Gli Infernotti


image-1In piemontese la parola infernòt indica un locale sotterraneo costruito scavando la pietra arenaria o il tufo.
La loro storia d, quindi, è strettamente legata a quella della tradizione vinicola.
Gli infernotti praticamente erano delle cantine (grandi dai 5 ai 9 m2) che agricoltori e contadini utilizzavano per conservare il vino , carni e verdure grazie a particolarialloggiamenti per il ghiaccio.
Molte di queste costruzioni rimaste intatte grazie alla particolare resistenza della pietra arenaria.
La campagna piemontese, in particolar modo la zona del Basso Monferrato Casalese, è ricca di questi locali sotterranei.

Contrariamente alla loro versione di campagna, gli “inferrotti di città”, che venivano costruiti sotto i palazzi, non limitavano la loro superficie all’area sottostante l’edificio ma si diramavano lungo le strade circostanti. Pare che alcuni collegassero anche zone diverse della città e fossero usati in vari periodi storici come nascondigli o vie di fuga dai carbonari, ma anche da criminali.
Gli infernotti più famosi della nostra città sono: caffè del Progresso, via delle Orfane, Cimitero San Pietro in Vincoli e palazzo Carignano
 
Secondo varie fonti, questi infernotti furono protagonisti delle vicende legate alla carboneria in epoca risorgimentale.
In quel periodo di cospirazioni e società segrete sembra che gli infernotti del Caffè del Progresso (locale in corso San Maurizio dove erano solito riunirsi i carbonari torinesi) fossero talmente estesi da permettere ai ricercati, in caso di irruzione delle guardie sabaude, di raggiungere il cuore di corso San Maurizio, la Fetta di Polenta o addirittura le vecchie gallerie di mina e contromina scavate durante l’assedio del 1706.

Sempre nel periodo risorgimentale sembra che altri infernotti, utilizzati come rifugio e via di fuga dai mazziniani, si trovassero sotto un edificio in via delle Orfane, mentre dal cimitero di San Pietro in Vincoli sembra che fosse possibile raggiungere via Garibaldi (via Dora Grossa all’epoca) camminando sotto la città.
 
Successivamente a questo intenso periodo, gli infernotti non furono più usati come nascondiglio da esuli e appartenenti a società segrete, ma iniziarono ad alimentare storie legate a misteriose apparizioni, magia, ma anche a storie di piccola criminalità cittadina.

image-1All’inizio del ‘900 gli infernotti di palazzo Saluzzo paesana furono teatro di uno dei casi più famosi di cronaca nera torinese.
Il 12 gennaio del 1902, la piccola Veronica Zucca, figlia dei titolari del Caffè Savoia, aperto sulla piazza omonima, scomparve nel nulla.
Si sospettò subito di un ex cameriere del bar, che però fornì un alibi inattaccabile e fu rilasciato.
Le ricerche non portarono a nessun risultato.
Dopo alcuni mesi un falegname chiamato a per effettuare alcuni lavori di manutenzione nei sotterranei scoprì i resti della piccola Veronica, uccisa con sedici coltellate e nascosta in un baule.
Il padre di Veronica, il cocchiere del palazzo, nuovamente l’ex cameriere, tutti vennero ritenuti possibili sospettati.
Tuttavia, ancora nessun indizio.
Nel maggio del 1903 scomparve una seconda bambina, Teresina Demaria, che aveva cinque anni e abitava in via della Consolata. Furono subito controllati gli infernotti del Palazzo e fortunatamente, sotto alcuni stracci e vecchi pezzi di legno, fu ritrovata Teresina: ancora viva.
A quel punto, il portiere del palazzo si ricordò di aver fornito le chiavi dell’infernotto a uno spazzino, che negli ultimi tempi era stato visto aggirarsi spesso in piazza Savoia. Lo spazzino si chiamava Giovanni Gioli, ed era semi-infermo di mente: la città aveva finalmente il suo colpevole. Durante il processo, che non fornì comunque certezze sulla sua colpevolezza, Gioli rimase inebetito, con uno strano ghigno sul viso, senza difendersi dalle accuse.
La popolazione chiedeva la pena di morte, ma viste le sue condizioni psichiche, Gioli venne condannato a venticinque anni di carcere. Dopo otto anni morì in carcere, e con lui scomparve la possibilità di scoprire chi era stato il vero colpevole dell’assassinio della piccola Veronica Zucca.

Durante la seconda guerra mondiale,vennero utilizzati come rifugi antiaerei di fortuna.

Negli anni successivi, alcuni degli infernotti cittadini furono riconvertiti in luoghi di incontro culturale e locali mondani (teatri, ma anche discoteche). Tra questi ricordiamo gli infernotti di Palazzo Carignano sede dell’Unione Culturale creata nel secondo dopoguerra da alcuni intellettuali come Cesare Pavese e Norberto Bobbio.