L'architettura è uno spazio dove sta la gente: «Un’architettura è buona - spiega Kazuyo Sejima - quando muove dei sentimenti, quando è il prodotto di un dialogo costruttivo tra committente e architetto ma soprattutto quando viene vissuta e trasformata da chi la utilizza».
Spesso, invece, certi progetti vengono realizzati più per celebrare l'ego di chi li commissiona, o li realizza, piuttosto che per soddisfare l'utilizzo a cui sono destinati. Così quando l'Architettura si dimentica dell'Ingegneria, dell'Urbanistica e della gente, nell'ossessiva ricerca di diventare Arte, si dimostra solo arrogante.
Poter sfoggiare l'opera di un grande architetto è diventato il nuovo status symbol: una volta faraoni e regnanti si autoergevano monumenti per fissare il loro nome nella storia, ora qualcuno forse pensa di lasciare la sua impronta approvando e firmando progetti che di faraonico hanno solo il costo.
Che un'impronta venga lasciata è fuori di dubbio, sono interventi che troppo spesso non tengono conto del contesto, dell'ambiente, della funzionalità e dell'uso. E' vero che non bisogna perseguire solo l'uniformità, che una gemma può essere incastonata ovunque, ma DEVE essere una gemma, DEVE avere il tocco del genio. Se no è solo una costosa scheggia di cemento inserita in un collier di diamanti.
Le archibrutture, naturalmente, sono anche quelle realizzazioni la cui sgradevolezza e disfunzionalità non hanno nemmeno il paravento di una firma famosa.
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Chi ha rubato... la bellezza ?
Torino è una bella città, in fase di trasformazione, molte realizzazioni l'hanno migliorata, non tutto però è riuscito bene. Nel passato come oggi.
Come esempi di quella che abbiamo definito arroganza, quindi maleducazione, ambientale proponiamo otto situazioni che suscitano il generale malcontento dei torinesi. Non si tratta di una classifica, ma solo di esempi di realizzazioni pubbliche che, in qualche modo (o in tutti), vengono meno ai requisiti richiesti.
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Fuori contesto: Il palazzaccio
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Per ironia è la sede del dipartimento dei Lavori Pubblici del Comune, la sua bruttezza è sottolineata dalla posizione: proprio davanti al Duomo, uno dei luoghi più visitati della città. E' un esempio dell'indifferenza di chi progetta, e di chi sceglie, per l'ambientazione in cui l'opera è inserita. |
Esamina: il Palazzaccio |
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Incuria e speculazioni: Le rovine della vergogna
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A volte la vergogna non riguarda solo ciò che si fa, ma anche quello che NON si fa, oppure si lascia lentamente rovinare, per incuria, inefficienza o magari per qualche altro recondito interesse. Da anni le rovine del Filadelfia, lo stadio del grande Torino, sono uno sfregio alla memoria storica della città e della sua gente.
Ma il capitolo stadi, a Torino, tra sprechi, inadeguatezze, forzature ed imposizioni, meriterebbe ben altro approfondimento. Basti citare il "delle Alpi" costruito nel 1990, dallo studio Hutter, chiuso nel 2006 e demolito nel 2008. |
Esamina: le rovine del Filadelfia |
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Il filosofo Roger Scruton, che da sempre riflette sulla cultura nella nostra società, spiega: «Poche facoltà di architettura insegnano agli studenti il disegno di scorci, di facciate, o della figura umana, o la composizione con l’utilizzo degli ordini classici, o a disegnare fenomeni profondi e significativi come l’impatto della luce su un capitello corinzio – attività in cui si allena l’occhio e la mano, e che insegna agli architetti l’osservazione delle cose, molto più interessante dell’osservazione del proprio ego». Mancano educazione, disciplina e una sana capacità di essere concreti: «Disegni di particolari tecnici e assonometrie hanno sostituito tutto ciò, e rimane così solo la vuota decostruzione pensata per vendere qualsiasi pezzo di spazio-scultura venga in mente». I risultati, a volte, sono monumenti al proprio narcisismo. E fanno - letteralmente - acqua da tutte le parti. |
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I maestri insegnano che chi pratica l'architettura deve possedere una buona base di conoscenze in una varietà di discipline: struttura, psicologia, sociologia, pianificazione della comunità e, naturalmente, i molti aspetti della progettazione visiva. A quanto pare molte archistar hanno dimenticato buona parte delle componenti che contribuiscono a realizzare un'opera completa, mentre molti altri meno noti pare non le abbiano mai conosciute. |
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Il Re è nudo
Tutto questo non vuol dire che architetti famosi, archistar, non abbiano realizzato opere meravigliose. Al contrario.
Alla fine la morale è sempre la stessa: non si deve comprare la notorietà, ma il progetto, non si deve valutare la fama, ma il prodotto... e il costo. L'Estetica non è monopolio di qualcuno, ma patrimonio di tutti, non è di destra nè di sinistra, non è qualcosa che si spiega, non dobbiamo dire - come nella favola - che vediamo il Re vestito solo perchè hanno detto che chi non lo vede in questa maniera è stupido. Dobbiamo avere il coraggio di dire il Re è nudo.
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