Via Roma vecchia raccontata da Primo Levi


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image-1«Il mio nonno materno aveva un negozio di stoffe nella vecchia via Roma, prima dello sventramento spietato degli anni ’30.

Era un lungo locale tenebroso, munito di una sola finestra, perpendicolare alla via e più basso del livello stradale; a poche porte accanto c’era un altro antro parallelo, un caffè-bar che era stato camuffato da grotta, con grosse stalattiti di cemento brunastro in cui erano incastrati specchietti multicolori;
sul fondo, al banco di mescita erano stati applicati tanti listelli verticali di specchio.

Questi, non so se per caso o deliberatamente, non erano ben complanari, bensì leggermente angolati fra loro: così, chi passava davanti alla soglia vedeva le proprie gambe moltiplicate dal gioco degli specchi, sembrava di averne cinque o sei invece di due, e questo era così divertente che i bambini dell’epoca, cioè noi, si facevano portare in via Roma apposta. […]

A Carnevale, il nonno invitava tutti i nipoti ad assistere alla sfilata dei carri allegorici dal balcone del magazzino. A quel tempo, via Roma era lastricata con deliziose mattonelle di legno, su cui gli zoccoli ferrati dei cavalli da tiro non slittavano, ed era percorsa dai binari del tram elettrico.

 


image-1Il nonno ci procurava un adeguato rifornimento di coriandoli, ma ci vietava di lanciare stelle filanti, specie nei giorni umidi: circolava infatti la leggenda di un bambino che aveva gettato una stella filante bagnata al di sopra del filo del tram, ed era rimasto fulminato.»

“Il fondaco del nonno”, L’altrui mestiere, in Primo Levi, Opere complete, Einaudi, Torino 2016-2018, vol. II, p. 972



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