Atlante di Torino



 

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incrocio alternativo manicomio Un amore contrastatoDelitto ViottiBagni della Consolatapalazzo Barolopalazzo Cacherano area -A- area -C- S.Sigismondo piazza Savoia Colonna del Colera Obelisco legge Siccardi zona -G- Consolata palazzo Martini palazzo Barolo Santa Chiara Ufficio d'Igiene palazzo Cacherano Casa Cavallo Rizzetti

 


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image-114 - Un amore proibito
Nel 1748 Margherita Prelli, benché maritata e di basso ceto, fu protagonista di un’amore col conte Alfieri di Magliano che dette scandalo per diversi anni. Entrambi abitavano nello stesso palazzo, quello del conte Avenati, nell’isola del beato Alessandro Pauli, parrocchia di San Dalmazzo.
Una caratteristica cittadina era proprio quella che vedeva coabitare, in piani diversi, persone di classi sociali totalmente diverse.
Così, incontrandosi sulle scale, scaturì la scintilla dell’amore e, ben presto, anche quella dell’invidia e del perbenismo che chiamò in causa il Vicario della città, il conte d’Agliè, cognato dell’Alfieri.
Il Vicario e il suo successore tentarono ripetutamente di intimidire la donna, minacciando persino di espellerla dalla città, ma inutilmente; l’amore era più forte di ogni intimidazione.
Poiché la sua cattiva condotta pregiudicava notevolmente il patrimonio del conte, le si vietò di frequentare la casa dell’amante, pena l’arresto. Quando gli arcieri del Vicariato bussarono alla sua porta lei era già fuggita, venne scoperta poco dopo nella sua nuova abitazione nell’Isola di San Cristoforo in casa Ravadotti.
Margherita fu rinchiusa all’Opera delle Forzate, il carcere delle donne di malaffare.
Una volta rilasciata, continuò a vedere il conte Alfieri, nonostante le iniziative dei famigliari di lui che coinvolsero anche il teologo Veglio, vicario della Curia regia, per tentare di ricondurli alla ragione.
Si arrivo così a ingiungerle di non trovarsi mai nello stesso luogo del conte e si coinvolse il cocchiere del conte che denunciò la donna per un futile motivo, testimoniando di essere stato gravemente calunniato.
Sul verbale d’arresto di legge: «Erano circa le 9 e mezzo, ore di Francia, della sera, quando la donna rifiutò al cocchiere il passo sulle scale, proprio quando si recava dal conte, i due si spintonarono ed ebbero un fastidioso alterco, proprio mentre si recava dal suo amato sebbene le fosse proibito. Riusciva ad entrare nella casa del suo beneamato con la complicità della servitù che provava molta comprensione per la donna».
Il giorno 20 ottobre 1768 Margherita fu portata alle “Torri” e poi trasferita di nuovo alle Forzate. Nessuno volle ascoltarla anche se parlava di amore reciproco e di molti interessi finanziari in comune.
Ma alla fine Margherita dovette cedere accettando una Sottomissione segreta: «6 gennaio 1769, personalmente Margherita uxor Giovanni Prelli, alfine di venir rilasciata dall’Ospizio delle Forzate ove è trattenuta per replicata disobbedienza, all’Ufficiale e per scandalosa amicizia col conte di Magliano e per non aver mai voluto desistere nonostante tutto, si sottomette di abbandonare per sempre l’amicizia e di non trovarsi mai in alcun luogo e per qualunque causa o pretesto col conte. Nemmeno per gli interessi che dimostra avere con lui. Per questi interessi di tipo economico-bancario dovrà avvalersi di un Procuratore. Sottopena l’arresto personale o altra pena maggiore».
In calce Margherita firmò con una croce.

image-1 Patronato della giovane
La «Casa della Giovane», in via Giulio 8, attiva dagli inizi del 900, è affidata alle Salesiane di Don Bosco e oltre ad ospitare una cinquantina di studentesse accoglie anche una ventina di postulanti della congregazione.




image-1image-1Il delitto della vedova
Il 18 febbraio 1893, in via Giulio 18, proprio di fronte alla Consolata, avvenne un delitto che sconvolse la città. La vittima era Francesca Rosanino, vedova Viotti, che conduceva un commercio di mobili usati.
I particolari del fatto sono riportati sulla Gazzetta Piemontese consultabile qui a fianco.

 


image-1image-1image-116 - Palazzo Caissotti
In via Bligny 10 era di Pier Luigi Caissotti, impiegato di Corte che, dopo una carriera fortunata, nella prima metà del 700, divenne 1° Presidente del Senato Piemontese, fu nominato conte, quindi marchese.

 

 

image-1image-1La casa delle monache
La casa sita nell'isola di San Sigismondo era di proprietà delle monache di Santa Chiara, dai documenti dell'Archivio Storico del Comune possiamo vedere i nomi, l'età, l'origine e la professione di coloro che vi abitavano.

 

 


image-117 - Palazzo Martini
In via della Consolata 3, della famiglia di banchieri Martini Cortesia (1716 - Juvarra). Filippo fu presidente del Senato e conservatore delle gabelle, nominato conte di Cigala da Vittorio Amedeo II.

 

 

 

 

 

 

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20 - Palazzo Cacherano

Via della Consolata 12. Costruito nel XVIII secolo. Nell’800 tagliata l’ala settentrionale per ingrandire la piazza della Consolata.
Dalla parte di via Santa Chiara, c’era la sede dell’antico Senato piemontese: la corte di giustizia che si riuniva qui nel 600.

 


20 - La casa dello scrivano
Francesco Ludovico Soleri (1650 -1721) lavorava al Senato e abitava qui, nell’isola di San Bernardo. Autore di un Diario che racconta gli avvenimenti della città dal 1682 al 1721 e specificatamente dell’assedio del 1706. E’ sepolto nei sotterranei della Consolata.

image-1 20 - Casa Cavallo Rizzetti
Piazza della Consolata 5. Dal 1763 ospita il Bicerin, locale noto per la bevanda omonima. Il bicerin è servito in un bicchiere di cristallo sottile da vino rosso, sul fondo si mette caffè espresso caldo, poi uno strato di cioccolata calda, uno di panna fredda, poi girato e zuccherato.
Se ne preparano diverse versioni: “pur e fior” (latte e caffè), “pur e barba” (caffè e cioccolata), oppure “un po’ d’ tut”.

 

 

image-120 - Colonna romana
ell’isola di San Bernardo (20) all’angolo tra via delle Orfane e via S.Chiara si trovano i resti di una colonna romana.

 

 

 

 

 

 

 

image-1 image-1 image-121 – Santa Chiara
Già monastero delle Francescane scalze (Visitazione), portato all’interno della città nel 1411. La chiesa, solitamente chiusa, è annessa al monastero delle Clarisse.

 

 

21 – Santa Chiara
Vedi la panoramica interattiva a 360°

 


21 – Santa Chiara
vedi le immagini della Chiesa di Santa Chiara dopo il restauro

 

 

 

 

 





image-121 – Ufficio d’Igiene
Primo in Europa, fondato a metà 800 da Fedele Torchio. L’attuale edificio fu costruito nell’ottobre del 1936 dove sorgeva il convento della Visitazione (Francescane scalze) lasciando alle monache solo l’angolo di nord est.

 

 

image-1image-122 - SS. Annunziata
Nel 1570 Istituto povere orfane di Torino. Qui alla fine del 500 si effettuò il primo tentativo di asilo infantile che non ebbe successo.
Attualmente parrocchia ortodossa greca della Natività di S. Giovanni Battista.

 

 

 

 

 

 

image-1image-122 – Casa dell’Orfanotrofio
Venne costruita dall’Orfanotrofio nel 700 come casa da affittare, sul terreno demaniale già occupato dalle fortificazioni.

 

 

 

 

 


22 - Il Fantasma Innamorato
In via delle Orfane 7, il palazzo Barolo, costruito alla fine del 600 per la famiglia Provana di Druent.
Il conte Ottavio Provana di Druent (conosciuto come Monsù Druent) (a sinistra), partigiano di Vittorio Amedeo II contro la madre, Madama Reale Giovanna di Namours, venne imprigionato a Nizza. Nel 1680 rientrò a corte come primo scudiere e gran maestro di guardaroba.
Il palazzo ha fama di sfortuna: nel 1695 crollò lo scalone durante la festa di matrimonio di Elena Matilda figlia del conte (a destra).
Il marito di Matilda era Gerolamo IV Gabriele Falletti che, cinque anni più tardi, litigò col suocero per non aver versato la dote pattuita, a causa dei debiti di gioco.
Gerolamo abbandonò il Palazzo e il padre impedì a Matilda di seguire il marito. La donna, che dall’unione aveva generato tre figli, ne ebbe la mente sconvolta e un anno dopo si gettò da una finestra del primo piano. La leggenda narra che nelle notti di luna piena il suo fantasma si aggiri ancora per il palazzo.
Ecco come venne riportato il fatto da un cronista del 24 febbraio 1701: “...Essendovi molta neve in terra si è gettata a basso da una finestra del primo piano del palazzo di Monsù Druent una figliola moglie del S.r marchese di Castagnole in camiggia non avendo vissuto più di un quarto d’hora, e questo a causa che Monsù di Druent non voleva che la medema andasse a cohabitare con il d.o S.r marchese di Castagnole.”

Monsù Druent fu eccentrico anche nel testamento: ordinò che la sua salma, vestita elegantemente, fosse posta seduta su una portantina e portata in cimitero accompagnata solo da due cappuccini e due poveri.
Con la sua morte Gerolamo ereditò i beni e il palazzo. Dopo di lui ci furono furono soltanto altri due discendenti: Ottavio Alessandro Falletti, uomo di studi, e Carlo Tancredi (1782-1838) ultimo marchese di Barolo, che fu ciambellano e conte dell’Impero. Sindaco di Torino nel 1826-27 e consigliere di Stato nel 1829, avviò la costruzione del Cimitero Generale (su terreno da lui donato) e si dedicò con la moglie, Giulia Colbert di Maulévrier (1786-1864), alla fondazione di scuole e ospedali, ospizi, mense per i poveri, congregazioni di suore e al soccorso degli ammalati indigenti durante l’epidemia di colera del 1835.
In questo palazzo, nel racconto di Laura Mancinelli “Amadé”, suonò il giovane Mozart , nell’inverno del 1771 festeggiando il suo quindicesimo compleanno.

Nell’ala più antica, in un’elegante camera secentesca tappezzata di damasco rosso, Silvio Pellico (immagine a fianco) che vi lavorava come segretario e bibliotecario trascorse i suoi ultimi anni, fino alla morte (31 gennaio 1854). Qui nel 1836 vi incontrò Madame Marbouty, compagna di viaggio di Balzac.
Nel 1825 qui si organizzò il primo asilo infantile del Piemonte che nel 1869 accoglieva gratuitamente 250 bambini di famiglie disagiate. Fu il primo passo del grande investimento benefico della famiglia.
Nel freddissimo inverno di quell’anno il marchese Tancredi fece distribuire seimila razioni di legna ai poveri. Fu ottimo amministratore civico, decurione municipale, segretario della deputazione del Consiglio Generale per l’Istruzione Pubblica e consigliere di Stato di re Carlo Alberto.
All’inizio del 900 venne demolita una parte dell’ala sud per consentire l’allargamento della via Corte d’Appello.
Nel palazzo ora ha la sua sede l’Opera Pia Barolo, un’Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, creata nel settembre 1856 dalla marchesa Giulia, con testamento segreto.



 

22 - Napoleone combina il matrimonio
Giulia Colbert era una francese di Vandea discendente di Jean Baptiste di Maulévrier il ministro delle Finanze del re Sole; Carlo Tancredi, ultimo erede di una delle famiglie più ricche d’Europa, a 18 anni venne nominato paggio imperiale e sarà Napoleone Bonaparte, a combinare il suo matrimonio con la damigella di corte Giulia Colbert. Mediatore di questa unione fu il principe Camillo Borghese. Il matrimonio fu celebrato a Parigi il 18 agosto 1807.
Dopo la caduta di Napoleone la coppia si stabilisce definitivamente nel palazzo di via delle Orfane. Giulia vuole conoscere la sua nuova patria, di cui studia la storia, le abitudini e il dialetto, che vuole parlare per un contatto migliore con la gente più umile. La coppia non può avere figli, decide quindi di adottare come tali i poveri della città.
Di sera palazzo Barolo ospitava l’élite culturale, economica, politica (fra cui Cesare Balbo, il conte di Cavour, i marchesi di Saluzzo, il maresciallo de la Tour, i nunzi pontifici Gizzi, Antonucci, Roberti; gli ambasciatori di Francia, Inghilterra, Austria, Toscana, Spagna; i signori de Lamartine, de Maistre, Rendu), di giorno lo stesso palazzo offre il pasto a ben duecento poveri.

image-1 image-1Nel 1834 la coppia fonda la congregazione delle Suore di Sant’Anna per assicurare una presenza educativa qualificata nell’asilo Barolo: un’iniziativa voluta da laici, un fatto assai raro nella storia degli ordini religiosi.
Promosse anche la creazione della chiesa di Santa Giulia, in Vanchiglia, della Scuola di Borgo Dora, il collegio Barolo, le Oblate di Santa Maria Maddalena, per la cura delle malate dell’Ospedaletto, le Suore di San Giuseppe, chiamate da Chambery alla scuola di Borgo Dora e alla direzione del Rifugio, e le Dame del Sacro Cuore per l’educazione delle figlie dei nobili e dei borghesi.
Il marchese promuove grandi opere urbane per fare di Torino una città più funzionale e più salubre: fa costruire giardini, fontane con acqua potabile, migliorando anche l’illuminazione cittadina.

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image-1Nel 1827 istituisce la prima Cassa di Risparmio torinese per i piccoli risparmiatori: domestiche, commercianti, artigiani.

Nell’estate del 1835 il colera colpisce la città. Giulia e Carlo Tancredi si prodigano per l’assistenza ai malati incuranti dei rischi di contagio. Per l’eroico servizio ai colerosi Giulia riceve la medaglia d’oro dal Governo e il consorte, la cui salute è purtroppo minata irreparabilmente, viene insignito della Commenda dei santi Maurizio e Lazzaro



Giulia si adoperò grandemente anche per le carcerate: si faceva chiudere nelle celle insieme alle detenute, insegnando loro a leggere, scrivere e pregare. Più luce, pulizia e igiene entrarono in quei tristi locali e molte delle detenute, uscite dal carcere, si fecero suore Maddalene, mentre le altre vennero inserite nel sociale con un lavoro dignitoso.
Giulia muore il 19 gennaio 1864.
La Chiesa ha avviato i processi per la loro beatificazione.

 

Vedi i dipinti di palazzo Barolo

Vedi altre immagini di Palazzo Barolo


Vedi l'approfondimento: la contesa secolare di palazzo Barolo

image-122 - L’incendio a casa Bogino
Nella casa delle Orfane, posta di fronte a palazzo Cigala nel 1741 abitava il ministro conte Bogino. La casa venne distrutta da un incendio a causa di una scopa lasciata vicino al caminetto.













image-1image-1image-1La Consolata
Anticamente chiesa di S. Andrea, (929) assunse l’appellativo di “Consolata” nel V secolo, quando il vescovo Massimo pose un’immagine della Vergine in una cappella dedicata a S. Andrea.
Nel X secolo vi si insediarono i monaci esuli dalla Novalesa, cacciati dalla val Susa dai Saraceni; nel secolo dopo il monaco Brunigo restaura la chiesa ed erige il campanile.
image-1Secondo la tradizione è stata ricostruita intorno al 1014 da Arduino, che avrebbe anche fatto edificare una cappella sotterranea, corrispondente all’attuale cripta.

 

 

 

 

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Due statue d’argento sparite
Nel 1707 lo scultore Carlo Giuseppe Plura aveva scolpito una statua in legno della Madonna Consolatrice, che si portava in processione nelle ricorrenze più solenni. Nel 1716 la contessa Enrichetta Maria Ponte di Rossiglione donò al Santuario una statua in argento massiccio, del peso di oltre cento chilogrammi, cesellata dallo stesso Plura.
Nel dicembre del 1798 l’abate Fantini fu obbligato a donarla agli occupanti francesi per fonderla.
Trascorsero altri venticinque anni prima che la Regina Maria Cristina, vedova di Carlo Felice ripetesse la donazione, affidando allo scultore Amedeo Lavy la fusione di una seconda statua d'argento del peso di 117 chilogrammi.
Quando i frati, il giorno 18 aprile del 1853, aprirono la nicchia ripostiglio per mostrarla ad alcuni visitatori, provarono l'amara sorpresa di constatare ch'era sparita pure quella.
Lo scultore Giosuè Argenti tuttavia modellò ancora un ultimo definitivo simulacro della Vergine Consolatrice, di metallo meno appetibile, cioè di rame argentato, che è esposto abitualmente all'interno del Santuario.


L'angolo del patriota
Nell’angolo a destra era solito pregare Silvio Pellico ogni mattina osservato dalle dame che avevano sospirato sulle pagine delle Mie Prigioni.

Consulta le pagine di approfondimento sulla Consolata

Il miracolo del cieco di Briançon
Un nobile di nome Giovanni Ravachio di Briançon, cieco dalla nascita ebbe in sogno la visione della madonna che gli prometteva la vista se, andando in pellegrinaggio a Torino, avesse riportato alla luce la sua cappella dimenticata.
I parenti rifiutano di aiutarlo, lo farà una sua fantesca con la promessa di essere sposata. Arrivati a Pozzo Strada avviene il primo miracolo.Improvvisamente il cieco vede la luce tanto da distinguere la torre di Sant’Andrea. Poi nuovamente buio, ma procede con fede invocando la Vergine e subito si compie il secondo miracolo, l’acquisto definitivo della vista. La notizia si diffonde, arriva anche il vescovo che risiedeva a Testona. Si scava dove il miracolato indica e si scopre l’antica cappella (la data 1104 sembra al Marengo dubbiosa perché nel necrologio del priorato di Sant’Andrea, che sarebbe attendibile, è del XV sec.).

Il quadro miracoloso
Secondo gli ultimi studi si tratta di un’opera della seconda metà del 400, arrivata da Roma quando era cardinale Domenico Della Rovere. La scritta sul retro della tela “Sancta Maria de Populo de Urbe” farebbe pensare a uno studio della Madonna conservata a Santa Maria del Popolo dove la famiglia Della Rovere ha una cappella. La chiesa romana, venne costruita dallo stesso archietteto del Duomo di Torino, Meo del Caprino: le due costruzioni, infatti, risultano molto simili.

 

 

 

 

 


image-1I tondi protettivi
Agli inizi del 900 molti palazzi avevano nell'androne, o in cortile, un tondo di ceramica con l'immagine della Consolata, con lo scopo di proteggere l'edificio e i suoi abitanti.

 

 

 

 

L’incendio dei Saraceni
Intorno al 906 alcuni saraceni, catturati nel corso delle loro scorrerie in Liguria, Piemonte e Savoia, prigionieri in città, fuggirono e diedero fuoco al convento di Sant’Andrea (a fianco della Consolata) dove erano stati rinchiusi. Il fuoco danneggiò anche gli edifici adiacenti.

Il manto imperiale
Il manto purpureo che Napoleone indossò durante la cerimonia di incoronazione a imperatore, andò in eredità alla sorella la quale poi lo lasciò a una nobildonna torinese che lo divise in due parti, donandone una alla Consolata dove fu usato per confezionare arredi sacri.

image-1La torre della polvere
Era il campanile in stile romanico, probabilmente costruito su un’antica torre di guardia, della chiesa di S. Andrea, del monaco Brunigo. Risale all’XI secolo; per la costruzione furono usati anche mattoni romani prelevati dalle vicine mura. Alla base c’è un bassorilievo marmoreo con un motivo floreale.
Nel ‘500, e nei secoli successivi, venne usato come torre di vedetta
Alto 40 metri, per dare più slancio all’insieme , tende al tronco di piramide. Fu sopraelevato già in epoca medievale.
Nel 1406 venne aggiunta sulla merlatura guelfa la cella campanaria. Nei secoli successivi diverse finestre vennero murate e il penultimo piano fu chiuso da un orologio
Nel 1690 venne usata come polveriera e per questo detta anche torre della polvere.image-1

 

 




image-1Colonna del Colera
Voluta dalla Municipalità in ringraziamento alla Consolata per aver fermato l’epidemia di colera nel 1835 proprio alle porte della città.


image-1Torre angolare romana
Nel 1884 durante lavori di restauro alla Consolata venne scoperta la base della torre angolare nord-occidentale della cinta romana. A base quadrata, ma con sviluppo ottagonale, da questa torri si sviluppava la cinta muraria verso est (Porta Palatina) e sud (lungo via della Consolata, verso la scomparsa Porta Prætoria); nei suoi pressi, su via Giulio, sbocca un piccolo fognolo.




image-1Cimitero di S. Andrea
Le tombe erano disposte tra il muro di cinta di età romana e lo spazio occupato un tempo dalla chiesa di Sant'Andrea. Quattro sepolture furono aperte e vi si trovarono degli scheletri in cattive condizioni, privi di qualsiasi elemento di corredo. L'unico oggetto raccolto fu una moneta di Carlo Magno, databile tra la fine dell'VIII e la prima metà del IX secolo.
La tipologia delle sepolture rimanda a quelle ritrovate in gran numero nel cimitero della cattedrale.
È probabile, anche per la scoperta di altri scheletri sovrapposti a queste tombe, che il cimitero sia stato utilizzato ben oltre il periodo altomedievale.

image-1Nel 1750
Nell'immagine a fianco il progetto di ristrutturazione della zona della Consolata in vicinanza delle mura
(cliccare per ingrandire).

 

 

 


image-1La prima birreria
Nel 1845, in via della Consolata 24, Giacomo Bosio aprì il primo birrificio in italia e la prima birreria cittadina, denominata “Giardino”. Nel 1870 si trasferì in corso Principe Oddone 81.
Più tardi in città nacquero la Metzger (1862) e la Boringhieri (1880 in piazza Adriano). Nel 1865 in città erano attivi 114 locali dove si vendeva birra.

Porta Pusterla
Un ordinato del Comune del 1436 stabiliva di affittare case a uso di postribolo nei pressi di Porta Pusterla.

image-1La Piscina
La prima “vasca natatoria” intitolata a Giuseppe Miglio, fu inaugurata nel luglio del 1864 col nome Bagni della Consolata al fondo della via omonima. La novità annunciata dalla pubbblicità era che “non c’era più pericolo di annegare, grazie alla sorveglianza continua”.
Un bagno costava L. 1.25 (4,43 Euro), l’abbonamento a 18, 16 lire (70 Euro).
Per avere un’altra piscina si dovette attendere il fascismo con la costruzione della piscina accanto allo stadio Comunale.




image-1image-1Piazza Savoia
Ospitava il mercato della legna e della paglia al minuto, detta anche piazza delle Pate perchè vi si commerciavano gli stracci. Era anche il luogo di raduno dei campagnoli in cerca di lavoro

 

 

 

image-1L’obelisco anticlericale
Nel 1853 venne inaugurato il monumento in piazza Savoia, dedicato alla legge Siccardi che aboliva i privilegi ecclesiastici. Eretto grazie a una sottoscrizione della “La Gazzetta del Popolo” riporta, incisi, i nomi di tutti i Comuni che collaborarono alla costruzione.
Custodisce una copia delle legge Siccardi e alcuni oggetti simbolo della città: monete, semi di riso, grissini, una bottiglia di barbera e due copie della Gazzetta del Popolo.



Spari contro l’obelisco
In una cassa di legno vennero infatti sepolti vari oggetti dal significato simbolico. All’interno di questa “scatola del tempo” vi sono ancora oggi i numeri 141 e 142 de “la Gazzetta del Popolo”, contenenti l’invito alla suddetta sottoscrizione e il progetto della stele, alcune monete dell’epoca, come si era soliti deporre all’epoca nella prima pietra degli edifici, un chilogrammo di riso, una bottiglia di Barbera ed un fascio di grissini, a rappresentare i prodotti delle terre locali.
Il monumento non mancò di suscitare critiche estetiche e diede anche vita ad alcune superstizioni: la frase incisa sulla superficie che più risalta, ovvero “la legge è uguale per tutti”, puntava dritta in direzione del cimitero generale.
L’obelisco tornò agli onori della cronaca in periodo di guerra, quando venne danneggiato prima dai bombardamenti e poi da alcuni colpi di arma da fuoco. Infatti nella primavera del 1945, quando imperversavano le ultime battaglie per la liberazione, alcuni soldati tedeschi, prima di lasciare la città, spararono alcuni colpi verso il monumento.



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