, che fino a quel momento erano rimasti in piedi. Sennonché, nel 1906, Dick fu clamorosamente defenestrato dal consiglio direttivo bianconero e il dirigente svizzero, di tutta risposta, fondò il Torino Football Club, di cui divenne il primo presidente; essendo il contratto di affitto intestato a suo nome e non a quello della Juventus, il sodalizio bianconero si ritrovò improvvisamente senza un campo dove gareggiare, mentre il velodromo divenne la sede del Torino fino al 1910.
La struttura venne definitivamente smantellata a partire dal 1917 ed al suo posto oggi sorgono edifici e negozi vari.

564 - Il pittore
Il pittore Emilio Sobrero (1890-1964) abitava in corso Re Umberto 89.

image-1566 - Il primo autosoccorso in Italia
In via Piazzi 26, nel 1926, venne organizzato il primo servizio di assistenza automobilistica a mezzo telefono, primo in Italia, dalla Stipe. Chiamando il numero 06 ci si collegava con l’officina Rocci, Gritti e C. che inviava il suo carro attrezzi.

 

 

 

image-1570 - Ospedale Mauriziano Umberto I
Dove ora sorge l’ospedale Mauriziano c’era la cascina "La Peronetta" della contessa di Bricherasio.
Già citata dal Grossi come cascina dei padri di san Dalmazzo situata alla destra dello stradone di Stupinigi, viene denominata "Il barile", vicina a "Il Bariletto”, quindi "Peronetta" nel 1874.
Il percorso originale di corso Re Umberto venne modificato proprio a causa della realizzazione dell’Ospedale Mauriziano.



570 - L’ospedale Umberto I, conosciuto più semplicemente come il Mauriziano
Deve la sua esistenza alla Sacra Religione dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’ordine cavalleresco sabaudo che venne riconosciuto da papa Gregorio XIII con la bolla del 13 novembre 1572. Investito l’ordine di compiti assistenziali, la fondazione del primo nosocomio “maggiore” era avvenuta per merito del duca Emanuele Filiberto (1528-1580), Gran Maestro della milizia, nel 1575, in seguito al dono di una casa con corte e orto nel quartiere di Porta Doranea, isola di Santa Croce, vicino alla Basilica Magistrale dei Santi Maurizio e Lazzaro (via Milano 20). Per l’impossibilità di procedere a migliorie, nel 1881 il primo segretario dell’Ordine, si fece promotore presso re Umberto I della realizzazione di un nuovo ospedale che fosse lontano dal centro cittadino e che rispondesse a criteri di salubrità e di igiene. Individuato il sito lungo il viale di Stupinigi (all’altezza dell’attuale corso Filippo Turati), il progetto scaturì dalla collaborazione del direttore sanitario dell’ospedale, il dottor Spantigati e dell’ingegnere igienista, esperto in progettazione sanitaria, Perincioli. Posta la prima pietra l’11 novembre 1881, l’innovativo ospedale a padiglioni separati, il primo in Italia per tipologia, venne inaugurato alla presenza del re il 7 giugno 1885. Ampliato nel 1911-12, l’ospedale fu risistemato tra il 1926 e il 1930 ad opera dell’ingegnere Chevalley. Dopo la guerra furono ricostruite e modificate le parti distrutte dai bombardamenti su progetto di Pestalozza. Seguirono durante gli anni altri ampliamenti.

570 - L’omicidio di suor Giovanna
Nel marzo del 1956 Antonio De Meis si presentò al manicomio dicendo: “Sono malato, forse sto impazzendo”. Dopo un breve ricovero venne dimesso e tornò al suo lavoro di infermiere al Mauriziano e alle sue fissazioni contro suor Giovanna (Giuseppina Negro) caposala di chirurgia. Per allontanarsi da lei si licenziò finendo in miseria. Infine si presenta in ospedale dove la uccise con sette colpi di pistola. Fu riconosciuto totalmente infermo di mente.

570 - Hemingway innamorato
Nel 1918 Ernest Hemingway, ferito a una gamba durante la I Guerra Mondiale, fu ricoverato all’Ospedale Mauriziano dove allacciò una relazione molto seria “..è mancato poco che mi sposassi..” con un’infermiera torinese della Croce Rossa che fu poi il modello della protagonista femminile di “Addio alle Armi” ribattezzata Catherine Barkley.

 

 

 

 

 

 



 

570 - Sandro Camasio
Mauriziano: 23/5/1913 nel padiglione Carlo Alberto, a soli 27 anni, muore di meningite Sandro Camasio; per la disperazione la sorella Clara si avvelena. Col suo grande amico Nino Oxilia fu autore di “Addio Giovinezza” e di altre riviste e commedie di successo.

 

 

 

 

 

 

 



L’ultima carica del Nizza Cavalleria
Il 10 settembre 1943 viene inviato in città il 1° reggimento del Nizza Cavalleria col compito di mantenere l’ordine dopo gli sconvolgimenti dell’8 settembre. Il distaccamento viene ospitato nella caserma Morelli di Popolo, in corso Stupinigi (ora corso Unione Sovietica 130). Ma all’alba del giorno seguente la caserma viene circondata dalle autoblindo tedesche che costringono alla resa delle armi il reparto, privo di molti ufficiali già arrestati al circolo ufficiali. Gli italiani, a cavallo, vengono incolonnati verso la stazione di Porta Nuova per essere deportati in Germania. Ad un certo punto la colonna viene divisa in due tronconi dal passaggio di un tram che girava in corso Sommeiller. La folla che assisteva al mesto corteo, inizia ad incitare i soldati a scappare, così il secondo troncone, all’altezza di corso Dante, spronò i cavalli al galoppo caricando e travolgendo i tedeschi della scorta che risposero sparando. Nel parapiglia molti cavalleggeri riuscirono a dileguarsi, aiutati dalla gente. Sul terreno rimasero 3 morti e 22 feriti (molti altri non si fecero curare negli ospedali per timore di essere arrestati).


image-1Velodromo in via Torricelli
Agli inizi del 900, in via Torricelli, c'era un velodromo denominato Umberto I

 

 

image-1Stadio Comunale - Museo dell’Automobile
14 maggio 1933 – Inaugurazione dello Stadio Mussolini (poi Municipale, Vittorio Pozzo e Olimpico) alla presenza del segretario del partito fascista, Achille Starace. 23 luglio 1939: si inaugura il museo dell’Automobile, nella prima provvisoria sede, in alcuni grandi saloni sottostanti le scale dello stadio.

 

Vedi l'approfondimento sullo Stadio Comunale

Punti di vista
Si tratta di un'istallazione crata da Tony Cragg (1949), costituita da tre alte colonne in bronzo le cui sinuose spirali ellittiche creano, nell’insieme, l’effetto del dinamismo e, nei dettagli, profili di visi umani. Realizzata nel 2005, l'opera é stata collocata in occasione delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 davanti allo Stadio Olimpico.

Monte Grappa la caserma del Principe
In corso IV Novembre 3 venne costruita per un reggimento di bersaglieri fra il 1905 e il 1910. Nel 1921 i bersaglieri si trasferiscono alla caserma Dogali per lasciare il posto al 92° reggimento fanteria. Il 15 marzo 1926, Umberto di Savoia, Principe di Piemonte erede al trono venne assegnato come ufficiale col grado di Capitano al 92º Reggimento, che tornerà a comandare da colonnello nel 1929. Nel 1944-45 fu sede del distaccamento Torino della X Mas. Successivamente fu assegnata alle truppe alpine e ora è la sede del Comando della Brigata Alpina Taurinense.

image-1image-1La Juventus giocava in corso Marsiglia (ora Tirreno)
La Juventus giocò per 11 anni nello stadio di corso Marsiglia (attuale via Tirreno), che poteva ospitare 15.000 spettatori, inaugurato il 22 ottobre 1922. L'ultima gara venne disputata il 5 novembre 1933, successivamente i bianconeri si trasferirono allo stadio Stadio Mussolini, poi Comunale, adesso Olimpico. Fu la prima struttura sportiva interamente in cemento armato, dotata di illuminazione notturna. A questso proposito pare che l'allora presidente Edoardo Agnelli decidesse di installare le luci notturne per permettere al giocatore Mosca, impegnato negli studi di medicina durante il giorno, di potersi allenare la sera.

image-1La fabbrica del Chinino
Nell’isolato compreso tra le vie Giordano Bruno, Montevideo, Taggia e Filadelfial all'attuale 142 di via Giordano Bruno, si trovava la fabbrica dell’ex Chinino di Stato. Nel 1916, il Comune cedette a titolo gratuito un’area di 14.000 mq che faceva parte del Podere Municipale Ostassi, presso la cascina “la Marchesa”.
I primi lavori per realizzare lo Stabilimento del Chinino di Stato iniziarono nel 1918.
Nel 1920 si proseguì costruendo tra le vie Giordano Bruno e Montevideo, un edificio a due piani, sede della direzione. Parte di questo edificio fu danneggiata durante la seconda guerra mondiale, e quindi ricostruito nel 1946.
Il 1923 fu caratterizzato dalla costruzione di alcuni fabbricati di completamento come la casetta per il custode, il locale per il deposito della benzina, i garage di via Taggia, una tettoia ad uso deposito di materiali ed il magazzino della scorza di china; a questi si aggiunsero in via Montevideo, la scuderia ed in via Taggia i locali della Guardia di Finanza. La fabbrica fu ripetutamente oggetto degli attacchi aerei del 1940 (bomba incendiaria) e del 1943 e 1944 (bombe dirompenti). L’edificio venne dismesso nel 1956
Nel 1980, la casetta del custode e la scuderia furono demoliti; il magazzino, una volta persa la funzione originaria, diventò un deposito per il vicino Mercato Ortofrutticolo e dal 1977 è sede di attività artigianali.

image-1Santa Rita - Il quartier generale dei francesi
Il quartiere prende il nome dalla chiesa-Santuario dedicata a Santa Rita da Cascia, edificata in stile neoromanico medioevale nella prima metà del XX secolo.
l territorio fu inizialmente diviso in poderi agricoli. Queste cascine, circondate da campi coltivati e bealere (piccoli canali di irrigazione), erano collegate con la città da due assi stradali: lo stradone di Stupinigi (l'attuale corso Unione Sovietica) e la strada di Orbassano (l'attuale corso Orbassano).
Le cascine più note erano la Martiniana (oggi inesistente e sostituita dalla Centrale del Latte di Via Filadelfia, del 1950, con la ciminiera sul retro alta ben 65 metri), la Olivero di Via Arbe e la Grangia di Via Caprera, anch'esse andate pressoché in rovina.
Durante l'assedio del 1706, la zona fu compresa tra due linee dell'esercito francese. L'area fu scelta come centro di comando dal duca de la Feuillade. La cascina Olivero ospitava il quartier generale dell'esercito stesso; cascina Grangia, all'epoca ancora munita delle mura medievali, fu invece destinata a fureria, mentre la Martiniana fu trasformata in forno per il pane. Tutti gli edifici furono uniti con delle opere di fortificazione (mura e valli), collegate con un sistema di trincee. Con la costruzione della prima cinta daziaria nella prima metà del XIX secolo, la futura Piazza Santa Rita ospiterà l'ingresso da sud-ovest della città, la cosiddetta Barriera di Orbassano.

Vedi l'approfondimento e le immagini della chiesa di Santa Rita da Cascia

Vedi l'approfondimento sulla Cascina Ricca e la sua vicenda boccaccesca

image-1Casa Nespolo
In corso Siracusa 39, dove precedentemente si trovava la Stamperia Artistica Nazionale, nel 2010 è stato realizzato il palazzo firmato dall’architetto Ugo Nespolo

 

 

 




 

Il "Polo Nord"
Ai margini meridionali del quartiere di Borgo San Paolo, a ridosso di Santa Rita, si trova la piccola borgata Polo Nord, così chiamata per la sua antica funzione di riserva di neve per le ghiacciaie cittadine. È composta da un condominio sull'angolo di piazza Marmolada e da una serie di villette a due piani. Presenta ancor oggi l'originaria struttura di edilizia operaia e rappresenta un esempio di pianificazione ante litteram, in quanto fu progettata e fatta costruire per volontà di una cooperativa di ferrovieri tra il 1912 e il 1916.
La recente riqualificazione di Piazza Marmolada, portata avanti dal Comune nel 2014, ha sottolineato proprio le caratteristiche storiche ed architettoniche della borgata.

La tenuta della Dama di voluttà
La tenuta Verrua (che nel 1700 ospitò la contessa di Verrua, la “dama di voluttà” amante di re Vittorio Amedeo II, che aveva il suo palazzo in via Stampatori) era di 42 ettari con strade, prati, campi, orti, la casa civile, la villa, la casa rustica. A fine 800 il conte Rignon acquistò la tenuta frazionandola. Nel 1865 furono alienati alla città 42.000 metri quadrati per realizzare la piazza d’Armi, che era situata dove ora c’è l’isola pedonale della Crocetta.
Nel 1881 l’Ordine di San Maurizio e Lazzaro acquistò un’altra parte della tenuta per costruire l’ospedale Umberto I.
Negli anni seguenti la proprietà venne ulteriormente frazionata per realizzare i grandi corsi: Re Umberto, Einaudi e Sommeiller.

image-1image-1image-1Villa Amoretti - Rignon
La settecentesca Villa Amoretti, in corso Orbassano 200, successivamente denominata Villa Rignon, è una delle architetture nobiliari più rappresentative della città. Restaurata tra il 1970 e il 1976, quindi nel 2003-2007, è immersa nel verde del parco circostante. Ora è la sede di una biblioteca civica.

 

image-1La caserma del futuro re
La caserma Da Bormida, in corso Unione Sovietica 100, venne progettata nel 1906 per il Reggimento di Fanteria, viene realizzata fra il 1908 ed il 1914 in stile neo-gotico. Nel 1925 vi prestò servizio Umberto di Savoia, allora principe ereditario.
 

 

 

 

 

 



Diatto automobili
Nel 1835 Battista Diatto creò sulla riva sinistra del fiume, dalla Gran Madre al ponte Umberto I, gli stabilimenti della Diatto, avvalendosi come fonte di energia delle acque del vicino fiume Po. Nata come fabbrica di carrozze, passò ai vagoni ferroviari vendendoli in tutto il mondo. Nel 1906 si trasferì in via Frejus (angolo via Cesana) e nel1918 si fuse con la Fiat.
 I fratelli Pietro e Vittorio Diatto, successori di Guglielmo, erano appassionati di automobili, e vollero dunque fondare loro stessi una casa automobilistica allorché l'acquisto di un modello Ceirano li lasciò insoddisfatti e ne nacque una controversia al termine della quale la Ceirano dovette riprendersi l'auto restituendo l'intero importo agli acquirenti. La sentenza del tribunale stabilì per la prima volta la necessità di garanzie che le case automobilistiche dovevano fornire a favore degli acquirenti

Vedi le immagini della Diatto di corso Moncalieri e di via Frejus

image-1Materferro
A pochi passi da piazza Marmolada, all'incrocio tra i corsi Rosselli e Lione, un elemento gradinato di forma triangolare recante alcune iscrizioni e decorato nella sua parte superiore con lettere dell'alfabeto illuminate nelle ore notturne, ricorda uno dei più noti stabilimenti industriali torinesi: le Officine Diatto, poi divenute, in seguito ad acquisizione, Officine FIAT Materiale Ferroviario (Materfer).
La scritta sul lato della gradinatura: "STRIKE 03 - 1943" ricorda gli scioperi spontanei iniziati il 5 marzo 1943, primi in Itali), contro la guerra, la dittatura e la fame, che poi si estesero ad altri grandi centri del Nord.
Nel 1917 nell’ambito della strategia intrapresa da Agnelli volta ad assorbire le diverse industrie intermediarie che provvedono la Fiat di materia prima (allo scopo di ridurre gli oneri dovuti ai rapporti di dipendenza dell’azienda da imprese fornitrici esterne), la società torinese procede all’incorporazione degli stabilimenti del Gruppo Piemontese, del quale fa parte un insieme di industrie metallurgiche e meccaniche.

image-1Dante di Nanni
Morì eroicamente battendosi da solo contro fascisti e tedeschi che, con l’appoggio di un carro armato e di un’autoblinda, sparavano contro le finestre del secondo piano di un edificio di via San Bernardino 14 dove era barricato.
Dalla casa, ogni tanto, partivano brevi raffiche di mitra e qualche bomba a mano. Ad un certo punto una carica di tritolo bloccò anche il carro armato. Poi i colpi che arrivavano dalla casa si fecero sempre più radi e da un balcone apparve la figura di un giovane che levò in alto il pugno chiuso in un ultimo gesto di sfida e si lasciò cadere nel vuoto. Così morì Dante di Nanni, che già pochi giorni dopo fu proclamato Eroe nazionale” dal Comitato militare del CLN regionale piemontese. Medaglia d’oro al valor militare.

 

 

 

image-1Incendio e saccheggio a San Bernardino
Il 23 agosto 1917, la città è sconvolta dalle ribellioni scaturite dalla mancanza del pane. In borgo San Paolo a folla saccheggia e incendia la chiesa di San Bernardino e l'attiguo convento dei frati. L'episodio ha alcune radici lontane e due versioni una proposta nell'articolo de La Stampa proposto qui a fianco, l'altra che racconta come l'anno precedente avesse destato grande emozione nel quartiere il fatto che due ragazzi, entrati nell'orto del convento per rubare della frutta, fossero stati percossi dai frati i quali, - scrive Gramsci, - «Li hanno sfregiati tracciando loro sul cranio il segno della croce». Già allora una dimostrazione ostile di cinquemila persone si era avuta in piazza Peschiera dinanzi alla chiesa. I dimostranti, ora, «saldano il conto». Nell'incendio della chiesa viene di­strutto un magazzino militare ospitato nei sotterranei. La polizia, giunta molto in ritardo, apre il fuoco e cadono sotto i colpi due manifestanti, tra cui una donna. Vengono operati numerosi arresti e alcuni mandati di cattura saranno spiccati in seguito; prima dell' arrivo della polizia due reparti dell'esercito vengono disarmati dai rivoltosi nei pressi della chiesa; non risulta però provata in questo caso una fraternizzazione di soldati e operai.
Il processo per questi fatti non verrà mai celebrato per sopravvenuta amnistia, la maggior parte degli imputati (25) alcuni dei quali detenuti nel forte di Exilles, verrà scarcerata solo il 24 febbraio 1919.

Il secondo incendio di San Bernardino
Il 13 luglio 1988 la chiesa e in convento di San Bernardino sono nuovamente colpiti dal fuoco.
Una decina di giorni più tardi morirà il brillante predicatore padre Marcello Festa, che pur malato e ferito si era prodigato per salvare i confratelli.

Leggi l'articolo de La Stampa che narra l'avvenimento.

 


image-1La Tesoriera
Rifatta nel 1713 la cascina del tesoriere generale, Aimone Ferrero di Cocconato, era l’attuale Tesoriera di corso Francia.
Il Parco della Tesoriera misura circa 75.000 metri quadrati, delimitato a sud da corso Francia, a ovest da corso Monte Grappa, a nord da via Asinari di Bernezzo e a est da via Borgosesia.

E' conosciuto anche come Giardin dël Diav, in quanto si vociferava che apparisse galoppando nel Parco un cavaliere nero, forse il fantasma del Tesoriere del Re, Ajmo Ferrero di Borgaro.

La villa, da cui il parco prende il suo nome, è circondata da un grande prato alla francese; vi è un ricco patrimonio di alberi, arbusti e fiori, con specie tipicamente italiane e altre che, pur di provenienza lontana, si sono acclimatate, come la robinia, originaria del nord America, la quercia rossa e il platano, originari dell'estremo Oriente. Si possono ammirare 18 differenti specie arboree, tra le quali il noce nero, il faggio, il frassino, il tiglio, l’acero, l’olmo, il tasso, il bagolaro, il carpino bianco e la magnolia. Vicino all’ingresso troneggia il gigantesco platano di sei metri e mezzo di circonferenza, piantato nel 1715: è l'albero più vecchio della Città.

image-1Denti di Lupo Banda Cavallero
Nel gennaio 1964 la banda Cavallero l’”Anonima Rapinatori” esegue la sua prima rapina assaltando il Credito Italiano di piazza Rivoli dove rubano due milioni.
Donato Lopez, detto Duccio, di diciasette anni, uno dei sei figli di un operaio emigrato dal sud, disoccupato; Adriano Rovoletto, figlio di un operaio, apprendista falegname; Sante Notarnicola, di origine pugliese, diploma di quinta elementare, ex venditore ambulante di fiori, ex facchino; Pietro Cavallero, torinese, figlio di un falegname, ex attivista comunista, senza lavoro fisso: sono i quattro componenti la banda di rapinatori che nel pomeriggio del 25 settembre 1967, dopo aver svaligiato l’agenzia n.11 del Banco di Napoli in largo Zandonai a Milano, seminano per trenta lunghissimi minuti terrore e morte, impegnandosi in scontri a fuoco con le pantere delle polizia che li inseguono attraverso le vie della città
Da questa vicenda è stato tratto nel 1968 il film Banditi a Milano di Carlo Lizzani con Gian Maria Volontè nei panni del Cavallero, Don Backy nei panni del Notarnicola, Ray Lovelock nei panni del Lopez, Ezio Sancrotti nei panni del Rovoletto e Tomas Milian in quelli del commissario Basevi.

Il narratore piemontese
Nel palazzo d’angolo tra corso Tassoni e via Migliara, nel 1948, morì Filippo Burzio, uno dei grandi narratori del Piemonte.

 

 

 



Nostradamus
Nostradamus, al secolo Michel de Notre-Dame, (1503 -1566), venne a Torino nel 1556 per aiutare Margherita di Valois e suo marito il duca Emanuele Filiberto ad avere un figlio. Gli esoteristi sostengono invece che fosse interessato alle misteriose grotte alchemiche torinesi che gli iniziati collocavano sotto palazzo Madama. Di certo al duca serviva un erede: una clausola del trattato di Chateau Chambresis sanciva che avrebbe potuto far rientro a Torino solo dopo la nascita del primo figlio. Così l’arrivo del pargolo iniziò a stare a cuore a tutti i fedeli, tanto che anche il Pontefice Pio IX indisse una giornata di preghiera. Vista l’età di Margherita si decise di far ricorso a Nostradamus che portò con sé un olio profumato, in grado di sconfiggere la sterilità, com’era scritto nelle indicazioni: “indubbiamente (la femmina) rimane incinta nonostante la poca capacità del maschio” .

Fu ospitato in una villa fuori città, la “Vittoria”, poi denominata “Morozzo” (ora c'è un palazzo, raffigurato a sinistra). Al duca il vecchio predisse la nascita: si chiamerà Carlo Emanuele, disse, e diventerà un giorno il più grande capitano del suo tempo. Così fu. Nel 1562 nacque il bambino, a cui Nostradamus tracciò un oroscopo che convalidava le profezie già fatte. Gli disse anche che sarebbe morto “quando un nove si troverà davanti a un sette”. I seguaci del mago, elaborando le cifre, sostengono che anche questo, in parte, si avverò: Carlo Emanuele morì nel 1630, all’età 68 anni compiuti; dunque si può dire nel 69° anno di età, prima di entrare nei 70.
L’iscrizione scritta dallo stesso Nostradamus (e la traduzione):
Nostri Damus a loge ici - Nostradamus alloggiò qui
on il ha le paradis lenfer - dov’è il Paradiso, l’Inferno
le purgatoire ie ma pelle - e il Purgatorio io mi chiamo
la victorie qui mhonore- la Vittoria chi mi onora
aurala glorie qui me - avrà la gloria chi mi
ruine hintiere - disprezza avrà la completa rovina

image-1Venchi Unica
La Venchi Unica nei primi anni del 900 è stata una delle aziende leader nella produzione di dolci. Nata dalla fusione dell’Unica con la Venchi, aveva sede nel grande complesso costruito nel 1921 tra i corsi Francia e Marche e abbandonato nel 1978, quando l’azienda fallì.

 

 

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Leggi la storia della Venchi - Unica - Talmone


Frate Mitra
Il 28 giugno 1969 l’ex bandito Silvano Girotto, dopo l’esperienza nella legione straniera viene ordinato frate col nome di Leone nella chiesa di Sant’Antonio, in via San Bernardino 11. Missionario in america latina è coinvolto con i movimenti rivoluzionari meritandosi l’appellattivo di frate mitra.
Per questo viene espulso dai francescani.
Negli anni 70 guidato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa si infiltra nelle Brigate Rosse. Grazie alle sue soffiate le forze dell’ordine, con un tranello, catturarono il capo dell’organizazione, Renato Curcio.

 

 

 

 

 

image-1Sport al Cimitero
Il cimitero di Pozzo Strada era inizialmente adiacente al muro della chiesa della Natività di Maria Vergine. Nel 1841 fu spostato in un’area più lontana dalla chiesa. Nel 1893 ci fu la prima ampliazione e una seconda nel 1913. Il cimitero fu soppresso dal 17 dicembre 1951.
La sua ubicazione attualmente sarebbe riconoscibile nell’isolato di via Trecate, dove sorge l’impianto sportivo omonimo.
Il cimitero fu colpito da un bombardamento notturno il 28 novembre 1942 da aerei della RAF.

 

Ospedale Inglese
Nella zona di Pozzo Strada, c’erano due cascine: «Marchèis gros» e «Marchèis cit» quest'ultima nota anche come cascina del marchese «Dufour», esistente già nel Seicento.
Alla fine dell’800 venne acquistata dalla contessa Amalia Canonica Capello che fece costruire un asilo riedificando una villa adiacente.
Trasferitasi a Roma la cedette in prestito al diplomatico britannico Sir Walter Becker.
Sir Becker, con l'aiuto della Croce Rossa Inglese, con l’assenso della contessa Capello, organizzò la struttura come ospedale britannico, diretto dal capitano medico dottor Haven, per curare i soldati inglesi feriti durante la campagna del Sinai contro i turchi. Nell’autunno del 1917 ospitava quasi cento feriti.  
I soldati arrivavano dal fronte in treno allo Scalo Vallino, in piazza Nizza, dove venivano caricati sui mezzi dell’ATM appositamente modificati. L’ospedale britannico non era l’unico in città. La Croce Rossa ne aveva organizzati altri sei per i feriti italiani. Di questi, ne sono sopravvissuti quattro. In via Sacra di San Michele, nel sito dove, ebbe sede l’ospedale britannico, negli anni 70 del ‘900 venne costruita la scuola elementare Fattori.

La zona di sud ovest durante l'occupazione napoleonica:

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