Atlante di Torino


 

cliccare sulle immagini per ingrandirle: la zona ai tempi della mandorla: Veduta aerea anni 1950 e 2016



La zona intorno a via Verdi e via Po nel 1880. Nella zona del giardino reale si nota l’area destinata al giardino zoologico.
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Cliccare sulla mappa sottostante (nelle zone evidenziate in arancione) per gli approfondimenti relativi alla zona prescelta
(lasciando il puntatore sull'immagine compare la scritta di riferimento) :

incendio Casa TarinoLombroso Lucentini verso la zona - O - verso la zona - U -

 


I numeri dei titolini corrispondono a quelli dei rispettivi isolati sulla mappa di riferimento qui in alto
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Cesare Lombroso
In via della Zecca 33 (ora via Verdi), in un piccolo appartamento al terzo piano, Cesare Lombroso, il padre dell'antropologia criminale, stabilì la sua residenza nel 1876. Successivamente si trasferì innvia Vanchiglai 6 (dal 1880 al 1886 ) e in Corso Oporto 43 (ora Matteotti)
(dal 1886 al 1892).

image-1Il Corriere dei Piccoli
L’idea di realizzare il Corriere dei Piccoli, nel 1908, fu dell’educatrice Paola Lombroso Carrara (1871-1954) figlia di Cesare Lombroso. Interessata al mondo dell'infanzia, grazie all'influenza di Anna Kulishoff che introduce in casa Lombroso l’attualità politica e il dibattito economico, insieme con le idee socialiste e l’impegno a favore delle classi subalterne. Impegnata nella lotta all’analfabetismo, nel 1896 fonda a Torino un’istituzione, “Scuola e famiglia”, per assistere e sostenere gli alunni delle elementari, l’istituzione ebbe molto successo e si diffuse fino a coinvolgere tutte le scuole elementari di Torino, sotto l’egida del Comune. Proseguirà il suo impegno giornalistico e di informazione nei confronti dell’infanzia, fino a quando individua nel Corriere della Sera il quotidiano adatto al suo progetto, Il direttore del Corriere si mostra interessato e da quel momento inizia tra i due un difficile rapporto di collaborazione che porterà, alla fine del 1908, alla nascita del Corriere dei Piccoli. Nel nuovo giornale Paola non ricoprirà incarichi paragonabili al ruolo effettivamente svolto nella sua fondazione, le verrà riconosciuto un incarico di collaborazione, anonima, che, a fronte di un compenso mensile, prevede la cura di tre rubriche fisse. Una delle rubriche è la «Corrispondenza» che curerà firmandosi con lo pseudonimo di Zia Mariù. La collaborazione con il Corriere dei Piccoli si interromperà definitivamente nel 1911. Da quel momento le sue energie saranno assorbite dall’esperienza delle cosiddette “Bibliotechine rurali”, un’iniziativa da lei promossa attraverso le pagine del Corriere dei piccoli osteggiata dalla proprietà del giornale e all’origine della definitiva rottura. Le “Bibliotechine rurali”, nate nel 1910 da una campagna di sottoscrizione che Zia Mariù aveva lanciato attraverso il Corriere dei Piccoli, si prefiggevano di dotare le scuole di campagna prive di mezzi, di libri di lettura amena e, in tal modo, di contribuire a elevare il livello di istruzione dei ragazzi del popolo. L’esperimento riscosse un immediato successo.

image-1Liceo Gioberti
Il liceo classico statale "Vincenzo Gioberti" è uno dei più antichi e prestigiosi licei italiani. Origina dal Regio Collegio di San Francesco da Paola, fondato presso l'antico complesso conventuale dei Frati Minimi, edificato a partire dal 1627 in Contrada di Po, grazie alle donazioni di Maria Cristina di Borbone-Francia, moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia, e diretto a partire dal 1821 dai Gesuiti.
Istituito il 4 marzo 1865, tra i primi 68 licei classici del Regno d'Italia e a lungo il più frequentato di tutto il Regno, fu intitolato al filosofo e politico italiano Vincenzo Gioberti, tra le figure più importanti del Risorgimento.
Nel 1969 è stato sede della prima "commissione fabbriche" mai costituita in una scuola superiore italiana, citata nel film Vento dell'est di Jean-Luc Godard.

image-1La mappa dell'isola di S. Antonio Abate nel 1822

 

 

 


image-1137 - L'incendio di casa Tarino: eroismo e vergogna
Nella notte tra il 26 e il 27 agosto 1861, in casa Tarino, in via Po angolo via Montebello, scoppia un incendio devastante originato nel magazzino di mobili Bertinetti. Per combattere le fiamme accorrono, oltre ai pompieri, soldati e carabinieri. Alla fine il bilancio è pesante: tredici militari più altre vittime civili.

A fronte degli atti di coraggio per salvare persone e beni, si registrarono polemiche per l'inefficienza dei mezzi di soccorso e atti di sciacallaggio: il vicebrigadiere dei carabinieri Luigi Cuniberti viene condannato a tre anni per furto di oggetti, Successivamente vengono scoperti e condannati anche il carabiniere Sebastiano Cellamare, una guardia di pubblica sicurezza e due soldati

Leggi l'approfondimento sulle vicende dell'incendio di casa Tarino

137 – Franco Lucentini
Protagonista con Carlo Fruttero di un fecondo sodalizio letterario durato circa mezzo secolo. Il 5 agosto 2002 si suicidò gettandosi dalla tromba delle scale dove abitava in piazza Vittorio 1.

 

 

 

 

 





image-1137 - Arte sui balconi
Su uno dei balconi di piazza Vittorio 1 è esposta un’opera dell'artista torinese Paolo Grassino (1967). L'artista vive e lavora in città, con le sue opere propone una riflessione sulla nostra società. La sua ricerca ricerca tende al recupero della manualità, utilizzando gomma sintetica, legno, polistirolo e cera oltre alle tecniche più avanzate quali fusioni in alluminio o calchi in cemento.

 

 

 


137 - Grissinopoli
Dal 1869, per 13 anni, il pittore Antonio Fontanesi (1818-1882) che insegnava all'Accademia Albertina con un modesto stipendio di 150 lire mensili (530 Euro), visse in quattro stanzette con latrina sul balcone all'ultimo piano di via Po 55.

Fontanesi amò particolarmente la città che chiamava affettuosamente Grissinopoli.

Nell'immagine a fianco vediamo il pittore fotografato da Alfredo D'Andrade.
Nell'inserto bordato di verde: la targa che lo ricorda all'interno del palazzo Accorsi.

 

 

 




137 - Palazzo Accorsi
In via Po 55, ospita la collezione raccolta da Pietro Accorsi (1891-1981). I suoi genitori erano i portinai del palazzo che apparteneva all’Ordine Mauriziano.
Pietro a vent’anni, già famoso e apprezzato, comincia a comprare pezzo dopo pezzo il palazzo della sua gioventù per farne il fulcro della sua attività di antiquario.


image-1Particolari le vicende legate alla storia della celeberrima collezione Trivulzio Belgioioso di Milano. Nel 1935 Accorsi, dietro mandato dell’Ente e del Museo di Palazzo Madama e con l’appoggio dell’allora principe di Piemonte, Umberto di Savoia, acquista la collezione. La notizia suscita l’intervento di Mussolini, che ingiunge all’antiquario di non spostare la raccolta da Milano. Accorsi acconsente, chiedendo però in cambio per la Città di Torino, come risarcimento della rescissione contrattuale, il Ritratto d’uomo di Antonello da Messina e la seconda parte delle Très belles heures del duca di Berry, miniate da Jan van Eyck, capolavori che oggi fanno parte del Museo Civico di Torino.

 

 

image-1137 - Il mobile più bello del mondo
Il museo della Fondazione Accorsi – Ometto, aperto nel 1999 in via Po 55, raccoglie il lascito di Pietro Accorsi. Il palazzo, acquistato da Accorsi nel 1956, utilizzato come abitazione e galleria d’arte, alla sua morte divenne lsede della fondazione con tutti i pezzi raccolti nella sua vita.
Il museo di arti decorative si presenta come una ricca dimora settecentesca ricostruita nei minimi particolari con 27 sale e oltre 3.000 oggetti articolati in due sezioni. Nella prima si trovano una serie di vetrine con cristalli di Baccarat, eleganti oggetti in argento, stupende tabacchiere e le bellissime porcellane di Meissen, Frankenthal e Sèvres. La seconda è costituita dalle sale ammobiliate con splendidi arazzi e dipinti del Settecento, mobili di raffinata fattura provenienti dal Piemonte, dalla Francia e da Venezia.
Tra le tantissime stanze troviamo: il salotto Luigi XVI, il salone Piffetti (dedicato al più grande ebanista del Settecento), la camera da letto veneziana completamente arredata con mobili prodotti dalle maestranze della citta lagunare, il salone cinese arredato con pannelli di carta di riso che arrivano dalla Cina e il salotto Christian Dior, appartenuto al famoso couturier francese, costituito da pannelli in vetro dorati e smerigliati, al cui interno si trova il cassettone Piffetti.
Il pezzo forte della collezione è proprio il “doppio corpo” di Piffetti, un mobile spesso citato dalla critica internazionale come “il mobile più bello del mondo”. Si tratta di un cassettone barocco dalle forme mistilinee, rivestito e arricchito da numerosi intarsi in avorio, madreperla e tartaruga e da tante raffigurazioni, che fanno di questo mobile un pezzo unico al mondo nel suo genere.

image-1137 - Antiche colonne in via Po
All'inizio del 1600 la "Via di Po" non esisteva ancora; solo qualche casupola, poche locande e un rio collegavano piazza Castello con i prati lungo il Po e l'omonimo Borgo.
Alla fine del 1600 il Castellamonte iniziò la progettazione e la realizzazione dell'odierna Via, conglobando un convento preesistente, fondato nel 1610, in fondo alla via, verso il fiume.
Tra i portoni numero 55 e 57 di via Po sono ancora visibili due belle colonne in pietra che costituivano l'ingresso del Convento e Chiesa degli Antoniani, provenienti dalla Chiesa di San Dalmazzo all'inizio del XVII secolo.
Questo vecchio fabbricato in fondo a via Po venne in parte abbattuto nel 1826 e in parte modificato per adibirlo ad abitazioni private.
Ancor oggi, all'interno di un negozio sottostante e negli alloggi al numero civico 57 esiste la cavità del quadrato campanile della vecchia Chiesa Antoniana, innalzato nel 1750 su disegno del Vittone (cavità tagliata dai vari piani dello stabile).






image-1image-1137 – Guardie del Corpo
Erano acquartierate in via Po 59 (è ancora visibile la croce di Malta sul portone). Il reggimento creato da Carlo Emanuele II il 18 aprile 1659 era composto da soldati scelti, per nascita, valore, esperienza, benemerenza belliche. Entrare nelle Guardie era un privilegio sia per i benefici economici, per la superiorità di taluni gradi rispetto agli altri corpi, per le posizioni privilegiate in battaglia, per fornire la guardia a palazzo e seguire il Duca durante le operazioni di guerra.
Altra caratteristica delle Guardie era quella del nome di guerra, ognuno infatti aveva il proprio soprannome regolarmente iscritto sui ruoli reggimentali. Alcuni derivavano dal paese del soldato (es.Turin, Astesan...); altri erano tratti dal casato (Bruno diventava Brun). Altri erano inventati: Passepartout, Belle Fleur, Bienvenu. Celebri anche i loro terribili scherzi.
In questo corpo militò Massimo D’azeglio come sottotenente. Le guardie ebbero sede qui dal 1776 al 1831; precedentemente era l’ospizio degli Antoniani.

image-1Granatieri
Nel 1685 - Vittorio Amedeo II inquadra in modo organico i cosiddetti “granatieri”, soldati scelti per prestanza fisica ed ardire da impiegarsi per il lancio delle granate a mano e nei posti più rischiosi del combattimento. Sciolto nel 1798 e ricostituito nel 1814 unisce la propria storia a quella dell’attuale Brigata “Granatieri di Sardegna”.

image-1137 - Il rogo dell’Angelo Azzurro
Il primo ottobre 1977 una molotov lanciata da un corteo di extraparlamentari di sinistra incendia il bar Angelo Azzurro, ritenuto ritrovo di destra. Nel rogo perse la vita lo studente Roberto Crescenzio.

 

 

 

 

137 – Corale Stefano Tempia
Nel 1876, nei locali del ginnasio Gioberti, in via S.Ottavio 9, si tenne il primo saggio dell’Accademia Corale Stefano Tempia.



image-1137 - SS. Annunziata
Costruita dalla confraternita della Santa Annunziata verso la metà del XVII secolo è oggi completamente moderna. Nota per il suo Presepe meccanico.

 

 

 

137 - La chiesa rifatta
La Chiesa della SS. Annunziata, in via Po 45, originariamente edificata tra il 1648 ed il 1656, è stata ricostruita nella prima metà del novecento (riconsacrata nel ’34),
In origine aveva un’unica navata ed era priva di pronao; nel 1693 subì un ampliamento con la creazione del coro e di due cappelle laterali.
Nel secolo successivo la chiesa si arricchì di numerose opere d’arte come l’altare maggiore, costruito nel 1743 dall’architetto torinese Bernardo Vittone, e la “ processionale”, fatta nel 1749 dai fratelli Clemente su disegno di Claudio Beaumont. Altre opere notevoli sono l’altare di Santa Rita da Cascia di Bartolomeo Gallo (figlio di Giuseppe) costruito nei primi decenni del ‘900, l’organo e la tavola di Beaumont raffigurante “l’Annunciazione della Vergine”.
La facciata verrà completata solo nel 1776.
Nell’ottocento saranno aggiunti i portici, per adeguarla alla conformazione di via Po.
Verso la fine del secolo l’edificio religioso non versava in buone condizione e fu per questo che nel 1913 venne abbattuto e successivamente ricostruito con il progetto di Giuseppe Gallo, esponente dello stile neobarocco religioso torinese.
I lavori di ricostruzione, iniziati nel 1919, terminarono solamente nel 1934.
La facciata della chiesa, costituita da due ordini sovrapposti (quello inferiore è in continuità con i portici di via Po e quello superiore è una sorta di loggia a tre arcate) è abbellita da alcune sculture, mentre l’interno presenta un’unica navata e delle cappelle laterali intercomunicanti.
Nel periodo natalizio la Chiesa si arricchisce con il famoso presepe meccanico, costruito nei primi anni del ‘900 da Francesco Canonica, che propone oltre 200 personaggi di cui 100 animati.
Molte delle statuette presenti sono in legno e le più pregiate sono state scolpite appositamente dai maestri artigiani della Val Gardena.

Benedizione delle quattro zampe
Per duecento anni circa, tra l'inizio del XVII e l'inizio del XIX secolo, nel giorno di Sant'Antonio Abate, in via Po si celebrava la benedizione dei quadrupedi, davanti alla chiesa del Santo (la antica Chiesa di Sant'Antonio Abate si trovava in via Po nell'isolato compreso tra via Montebello e l'attuale parrocchiale della SS. Annunziata), costruita nel 1626 per gli Antoniani di San Bernardo, passato nel 1776 all'Ordine di Malta e demolito nel 1806.

image-1137 - L'Annunciazione del Beaumont
L'annunciazione di Claudio Beaumont (1694-1766) era l'opera principale dell'Eremo dei Camaldolesi fino all'invasione ed al saccheggio delle truppe francesi. Il quadro fu comprato da un ignoto per 50 lire dell'epoca e, dopo circa 50 anni, depositato nella Regia Pinacoteca. Dopo circa trent'anni, il nome del proprietario venne smarrito e non essendoci nessuno che lo reclamasse, passò di proprietà della Pinacoteca per diritto di proscrizione.
Nel 1929 il dipinto venne affidato alla chiesa della S. Annunziata, restaurato dal Cussetti e con la magnifica cornice dello scultore Anacleto Barbieri, sostituì nell'abside il vecchio quadro del Subleyras.

 

 

 

 



Vedi le immagini del rifacimento della SS. Annunziata dal 1927 al 1934

 

 

 

 

 

 

 

 

Vedi le immagini della SS. Annunziata ai giorni nostri








 

 

 

 

image-1Piano ampliamento
Piano d'ingrandimento verso il Po secondo il progetto approvato da S.M. con Regio biglietto 21 Maggio 1825, nel quale il protendimento della Stradale S. Maurizio sino al Po comprendeva la sola ampiezza della Strada carreggiabile, ed erano esclusi li due Viali, e contro-Strade laterali, 1836.

 

 



138 - Casa Promis.
In via Teatro d’Angennes (Principe Amedeo) 35 la casa dei fratelli Promis. Carlo (1808-1873) fu l’architetto del piano di ingrandimento della capitale che comprendeva:
1851 progetto di piazza Carlina,
1852 riqualificazione architettonica delle vie e piazze porticate tra viale del Re (c. Vittorio Emanuele II) e viale di S. Salvario,
1853 nella zona di Porta Nuova, la realizzazione di case porticate per il corso della Cittadella, ora piazza Solferino.
Disse: “l’ornamento di Torino non è tanto nelle cose classiche e monumentali, per le quali essa non può gareggiare con le altre capitali italiane, quanto nella uniformità, rettezza e cospicua misura delle principali sue vie e piazze, e soprattutto nella bellezza del sito acconciamente secondata e concatenata dalle strade alberate che recingono la città”.

 

 




image-1image-1image-1via della Calce
Via Po nelle carte d’archivio del Seicento si chiamava la “strada della calce”, perché portava dalla città, che allora era confinata all’altezza di Piazza Castello, verso un piccolo porto fluviale produttivo: le calci pervenivano particolarmente dalla zona del casalese e costituivano il principale materiale per costruire la città-capitale; i legnami provenivano dalla valle del Po, trasportati lungo il fiume Po che era allora navigabile. Una strada extraurbana collegava il ponte (all’incirca nel luogo occupato dal ponte napoleonico della Gran Madre) con la porta di Piazza Castello. Quel ponte era uno dei pochi punti in cui si poteva attraversare il Po e la strada era importante perché conduceva fino al cuore della costruenda nuova capitale sabauda.

via Po

Lo Chevallard cita un Ordinato della città di Torino, datato 9 maggio 1399, per il riattamento e il rialzamento della via che dal Ponte sul Po porta attraverso i prati di Vanchiglia alla Porta Fibellona: è la prima memoria di quella strada che diventerà l’odierna via Po e che esisteva con questo tracciato fin dall’età romana.


image-1Sotto Carlo Emanuele II, nel 1673, Amedeo di Castellamonte la realizzò come la conosciamo oggi.
Quando venne inaugurata fu definita “regina viarum”: allora era la strada più ampia della città, larga 9 carrozze.
I palazzi della strada furono costruiti secondo una rigorosa uniformità architettonica (appare come la successione parallela di una stessa facciata continua), tutti dotati di portici che, in caso di pioggia, permettevano ai sovrani di uscire ugualmente che passeggiando sul lato sinistro della via (dando le spalle a piazza Castello); il lato destro era quello volgare.
Nel 700 le case avevano le facciate di mattoni non imbiancati nè intonacati, la via appariva rossastra e i portici non erano ancora lastricati. Il selciato della strada era in ciottoli di varie tinte che formavano disegni policromi.
E’ una delle poche vie a non aver mai cambiato nome; è lunga 704 metri.

 

image-1La tradizione del passeggio
Via Po era nota per la consuetudine del passeggio che avvicinava la corte al popolino.
L’orario del passeggio e delle varie frequentazioni:
dalle 7 alle 9 commessi, sartine, studenti
11 gli attori che andavano a provare al Teatro Gerbino
12 gli attori che andavano al Rossini, ritornavano verso le 14
14-15.30 allievi dell’Accademia Militare
17-18.30 il passeggio della bella gente e delle cocottes
20-21 commessi, sartine e studenti tornano a casa.

Approfondimento: passeggiare in via Po costa gli arresti al giovane Vittorio Emanuele duca di Savoia

image-1Sartine e Studenti
Fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, Torino contendeva a Parigi il titolo di capitale della moda femminile.
Celeberrime, cantate anche da poeti e musicisti, le famose sartine torinesi, note anche come Caterinette, dal nome della Santa patrona, con le loro storie sentimentali, spesso sfortunate, allacciate soprattutto con gli studenti universitari.
Tutta via Po era palcoscenico di queste schermaglie amorose: essendo sede dell’Università era punto di raccolta degli studenti che avevano modo di incontrare le sartine durante il passeggio sotto i portici.

138 – Il principe dei poeti
In via Principe Amedeo 41 nacque Edoardo Calvo (1775-1804) principe dei poeti in dialetto piemontese.

 

 

 

 

 

 

 



 

142 – Stefano Tempia
In via Po 48 abitava Stefano Tempia, maestro della Reale Cappella, fondatore nel 1875 dell’Accademia omonima.

image-1image-1image-1Porta di Po - Eridana
Il romanziere statunitense Henry James, fratello del poeta William, nel 1844 descrisse Torino nel suo diario di viaggi “Ore italiane”. Della città disse: “Entrare a Torino in un incantevole pomeriggio d’agosto significa trovare una città di portici, di stucchi rosa e gialli, di caffè, di ufficiali dai calzoni blu”.

 




image-1L'antico ponte sul Po
Nel particolare della "Veduta della città di Torino vista dalla parte della porta di Po", tratta dalla carta realizzata da Georg Balthasar Probs nel 1745, si nota l’antico ponte sul Po con le prime arcate ricostruite in legno dopo la piena del 1706






image-1La vita per duemila doppie
Alla porta di Po sorgeva un luogo di detenzione per i personaggi importanti. Il conte Bins, Giuseppe Antonio Benso, già consigliere di stato e segretario di guerra, ricercato dal fisco vi fu imprigionato nel 1698.
Condotto alla porta di Po, nella notte del 9 ottobre, approfittando di una tempesta, fuggì rifugiandosi nel convento di San Domenico. Il suo carceriere, Pinto, per timore della reazione del Duca, impazzì e si suicidò.
Il Duca, incurante del diritto d’asilo, fece sfondare la porta di San Domenico per catturarlo. Condannato, per peculato, alla confisca dei beni e alla decapitazione, venne rilasciato in cambio di duemila doppie.



procedi verso ovest (N) - verso sud (U)