Interrogatorio del personale dell'UPI
(Ufficio Politico Investigativo)
della Guardia Nazionale Repubblicana
che operava
nella caserma di via Asti


TULLIO DE CHIFFRE: comandante del gruppo d'azione giovanile
della brigata nera Ather Capelli NERA“ATHER CAPELLI”

Interrogatorio del 28.6.45 presso la Questura.

“ Tengo a precisare alcuni punti sulla mia attività dal mese di settembre 1944 al giorno dell’insurrezione.

Partecipai ad azioni di propaganda verso gli sbandati e renitenti e partigiani perchè ritornassero nelle
loro case essendo io riuscito ad ottenere dal comando germanico che tutti coloro che si fossero presentati
sarebbero stati muniti di un lasciapassare bilingue e avrebbero potuto rientrare nella vita normale.
In seguito a tale azione ebbi violenti discussioni con il federale Solaro, il quale, mi accusò di aver favorito
lo svernamento dei partigiani impedendo anche il loro controllo e ottenendo per essi il rientro alle loro case.
Mi fu allora proibito di svolgere propaganda anche perchè nella mia propaganda non parlavo di fascismo
come si sarebbe voluto.

Nello stesso tempo veniva scoperto dal Solaro che io avevo prestato giuramento al Movimento Giovani
Italiani Repubblicani (MGIR) di Milano, il quale movimento raggruppava giovani di tutte le idee politiche
e tendeva a sostituirsi al partito fascista repubblicano pur avendo in programma la continuazione della guerra.
In seguito a questi fatti i rapporti fra me e il mio gruppo e il Solaro e i componenti della federazione,
divennero assai tesi.
Sino acché giunse al mio arresto e al disarmo di tutti i miei uomini.
Il gruppo e la mia camera furono allora minutamente perquisiti ma ero già riuscito a far sparire i documenti
del MGIR per cui le accuse che mi muoveva il Solaro non trovarono prove materiali.
Fui rilasciato verso la fine di dicembre e ciò dopo tre giorni di detenzione in camera di sicurezza
della brigata nera di Via Cernaia.

Intendendo allora farmi smobilitare, chiesi visita e con l’aiuto del dottore potei fermarmi a casa.
Ma il giorno dopo fui mandato a prendere dal Solaro che mi tenne nell‘infermeria con la proibizione di uscire.

Verso la fine di gennaio improvvisamente si mutò il contegno del Solaro nei miei confronti e anzi mi
disse per telefono che mi avrebbero portato con se da Mussolini in visita.
Molto stupito del fatto ne feci informare il Prefetto Carnazzi per mezzo di una ragazza che era venuta a
farmi visita in infermeria e ciò perché temevo che il Solaro mi giocasse qualche trucco.

Il Carnazzi mi sconsigliò in maniera assoluta di fare il viaggio con Solaro.
Uscendo dall‘infermeria ebbi 15 giorni di convalescenza durante i quali avrebbe dovuto effettuarsi il viaggio.
Allo scopo di non accettare l’invito del Solaro, io mi resi irreperibile.
Ritengo che uno dei motivi che avevano provocato la crisi con Solaro fossero i rapporti che io avevo
stretto con Gianni Furia comandante di una formazione del C.L.N. e con i suoi uomini.
Tale relazione era iniziata per accordi su eventuali scambi di prigionieri ed anche perche essendo io iscritto
al MGIR non avevo nulla in contrario a collaborare con lui.
Infatti, con Gianni e alcuni suoi uomini su un camion della federazione di Torino e uomini della brigata nera
ai quali avevo detto essere il Gianni ed i suoi uomini della polizia, andammo a Piossasco per requisire
dei viveri che erano necessari per gli uomini del Gianni.
In un’altra occasione accompagnai con tre miei uomini il Furia per garantire una loro operazione che
consisteva nella requisizione di una motocicletta e per accertare l’attività del proprietario.
Altra volta verso la fine del mese di febbraio 1945, mentre facevo parte della brigata nera, accompagnai
lo stesso Gianni Furia dal Federale Solaro tacendo la sua qualità, presentandolo come un mio amico
per ottenere la liberazione di uno dei suoi uomini che pur essendo munito dei documenti dell’Ispettorato
del lavoro,era stato arrestato.

Nella seconda quindicina del mese di marzo u.s. rifornii a Gianni Furia un documento dell’ispettorato
del lavoro perché potesse circolare liberamente. Altro documento fornii, dopo avere asportato un timbro
in gomma da un ufficio della G.n.r. a certo „Pol“ comandante del Gianni Furia.
Tale documento consistente in un tesserino provvisorio con fotografia ed il documento precedente
furono recapitati per mezzo del partigiano Cesare Rei, abitante a Rivoli.
Questa mia attività mi fu causa di rinnovati sospetti da parte del Solaro e di esplicite minacce tanto
che io dovetti piegarmi ad eseguire arresti ed operazioni che Solaro mi ordinava direttamente o per mezzo di Tealdi.
Infatti, dopo che Solaro aveva cambiato nettamente tattica con me, a mia insaputa fece pubblicare la mia nomina
a membro del direttorio contemporaneamente alla mia destituzione dal gruppo d'azione giovanile.
Tale nomina rimase soltanto un inspiegabile fatto giornalistico in quanto non mi fu data alcuna comunicazione
ne incarico conseguente. Quindi Solaro mi incarico di formare una squadra di giovani della brigata nera
di sicura fede politica. Io non accettai di comandare altri giovani se non quelli che già erano stati con me
e che dopo essere stati disarmati all’epoca del mio arresto si erano dati alla latitanza e per tale fatto denunziati
dal Solaro per appartenenza a bande partigiane. Solaro resistette molto alla mia richiesta mentre
io insistetti perché mi premeva salvare i miei uomini. Il Solaro venne a questa determinazione:
che io avrei potuto tenere fra i miei uomini quelli che volessi, più altri che avrei dovuto scegliere io
e con essi avrei dovuto svolgere compiti annonari in Torino e indagare sull’attività di fascisti,
specie commercianti, e di appartenenti alla brigata nera.

Il fratello di Solaro, Adriano, che aveva il grado di ufficiale come me avrebbe voluto avere il controllo del gruppo.
Io feci ritornare parte dei miei uomini e fra questi: Centenari Fedor, Battaglino Giuseppe, Parrinello Lucio,
Ciarella Renzo e ricomposi la squadra secondo le istruzioni ricevute dal Solaro. La mia attività nella nuova squadra
fu per qualche tempo annonaria e poi cominciai a ricevere ordini di seguire arresti di carattere politico secondo
le indicazione che lo stesso Solaro, o il fratello oppure il Tealdi mi trasmettevano.
Fra gli arresti che io ho effettuato o fatto effettuare dai miei uomini, sempre dietro incarico del Solaro e compagni,
ricordo i seguenti nominativi: Tordella, appartenente al fronte della gioventù del partito liberale , ed altri cinque o
sei suoi compagni fra cui certo Vezzani.
Io stesso avrei dovuto arrestare certo Gallo Pecca ma avvertì il di lui padre, presentandomi sotto altre apparenze,
perche facesse allontanare subito suo figlio perché ricercato. Ciò ho fatto perche il Tealdy nel suo ufficio mi
aveva fatto percuotere un avvocato del quale non ricordo il nome.

Tale fatto mi aveva disgustato data la personalità dell’avvocato. Nei giorni successivi perciò a nessuno di quei
prigionieri feci mancare le sigarette e l’avvocato in questione fu accompagnato d me fuori al bagno e dal barbiere.
Ho pure partecipato, sempre per ordine diretto del Solaro, ad operazioni di polizia repressiva tendente all’arresto
di persone armate in quel tempo considerate fuori-legge.
Durante la notte ci appostammo in una cascina ove rimanemmo fino alla mattina senza riscontrare nulla.
Nelle prime ore del mattino successivo verso le ore 7 procedemmo al fermo di due giovani, i quali erano armati
di pistole e bombe a mano ciascuno. Io tenni informato subito il Tealdy perche mi mandasse un mezzo di trasporto.
Egli invece mi ordino di attenderlo ed infatti poco dopo sopraggiunse con circa 20 uomini.
Cominciò subito ad interrogare i fermati, dei quali uno di essi disse chiamarsi Adriano mentre dell’altro mi sfugge il nome.
I predetti dissero di essere dei rapinatori di auto come seppe poi dal Tealdy, il quale però poi affermò che
detti giovani erano dei terroristi. Il Tealdy dopo un sommario interrogatorio
mi chiamò e mi ordinò di eseguire la fucilazione.
Poiché io ritenevo che tale procedura era contraria alle norme di legge in quanto la fucilazione avrebbe
dovuto essere eseguita subito e non dopo trascorsa qualche ora stante anche l’interrogatorio
e le asserzioni dei due fermati, il Tealdy mi ordinò energicamente di eseguire l’ordine chiamando egli stesso
gli uomini che fece schierare. Io assunsi il comando del plotone improvvisato e fu infatti eseguita la sentenza sommaria.
Il plotone di esecuzione che comandai per la fucilazione dei due giovani era composto da Laganà Salvatore e
Cairella Renzo, entrambi addetti alla mia squadra mentre altri quattro erano venuti con il Tealdy ed appartenevano
alla brigata nera e dei quali non conosco i nomi. I valori di cui erano in possesso i due giustiziati furono ritirati
dal Tealdy e sono stati depositati presso la cassa della brigata nera e non so specificare
se sono stati consegnati ai famigliari. Qualche mese dopo fui chiamato dal fratello del Federale il quale mi
diede due nominativi e gli indirizzi che ricordo essere in Barriera di Milano ed il nominativo di Arduino,
ordinandomi di procedere al fermo di lui e di tutti i componenti della famiglia aggiungendo che erano
responsabili in maniera sicura di atti terroristici e di una ventina di uccisioni di elementi repubblicani.

Mi aggiunse di non manifestarmi per appartenenti alle brigate nere e così dicendo mi consegnò un tesserino partigiano.
Mi affidò due suoi uomini di fiducia i quali avevano ricevuto maggiori istruzioni sul da farsi
e anche loro furono muniti di tesserini partigiani.
Detti uomini erano da me conosciuti con i seguenti nominativi: Parodi Mario dall’accento meridionale e Baratelli Sergio
dall’accento settentrionale. Venne con me anche Laganà Salvatore della mia squadra che conduceva la macchina.
Ci portammo prima presso il primo indirizzo dove fermammo marito e moglie.
Quindi ci portammo nell’abitazione dell’Arduino in cui oltre al padre trovammo anche le due figlie e due
giovani dei quali non ricordo il nome. Portammo tutti in federazione e ivi giunto anche il Solaro Adriano
ci ordinò di interrogarli. Non sapendo però quali addebiti ad essi rivolgere smisi l’interrogatorio che però
continuò in parte in mia presenza. L’interrogatorio si protrasse per circa un ora, dopo di ché il Solaro mi
ordinò di recarmi assieme ai due suoi uomini in macchina e di portare con noi le tre donne fermate poco prima.
Lo stesso Solaro aveva dato istruzioni ai due suoi uomini che le donne in parola dovevano essere uccise
nei pressi del canale della Pellerina. Questo me lo comunicò il Baratelli durante il tragitto.
Giunti sulla strada della Pellerina presso Corso Lecce, il Parodi e il Baratelli fecero scendere le due donne prelevate
in casa dell’Arduino, lasciando invece a me la terza donna, della quale non so il nome.
Mentre il Parodi e il Baratelli si allontanavano di qualche passo dalla macchina intesi una raffica senza alcun grido.
Io che avevo in consegna l’altra donna e che solo ora so chiamarsi Ghizzoni Rosa, moglie del Montarolo,
mi avvicinai al ciglio del canale assieme alla donna obbligandola a guardare verso il corso d’acqua.
Io non mi sentivo di uccidere la donna che mi era stata affidata quindi esitavo mentre la Ghizzoni riuscì
a divincolarsi e a lanciarsi in acqua, io la trattenni per qualche istante e poi la lasciai andare nell’acqua
non senza averla prima trattenuta. Non feci uso dell’arma che tuttavia impugnavo mentre sopraggiunsero
gli altri due che fecero subito fuoco contro la donna che ormai era scomparsa nelle acque.
Non vedendola si munirono di lampadine tascabili e si misero a cercarla sotto il vicino ponte sparando all’impazzata.
Sicuri che la Ghizzoni fosse ormai stata uccisa ce ne tornammo in federazione dove appresi che anche gli
altri uomini fermati quella sera erano stati portati via da Solaro e dai suoi uomini per essere uccisi.
Il Federale Solaro mi rimproverò per non aver ucciso la donna, dato che il suo cadavere non era stato trovato e
mi accusò di essere un traditore e mi minacciò di morte.

In quei mesi ho continuato a compiere arresti anche di fascisti che non volevano arruolarsi nella brigata nera o
uomini della X^Mas che avevano compiuto rapine.
Conosco la Serra Maria e pure la Campofaggi, la Salvetti e la Guelpa che non ebbero mai nessun rapporto con
i fatti da noi compiuti, esse facevano parte del Gruppo d’Azione Giovanile ma si limitavano a partecipare
a discussioni che si tenevano alla casa dello studente, in seguito la sezione femminile venne sciolta.
Io sono assolutamente estraneo all’uccisione del Banfo, il giorno dello sciopero, il 18 aprile 1945,
io mi occupai con i miei uomini di ristabilire la circolazione tramviaria, alla sera comandai il servizio
di guardia esterna alle carceri. Ritengo che organizzatore dell’uccisione sia stato il Maresciallo Brancaleone di Via Asti;
di ciò ebbi l’impressione nei giorni seguenti in quanto constatai che costui apparentemente si dava un gran d’affare
per scoprire gli autori dell’uccisione mentre si sapeva che questi erano fascisti.

E’ vero che ho arrestato Gino Tedeschi su ordine del R.A.U. (Reparto Arditi Ufficiali) e che lo condussi in Via Gagliani
sede del Gruppo Giovanile. Lo interrogai e lo picchiai perché non voleva parlare, gli legai una corda attorno
alle tempie per costringerlo a parlare, con me vi era Battaglino Pietro che però non picchiò il Tedeschi.
Ero in preda alla febbre malarica, non so perché abbia usato tali sistemi,
non ho mai fatto ciò altre volte limitandomi a percosse.
Io ho inteso comportarmi come un soldato rimanendo fedele ai miei sentimenti di combattente che mi aveva
fatto combattere sui fronti, albanesi, russo e greco. Riportai 5 ferite e fui decorato di medaglia di bronzo;
in seguito alla campagna di guerra riportai malattia come risulta dal foglio di convalescenza
rilasciatomi dall’ospedale militare nell’agosto 1943. Uscito dall’ospedale nell’ottobre 1943
un sera venni aggredito ed insultato determinando in me la reazione a passare nelle fila repubblicane.

Vedi la scheda di Tullio Dechiffre

Vai alla relazione dell'uccisione delle sorelle Arduino

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