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Atlante di Torino


 


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incrocio alternativo Quartieri di fanteria Le Piramidi area -H- Casa Tesauro S.Michele Senato Rousseau innamorato Porta Palazzo Piazza Emanuele Filiberto S.Agostino San Michele Le Piramidi Ufficio d'Igiene palazzo Cacherano area - D - San Domenico San Gabriele


I numeri dei titolini corrispondono a quelli dei rispettivi isolati sulla mappa di riferimento qui in alto
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image-1image-1 Piazza Emanuele Filiberto - Ghiacciaie
In questa zona erano situate le Terme Romane. L’acqua dalla Dora affluiva in città attraverso una rete di canali, o Doire, che scorrevano al centro delle strade. Il ramo settentrionale, che seguiva il perimetro interno delle fortificazioni, alimentava i fossati per la formazione del ghiaccio delle Ghiacciaie Pubbliche, in piazza Emanuele Filiberto.
La forma della piazza risale alla fine del 1800 quando dopo l’abbattimento del bastione San Secondo e delle sottostanti Ghiacciaie furono costruiti gli edifici a nord fra i quali l’isola San Matilde progettata nel 1845 da Barnaba Panizza i cui sotterranei ospitavano le nuove Ghiacciaie i cui resti sono visibili nell’attuale parcheggio sotterraneo.
Su questa piazza fino ad alcuni decenni fa c’era un mercato, appendice di quello di Porta Palazzo.

Ladri e postriboli
Da un Ordinato del Comune si sa che nel 1436 in contrada dei Fornelletti (così chiamata perchè c’erano i forni dove si lavorava la seta naturale, rinominata poi via Bonelli) si affittavano case ad uso di postribolo.
La via dava ricetto ai ladri, alle donne pubbliche e ai mendicanti della città, riuniti in una congregazione e con un capo.

image-1image-127 - La casa del boia
In via Bonelli 2 abitava Pietro Pantoni, boia di Torino (che effettuò l’ultima esecuzione il 13/4/1864).

Vedi l'approfondimento e i documenti autografi:
Esecuzioni - Pena di morte

 

 

28 - La casa degli stuccatori

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28 - Leggi: Il convento diventa tribunale


image-129 - Puccini debutta al Regio

Giacomo Puccini (1858 - 1924), nel suo soggiorno torinese abitava in via S. Agostino 15. La sua opera Manon Lescaut venne rappresentata, per la prima volta, a Torino nel 1893. Nel 1896 ci fu la prima, sempre al Regio, della Boheme, diretta da Arturo Toscanini.

 

 

 

 

 

image-1image-1image-129 - Il cimitero dei detenuti
La chiesa di S.Agostino, già esistente nell’ 890, parrocchia nel 1368, dedicata ai SS. Giacomo e Filippo fu ricostruita e assunse il nome odierno nel 1551. Molto danneggiata da secoli di incuria, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 venne rimaneggiata dal conte Carlo Ceppi.


Sotto il campanile veniva seppellito il boia di Torino nel chiostro attiguo c’era il cimitero dei detenuti.

 

 

 



image-1image-129 - Isola di S. Agostino

 

 

 

image-129 - Pavimentazione romana
Nel corso dei lavori di restauro del convento di Sant’Agostino tra via delle Orfane e via Santa Chiara, sono emersi ritrovamenti archeologici di eccezionale consistenza. Si tratta di un vasto piano di epoca romana imperiale risalente circa tra il I e il III secolo, probabilmente utilizzato come locale commerciale o pubblico, con decorazioni a mosaico rappresentante la figura mitologica del cacciatore Atteone, sbranato dai suoi cani.   Il progetto “Quadrato” per il recupero del convento di Sant’Agostino si sviluppa su cinque piani fuori terra, un piano sottotetto ed un piano interrato; comprende un ampio cortile interno e fa parte del più vasto complesso conventuale degli Agostiniani realizzato a metà del XVI secolo. I locali sono stati occupati dall’ex conservatorio e successivamente dal tribunale, sezione civile. Il progetto prevede la realizzazione di box interrati in corrispondenza dell’ampio cortile.

image-1image-130 - Senato
L’origine del Senato Piemontese, cui era demandata l’amministrazione della giustizia, è antichissima, in quanto succedeva al Consiglio Permanente, istituito nel 1424. Emanuele Filiberto lo riformò chiamandolo Senato Italico (doveva presiedere agli Stati italiani da lui controllati)
La Camera dei Conti che decideva sulle controversie relative al patrimonio dello stato, nel 1577 fu stabilita permanente in città.
Fin dal 1430 era operativo l’ufficio dell’Avvocato dei Poveri che provvedeva alla difesa gratuita degli indigenti. Il 6/3/1839 il Senato si riunì in questa nuova sede.

image-1image-130 - Tribunale - Prigione - Malavita
Vedi la pagina di approfondimento

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Vedi anche la monografia: Esecuzioni - Pena di morte

Leggi l'approfondimento sulla "24/11/1943 assalto al Tribunale per impedire un processo"

image-130 - L'ufficio maledetto
Al tribunale, nell'ufficio del magistrato cavalier Adami, giudice conciliatore, il 20 gennaio 1897, il colonnello Fracchia sparò a bruciapelo alla moglie, uccidendola all'istante, mentre si tentava di conciliare la loro causa di separazione.
Proprio nello stesso ufficio, sette anni prima, mentre si discuteva di una causa di separazione coniugale, il marito si avvicinò alla finestra e si gettò nella sottostante via San Domenico, rimanendo cadavere.

 

 

Leggi la storia e l'approfondimento dell'omicidio del colonnello Fracchia

 

 

 


30 – Il magistrato poeta
Qui fu magistrato Giovanni Camerana (1845-1905) che si dedicò agli studi di legge per volontà paterna. Poeta della Scapigliatura si autocensurò perchè non riteneva compatibile il suo ruolo di giudice con la poesia, per questo le sue opere furono pubblicate solo postume. Il profondo disagio esistenziale e la malattia psichica lo portarono al suicidio.

 

 






30 - La prima donna avvocato in Italia
Lidia Poët (1855 – 1949) è stata un'avvocatessa italiana, la prima donna ad entrare nell'Ordine degli Avvocati in Italia.
Leggia la sua storia.

image-135 - Le Piramidi
Nel cortile di via Bellezia 29, ricostruito dopo i bombardamenti della II guerra mondiale, al primo piano era stato creato un passaggio a croce per collegare le vie laterali: su questa via interna pensile ora si aprono terrazzi degradanti creando una sorta di piramide rovesciata.

 

 

image-135 - Una canzone da Oscar
"Ciribiribin": questo valzer è la canzone piemontese più conosciuta nel mondo. Essa venne composta nel 1898 da Carlin Tiòchet, pseudonimo di Carlo Alfredo Occhetti, (1868 -1912) e musicata da Alberto Pestalozza (1851-1934).
Carlin si trasferì da giovanissimo a Torino, città dove iniziò l'attività di scrittore in lingua piemontese, che imparò così bene al punto di autodefinirsi "Toscano per sbaglio".
Collaborò con diversi periodici, usando lo pseudonimo "Carlin Tiôchet" (italianizzato in "Carlo Tiochet").
Fu il fondatore del settimanale piemontese «La birichina», da lui diretto per circa vent'anni; scrisse anche alcune commedie dialettali e testi di canzoni, collaborando con il compositore Alberto Pestalozza, ad esempio 'L Lunes.

image-1image-1La particolarità di “Ciribiribin” è che il testo originale è in lingua piemontese, e in piemontese avvenne la prima esecuzione a Torino, da parte della soubrette austriaca Mitzi Kirchner. Piacque subito a tutti, e tutti ne richiesero a gran voce una versione italiana, che Carlin Tiòchet provvide a redigere. Ma ormai la canzone aveva valicato le Alpi, per diffondersi per il mondo: fu tradotta in francese, in inglese, in tedesco, in spagnolo, sempre tra l’entusiasmo del pubblico. Tutti i cantanti la vollero nel repertorio, e nel 1909 la incise persino Enrico Caruso. Nel 1935 il film “Una notte d'amore” (One Night of Love), diretto da Victor Schertzinger e interpretato dalla soprano Grace Moore, grazie all’utilizzo di “Ciribiribin” nella colonna sonora (e alla sua interpretazione da parte di Grace Moore), vinse l'Oscar come migliore colonna sonora.
Dopo una malattia che lo rese infermo, Carlin decise di porre fine alla sua vita suicidandosi con un colpo di pistola al cuore all'età di 49 anni, nel suo alloggio al terzo piano di via santa Chiara 12 bis.


36 - Casa Tesauro
Al n. 10 di via San Domenico (palazzo non più esistente) c’era la casa dello storico Emanuele Tesauro (1592-1675)

 

 

 

 

 

 

 

 

image-137 - Rousseau innamorato e esibizionista
Jean Jacques Rousseau (1712-1778), racconta nelle “Confessioni” che giunse a Torino a 16 anni, senza un soldo. Entrò nell’ospizio dello Spirito Santo per abiurare il calvinismo. Abitava in via Po, presso una donna che affittava nella sua soffitta un letto in una stanza comune a un soldo al giorno. Trovò lavoro come incisore di vasellame nella bottega di Madama Basile, in via Porta Nuova (v. Roma - anche se qualcuno colloca questa bottega in v. dei Mercanti). Venne cacciato perchè, essendosi inamorato della donna, aveva osato baciarle la mano. Alla sua descrizione della signora Basile si ispirò poi Stendhal per il personaggio di madame Renal nel suo “Il rosso e il nero”.
Il giovane Rousseau racconta le sue prime esperienza di vita: come respinse le brutali avances omosessuali di un catecumeno, del suo amore timido, impacciato e sfortunato per il gentil sesso, che lo portò anche a manifestazioni di esibizionismo, in luoghi appartati: “dove potessi espormi di lontano alle persone dell’altro sesso nello stato in cui avrei voluto star loro vicino...”
Diventò valletto della contessa de Vercellis, cui scriveva le lettere sotto dettatura, tra via Botero e via Stampatori. Alla morte della contessa si impiegò dal conte Solaro, in via S.Domenico 11. Anche qui si innamorò della figlia ma in un momento di emozione le versò del vino addosso. Cacciato nuovamente, tornò in Savoia dove ebbe inizio il suo brillante futuro di filosofo.

La contrada degli stracci
Via Corte d’Appello, già contrada del Senato, era detta “contrà d’le pate” perchè c’era il mercato dei cenciaiuoli e dei rigattieri.

37 - Antico palazzo Cavour
In quest’isola sorgeva palazzo Cavour prima del trasferimento all’attuale posizione, all’8 della via omonima, nell’isola di Sant’Agnese (105).

37 -Il leader della destra
Giuseppe Maria Solaro della Margarita fu il comandante dell'artiglieria a Torino, durante l’assedio del 1706.
Profondo conoscitore della lingua e del latino, il Solaro si cimentò più volte in esperimenti letterari; quanto redasse circa l'assedio, col titolo di Journal Historique du Siege de la Ville et de la Cittadelle de Turin l'Annèe 1706 rappresenta una delle più fedeli testimonianze dello svolgimento dei fatti bellici e civili, anche se l'autore non la riconobbe né la firmò mai.

Clemente Solaro, conte della Margarita (1792 - 1869) abitava in via S. Domenico 11. Fu leader della destra: “Una sola è la Destra e vi appartengono tutti coloro che la Religione, il bene e la gloria dello Stato hanno in mira”. Studiò giurisprudenza quando il Piemonte era sotto il dominio francese, fedelissimo di casa Savoia, rinunciò a conseguire la laurea, perché così avrebbe riconosciuto l’autorità dell’usurpatore.
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image-1Rimediò dopo la restaurazione. Nel 1816 entrò nel servizio diplomatico. Carlo Alberto nel 1835 lo nominò ministro degli affari esteri. Devoto al Papa, legato ai Gesuiti, amico dell’Austria, si oppose a ogni innovazione politica. Quando scoppiò la prima agitazione in favore di riforme costituzionali, il re rinunciò ai suoi servizi, nonostante avesse condotto gli affari pubblici con abilità e lealtà, innalzando la dignità del regno nei confronti dell’atteggiamento arrogante del governo di Vienna. Nel 1853 fu eletto deputato ma continuò a considerare il suo mandato come derivato dall’autorità del re e non dalla volontà popolare. Come leader della Destra cattolica del parlamento si oppose radicalmente alla politica di Cavour. Al momento della proclamazione del Regno d’Italia si ritirò dalla vita pubblica.

image-137 - Il Museo d'Arte Orientale - MAO
In via S.Domenico 11 ha sede nel palazzo Mazzonis, già Solaro della Chiusa, ha sede il Museo d'Arte Orientale (MAO).

Consulta: visita virtuale del Museo d'Arte Orientale (MAO)

 

 

image-137 - Il palazzo sfortunato
Nell’androne di palazzo Mazzonis, in via San Domenico 11, che ospita il MAO (Museo d’Arte Orientale) è ancora visibile una bomba inesplosa di un’incursione inglese del 13 luglio 1943. Nel corso dell’assedio del 1706 una granata francese cadde nel cortile dopo aver sfondato il tetto di un magazzino, senza esplodere. Lo stesso accadde nel 1790 durante l'assedio austro russo: la granata (ora scomparsa) venne recuperata e murata sotto una nicchia sovrastante una fontana nel cortile.

 

 

 

 

 

 

 

 

37 – La casa del maresciallo
In via San Domenico 9 abitò il maresciallo Wilrich Philip Daun, prima di trasferirsi a palazzo Graneri (via Bogino 9) da dove diresse le operazioni di difesa durante l’assedio del 1706.

 

 

 

 

 

 


image-1Porta Palazzo
Chiamata così per la vicinanza col Palazzo cui appartenevano le torri Palatine. Vi era ubicata la porta che via via prese il nome di: Principale Destra (romana), Ducalis (Longobarda), Comitali (Franca), poi denominata Turrianica e Doranea.
Nel 1706, alla fine dell’assedio, da qui uscì la sortita di 12 battaglioni della guarnigione che parteciparono alla battaglia decisiva contro i francesi. Una volta conseguita la vittoria Vittorio Amedeo II e il principe Eugenio rientrarono in città da questa porta che fu ribattezzata “Vittoria”.
A settentrione, al di fuori della porta Doranea, si sviluppava il borgo Dora con abitazioni, chiese e le prime industrie. Grazie alla vicinanza col fiume dal quale vennero derivati alcuni canali (l’ultimo, il canale dei Molassi, è stato ricoperto solo nella seconda metà del XX secolo), qui sorsero le prime industrie, legate all’utilizzo dell’acqua (mulini e concerie): i documenti medievali parlano dei mulini di Ratperto (827) e del Comune (intorno all’anno Mille), e della fabbrica di panni di Amedeo VIII (1427).
Il mercato sulla piazza era chiamato “della frutta”, agli inizi del 1700 prese il nome di mercato di porta Palazzo.
All’angolo con via Milano il Caffé Durando; al 4° piano una delle case in cui abitò Rosa Vercellana, la Bela Rosin, amante di Vittorio Emanuele II.

Il mercato
Venne aperto in Piazza Emanuele Filiberto (ora Piazza della Repubblica) nel 1835 per disposizione del Vicariato di polizia che, a causa di un’epidemia di colera, proibiva la vendita di alimentari nelle piazze “delle Erbe” (l’attuale Palazzo di Città), “Corpus Domini”, chiudendo anche il Mercato del burro, che si teneva nel cortile del Municipio (denominato appunto Cortile del Burro).
Nella metà dell’800 la disposizione dei mercati era ordinata così:
in Piazza Emanuele Filiberto: a Nord Ovest “frutta, castagne, funghi e meloni”; a Nord Est “pollami, volatili e uova”, “cacio nostrano e dell’estero, sia fresco che vecchio”;
a Sud Est, “pesci d’acqua dolce”;
a Sud Ovest, “chiodi”; 
sul piazzale del Borgo Dora “erbaggi, patate e asparagi”.
Nell’area di Sud Ovest – Nord Est, si vendevano generi commestibili al minuto. I clienti, soprattutto le massaie, venivano al mercato alla mattina, i meno abbienti alla chiusura in quanto i prezzi venivano ridotti.
La disposizione attuale della piazza risale 1836, con l’apertura del mercato del pesce e del mercato alimentare nella parte Sud. Nel 1916 venne aperto il “Padiglione dell’Orologio” (che ora ospita il mercato del IV alimentare).
Nel 1963 di fianco a quello dell’Orologio venne costruito un padiglione per l’abbigliamento, poi sostituito dall’attuale “Mercato dell’abbigliamento”, dell’architetto Massimiliano Fuksas, al cui interno si possono vedere due delle antiche ghiacciaie.

Vedi le immagini del mercato di Porta Palazzo nel corso degli anni

Porta Pila
E’ la denominazione che i vecchi torinesi usano per i dividere Porta Palazzo. Questo nome deriva da un gioco «pila o croce», molto simile all’attuale «testa o croce», che si praticava dopo la chiusura del mercato utilizzando vecchie monete. Così ben presto la parola «pila» venne usata per identificare i soldi, gli stessi che venivano usati per fare compere al mercato.

image-1Le regine di Porta Palazzo
Un vero e proprio concorso di bellezza ante litteram, nell'800, eleggeva ogni anno la regina di Porta Palazzo.

 

 

La trattoria del grande tenore
A Porta Palazzo c'era la Trattoria del Centauro, conosciuta anche come Trattoria dei Pesci Vivi. Era un locale modesto gestito da Carlo Tamagno. Uno dei suoi 15 figli (dieci dei quali morti in giovanissima età, chi per colera e chi per tubercolosi), Francesco (1850 – 1905) detto "Cichin" vi lavorò fin da piccolo come cameriere. Ancora ragazzo perse la madre Margherita Protto alla quale era molto affezionato.
Iniziò a prendere lezioni di canto e faceva settimanalmente i suoi esercizi corali coi suoi compagni, sotto le arcate del Ponte Mosca, per non disturbare nessuno con i suoi possenti vocalizzi.
Divenuto celebre si esibì nei più importanti teatri del mondo, mantenendo però un tenore di vita frugale e parsimonioso.
Soggiornava solo in alberghi di livello medio-basso, viaggiava in treno sempre in seconda classe, lavava da sé tutti i suoi vestiti e portava da casa le candele per evitare di pagarle a un prezzo più alto.
Questo gli permise di accumulare un ingente patrimonio che lasciò alla figlia, tranne 40.000 lire che volle destinare a tre asili torinesi e all’Ospedale Maria Vittoria.
La sua tomba è la più nota e vistosa nel Cimitero monumentale.

image-1Litri non giusti
La sera del 28 ottobre 1870, un gruppo di operai comprendente Antonio Rapetti e Giuseppe Gieninetti, entra nel caffè Milanese sulla piazza Milano, il tratto porticato dell’attuale piazza della Repubblica, allo sbocco della via Milano. Ben presto nasce una lite con l'oste (che secondo gli avventori non serviva la giusta quantità di vino) che degenera in rissa. Il fatto viene discusso in Pretura, meritando un lungo articolo sulla «Gazzetta Piemontese». I due operai sono condannati ad alcuni giorni di carcere.

image-1L'orologio a suoneria
Piazza della Repubblica 7. Una delle quattro altane poste agli imbocchi di corso Regina Margherita (architetto Blanchier, 1832) sormontata dall'orologio a suoneria (progetto del 1869) installato dal proprietario Leone Bestente.
L'edificio è stato abbattuto e ricostruito.

 



Lo storico
Al n. 1 di piazza Milano (il primo slargo venendo dal centro) al 2° piano, abitava Luigi Cibrario (1802-1870), poltico, letterato, autore di una famosa Storia di Torino.
Fu ministro delle finanze nel governo d'Azeglio nel 1852, e della Pubblica Istruzione nel primo governo Cavour (1852-1855). Quando il Piemonte entrò nella guerra di Crimea, Cibrario sostituì Cavour come ministro degli esteri.
Nel 1856 fu nominato Primo presidente onorario di Corte d'appello.
Nel 1869 presiedette la Commissione Cibrario, istituita per dirimere vari problemi archivistici e formulare un regolamento delle biblioteche governative, Archivi di biblioteche: per la storia delle biblioteche pubbliche statali.
Fu anche alpinista e presidente della sezione di Torino del CAI; per sua iniziativa venne costruito il rifugio alpino che porta il suo nome.

 

 

 


image-1Cirio inventa la conservazione
Al n. 24 di piazza d’Italia lavorava Francesco Cirio (1836-1900) fondatore a metà 800 dell’omonima ditta alimentare. Iniziò acquistando verdura a Porta Palazzo in prossimità dell’ora di chiusura, poi la rivendeva a domicilio nei quartieri periferici.
Nel 1856 prese in affitto un locale in via Borgo Dora 34. Qui con l’ausilio di due caldaie sperimentò un metodo efficace per conservare i piselli, poi i pomodori. L’Esposizione Universale di Parigi nel 1867 decretò il suo successo internazionale. Alcune speculazioni finanziarie sballate gli fecero perdere la Cirio (che passò alla famiglia Signorini) e buona parte del suo patrimonio.


43 – San Michele
Chiesetta fondata nell’XI secolo (1° documento risale al 1188) lungo le mura. Demolita nel 1731 per la rettificazione di via Milano.
Nel Medioevo vicino alla porta “Sancti Michaelis”

image-1image-143 - Palazzo Novarina di Spigno
In via Santa Chiara 8, fu teatro della storia d’amore fra Vittorio Amedeo II e Teresa Canalis. Rimasti vedovi, i due si sposarono morganaticamente, e la Canalis divenne marchesa di Spigno, ma la storia non ebbe un lieto fine e per questa ragione il motto dei Savoia “FERT” venne rielaborato con la frase “Foemina erit ruina tua”. Questa storia ispirò il film “La putain du Roi” con Thimoty Dalton e Valeria Golino.
Durante il periodo napoleonico il palazzo ospitava una Loggia Massonica.

 

43 - «CORT DEL CANòNICH»
Così è confidenzialmente chiamato il cortile della casa di via Milano 13 il cui portone si apre di fronte alla Basilica Mauriziana. Nel cortile, pavimen­tato a ciottoli, sul fondo sorge una modesta casetta: la Canonica della chiesa del Corpus Domini. Una convenzione del 1655, fra il Comune e la Congre­gazione dei preti secolari, istituita per il servizio della chiesa del Corpus Do­mini, stabiliva, per questi, vita in comune sotto un superiore ed in una di­mora da assegnarsi dalla città. La prima casa fu vicina alla chiesa e poi nel Palazzo di Città e dopo ancora davanti a San Domenico. Nel 1763 il Comune fece costruire la casetta nel cortile di via Milano. Nel cortile è una lapide in memoria del Beato Cottolengo che fu canonico del Corpus Domini e qui abitò.

43 - Un amore durato 60 anni
Anna Carlotta Teresa Canalis nacque il 23 aprile 1680, nel palazzo di via Bogino angolo via principe Amedeo. Nel 1695 Giovanna Battista di Savoia Nemours la nominò damigella d’onore a Corte dove frequentò Vittorio Amedeo II col quale ebbe una relazione. Vi rimase fino al 21 aprile 1703 data delle nozze con Francesco Ignazio Novarina, primo Scudiero di Madama reale. Lei bella, di famiglia ricca e illustre, era andata sposa a un nobile di secondo piano, brutto e di vent’anni più vecchio di lei.
Anna ebbe otto figli tra cui Paolo Federico (l’eroe della battaglia dell’Assietta) e nei ventun anni di matrimonio con il conte Novarina fu madre e sposa felice e fedele. Francesco Ignazio morì il 25 settembre 1724 lasciando la vedova e i figli ancora in tenera età. Anna riprese più attivamente la frequentazione a corte dove riaccende la fiamma con Vittorio Amedeo II. Lei elegante, ancora bellissima, secondo la descrizione del barone Carutti: “...era presso al decimo lustro, bruna, ben fatta, occhio nero e vivace, bellezza ribelle agli anni, pericolosa all’età prima e alla matura”.
Anche Edmondo De Amicis, più tardi, ne rimarrà colpito ammirandone un ritratto conservato al monastero della Visitazione di Pinerolo.
Re Vittorio Amedeo, rimasto vedovo nel 1728, la sposò in segreto (con dispensa papale di Benedetto XIII perché un Cavaliere di San Maurizio e Lazzaro potesse sposare una vedova) il 12 agosto 1730, nella cappella del Palazzo reale; i testimoni furono Lanfranchi e il cameriere Barbier. Abdicò il 3 settembre 1730 in favore del figlio Carlo Emanuele. Quindi si stabilì con Anna Carlotta a Chambéry e il 18 gennaio 1731 la nominò marchesa di Spigno. Dopo un anno Vittorio, secondo alcuni spinto proprio dalla moglie, si pentì dell’abdicazione e il 25 agosto 1731 partì alla riconquista del regno. La sera del 28 settembre 1731 Carlo Emanuele, consigliato dal marchese d’Ormea, firmò l’ordine di arresto eseguito con la forza da dodici ufficiali comandati dal conte di Perosa, che trascinarono via la marchesa seminuda sopraggiunta in aiuto al re. Vittorio Amedeo fu condotto nel Castello di Rivoli dove rimase prigioniero per tredici mesi, morì poi nel Castello di Moncalieri il 31 ottobre 1732. La marchesa fu trasferita nella prigione del castello di Ceva, con le donne di malavita e solo l’11 dicembre 1731, dopo le accorate suppliche dell’ex re, le fu permesso di raggiungerlo a Rivoli. Alla morte di Vittorio Amedeo le fu imposto di ritirarsi in convento della Visitazione a Pinerolo, dove visse ritirata per trentasei anni, senza tuttavia vestire l’abito di monaca. Morì a 89 anni l’11 aprile 1769 e, per suo espresso volere, fu sepolta nella cripta del monastero senza alcuna lapide.

image-143 - Tre Galline
Trattoria attiva, nella via omonima, fin dal 1575. Nel dopoguerra era frequentato abitialmente da Cesare Pavese e Raf Vallone, che dopo aver giocato nel Torino e partecipato alla Resistenza, prima di diventare attore cinematografico, dirigeva la terza pagina (arte e cultura) dell’Unità che aveva la redazione in corso Valdocco 4.

 

 

 

Il mago strangolato
Nel settembre del 1838 il corpo del mago Enrico Odeboto viene trovato in via Tre Galline strangolato da un cordino. La sua morte rimarrà misteriosa.

44 - Casa Bertolotti
In via Santa Chiara 1 morì Davide Bertolotti (1784-1860), scrittore romantico autore di una dettagliata descrizione di Torino.

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image-1Contrada d'Italia
Corrisponde all'attuale via Milano. Il nome di Milano fu dato alla via in occasione del dono fatto dai milanesi a Torino del monumento dell'Alfiere dell'esercito sardo, posto davanti al Pa­lazzo Madama nel 1859. Anticamente questa contrada era stretta e tortuosa. Il primo tratto venne sistemato nel 1659 in occasione della costruzione del nuovo Palazzo Comunale, ma i la­vori si erano fermati alla chiesa di San Domenico la cui navata laterale de­stra usciva dal progettato allineamento. Nel 1729 Juvarra progettò l'allar­gamento e la rettifica dell'intera arteria ed ancora nel 1755, con la sistema­zione della piazza delle Erbe, il progetto dell'Alfieri portò qualche modifica, anche se non furono eseguiti tutti i lavori progettati, fra cui il porticato a cavallo della contrada come sull'altro lato.

image-1image-1image-144 - L’Inquisizione a San Domenico
La chiesa di San Domenico ha origine nella seconda metà del XIII secolo, forse fondata dallo stesso S. Domenico durante un soggiorno a Torino nel 1216, quando i Domenicani si insediarono in una chiesa disposta trasversalmente rispetto all’attuale.
Nel ’300 ebbe inizio la ricostruzione terminata solo nel ’400.
Fu sede dell’Inquisizione che, dal 1252, vi decretò 80 condanne a morte. Qui fu giudicato anche Rousseau.
Vi era annesso un cimitero e il carcere dell’Inquisizione.
Qui è sepolto lo storico Filiberto Pingone.

image-1Nel 1630, durante la peste, fu praticata un’apertura, protetta da una grata, per permettere alla gente di assistere alla Messa, senza entrare in chiesa.
Nel 1729 cimitero e carcere vennero eliminati nel corso della rettifica di via Milano, la chiesa fu accorciata di oltre quattro metri. Nel 1765 venne distrutta da un incendio e ricostruita allineata alla nuova contrada d’Italia (via Milano)
Ad inizio 800 fu costruita una cancellata per impedire ai malviventi di usufruire del diritto d’asilo
A sinistra dell’Altare Maggiore la cappella delle Grazie conserva l’unico ciclo di affreschi trecenteschi a Torino
E’ il solo edificio gotico in città. Nei secoli XVII e XVIII fu barocchizzato, nel 1906 riportato allo stile originale.

 

 

 

 

Leggi la monografia di approfondimento sulla chiesa di San Domenico

 

44 - I pirati piemontesi
Prima di combattere a fianco dei veneziani nella battaglia di Lepanto (il gonfalone della flotta piemontese è conservato nella chiesa di San Domenico) la piccola flotta sabauda, composta da 3 galere, comandata da Andrea Provana di Leynì, si dedicò anche alla pirateria, assalendo spesso le navi della Serenissima.
Le galere erano spinte dalle vele, quando c’era vento, e dai forzati incatenati ai remi. Per questo compito terribile c’era bisogno di gente robusta, così Emanuele Filiberto, condonò varie condanne a morte e comprò anche alcuni condannati dal ducato di Ferrara, per metterli ai remi.
Così il Provana scrive di due condannati a morte per sodomia: “Se valessero poco o niente per servire nelle galere, li potete far bruciare. Ma se si trovassero assai buoni, visto il gran bisogno che abbiamo di forzati, si potranno tenere con fargli tagliare naso e orecchi...”.

 



44 - Gli eretici liquidano l’Inquisitore
Pietro Cambiasi di Ruffia, dominicano, nella seconda metà del 1300 era Inquisitore a Torino, dove operava nella Chiesa di San Domenico. Nel 1365 venne assassinato, mentre era a Susa, da un manipolo di eretici. Nel 1516 le sue spoglie vennero trasferite in San Domenico. Anche il suo successore, Pavone, cadde sotto le lame degli eretici nel 1374.

image-144 - Il Beccamorto
Anticamente per accertare un decesso si usava appendere agli alluci del soggetto due campanellini : il tintinnio provocato dalle estreme contrazioni ("tirè i caosset") dimostrava il passaggio dalla vita alla morte.
Successivamente i medici usavano uno specchietto: avvicinato al volto del presunto cadavere, era sufficiente un piccolo alito per appannarlo dimostrando l'esistenza in vita.
Una strana usanza per accertare l’effettivo decesso è narrata dal Protomedico Gian Franco Fiochetto nel suo "Trattato della peste et mortifero contagio", cronaca dell’epidemia del 1630. Il compito di accertare se il presunto cadavere potesse essere sotterrato era demandato al sotterratore che doveva mordere il corpo da verificare. Un compito poco piacevole che veniva eseguito il più rapidamente possibile, sembrando più una beccata che un morso. Da qui i termini di "beccamorto" e "becchino”.
Una donna distintamente vestita, mentre passava davanti alla chiesa di San Domenico fu colta da grave stanchezza e volle una sedia per riposarsi. "Sedendo in quella rese l'anima a Dio senza lamento nè un minimo sospiro, il che fece credere ai vicini , ed a me stesso , che riposasse, tenendo il corpo e il capo rigido con gli occhi aperti...finchè due giorni dopo camminando io per la stessa strada, ritrovatola nella medesima positura e senza segno di respirazione, mandai tosto i Beccamorti per essa".
Per questa pestilenza era stato impiantato un lazzaretto oltre la Dora, in Regione Maddalena, affidato alle cure dei Padri Cappuccini.

44 - Un cattivo amministratore
Il conte Benso, nel 1697, fu protagonista di una rocambolesca fuga dalla prigione sita alla porta di Po (dove si custodivano le persone di riguardo) per rifugiarsi a San Domenico.
Qui i gendarmi lo catturarono violando il diritto d’asilo che salvaguardava le chiese. Ne scaturì un incidente risolto con la consegna del prigioniero al convento della Madonna degli Angeli. Vittorio Amedeo II, tre anni prima, aveva concesso Pino e Mongreno, come feudi, al conte che si dimostrò cattivo amministratore. Coinvolto in uno scandalo a corte, fu arrestato, privato dei suoi beni e bandito dallo stato.

image-145 - L’albergo di Mozart e Napoleone
In via Corte d’Appello 2 l’albergo Dogana Vecchia, aperto tuttora. Ricostruito dopo l’incendio del 1840. Tra gli ospiti illustri: Mozart , Napoleone I°Console e Giuseppe Verdi .

 

 



45 - L’apostolato del Cottolengo
Qui nel 1827 il beato Giuseppe Cottolengo (1786-1842) iniziò la sua opera. Una donna incinta, Anna Maria Gonnet, indigente non era stata accettata all’Ospedale Maggiore nè alla maternità, così fu ospitata nelle scuderie dell’albergo Dogana Vecchia, tuttora esistente.
Dalla vicina chiesa del Corpus Domini accorse il canonico Cottolengo per dare l’estrema unzione alla madre e battezzare la neonata prima che muoia.
Dopo questa triste esperienza Cottolengo aprì la sua prima casa d’accoglienza alla Volta Rossa (via Palazzo di Città).

 

 

 

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