Quartiere Vanchiglia - Vanchiglietta


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image-1E’ uno dei borghi più ricchi di storia fin dal Medioevo.
L'origine del mome è incerta, potrebbe risalire ad antichi appellativi come come Wanchillia, Val Quilia, Vinquilla o Vinchilla. Altre ipotesi riguardano il suo aspetto geomorfologico. Potrebbe derivare dal salice “vench”, molto abbondante nella zona (e quindi un insieme di vench forma una vanchiglia). Oppure dai giunchi presenti nella valle, o dalla fanghiglia che ricopriva il terreno.
A conferma di questa ipotesi, documenti del XVII secolo riportano il nome nella forma Vinchilia (o Vinchillia), riconducibile in maniera ancor più manifesta al termine vinco - vanchiglia potrebbe nascere da una corruzione vernacolare del letterale vinchiglia.
Ipotesi affini, tuttavia, associano il toponimo al termine giunco (nel senso di "valle dei giunchi o dei canneti") o, ancora, a una corruzione dialettale di fanghiglia, alludendo ad ogni modo alle caratteristiche morfologiche e geomorfologiche del territorio nel periodo precedente al suo insediamento.

Di altra natura, invece, è la teoria secondo cui Vanchiglia nasca dall'agglutinazione di val aquilia (variante medievale del latino vallis aculia), dal significato di "valle appuntita", in riferimento alla forma dell'area posta alla confluenza dei fiumi Po e Dora.

Vanchiglia si guadagnò il nome di Borgh dël Fum (Borgo del Fumo) a causa dei numerosi opifici e stabilimenti presenti, nell'area, nella prima metà del XX secolo.

La tradizione vuole che nei pressi di Vanchiglia vi fosse il centro di Taurinia o Taurasia, l'insediamento originario dei Taurini che abitavano queste terre prima dell'arrivo dei Romani:
«A Torino i rapporti tra Liguri e Celti ebbero un centro fecondo di vita nuova. Quivi il contatto fra i due popoli doveva essere più facile, dove la Dora si getta nel Po: quivi minima è la larghezza della pianura, ché i contrafforti alpini e le alture moreniche scendono a meno di 15 chilometri dal fiume e dalle opposte colline del Monferrato; così i Liguri di Torino accolsero la civiltà gallica e si adattarono a quel tenore di vita e la nuova civiltà ligure-gallica fiorì in attesa che la civiltà di Roma a sua volta si imponesse e tutti assimilasse.»
(Francesco Cognasso, Storia di Torino, Giunti Editore, 2002, p. 12)

Durante l'alto Medioevo, questa zona si trovava al di fuori delle cinta murarie della cittadella, a pochi passi dalle porte romane decumana e Fibellona (l'attuale Piazza Castello); l'urbe terminava immediatamente al di là dei Giardini Reali, voluti da Emanuele Filiberto I di Savoia nel XV secolo, attraverso un bastione militare il cui nome, d'origine incerta ma intuibile, fu chiamato la contrada del cannon d'oro (la zona di Via Montebello), dalla quale inizia il vero e proprio centro storico della città.

Il Borgo fu quindi delimitato a sud-ovest dal Corso San Maurizio, un viale fatto alberare da Vittorio Emanuele I nel 1818 in onore del santo del III secolo, protettore di Casa Savoia.

image-1Vanchiglia si dovette quindi sviluppare maggiormente verso la confluenza del Po e della Dora tra il XVIII e il XIX secolo, costituito soprattutto da casette fatiscenti erette su terreni e viottoli paludosi, in cui l'acqua del fiume filtrava senza posa, tanto da venir denominata la contrada del moschino (zanzara), ma anche contrada dle pules (pulci), laddove sorgevano le attuali via Bava e via Napione.
In misere e insalubri casette vi abitavano lavandai, barcaioli, artigiani e contadini. Tuttavia, i terreni paludosi risultavano anche fertili; nel 1852, il cronista Davide Bertolotti la descriveva in questi termini:
«...i prati maggiormente produttivi di Torino sono quelli che trovansi nella regione così detta di Vanchiglia: imperroché colà si scaricano le acque che trasportano l’immondizia della città, le quali mentre fecondano mirabilmente quelle terre, diffondono all’intorno effluvj nocivi all’umana salute. E nella regione di Vanchiglia appunto manifestaronsi i primi casi di colera allorché questo micidiale morbo invase la nostra città, dove però, Dio mercé, poco si diffuse e in breve spazio si spense...»

image-1Soltanto nel 1872, il sindaco Rignon dispose l'abbattimento di tutto il fatiscente borgo, preoccupato della grave precarietà igienica (vi era da poco stato il colera). La riqualificazione del quartiere era comunque in atto già da circa dieci anni. Nel 1862-1866 sorse infatti, la Chiesa di Santa Giulia, oggi fulcro del quartiere stesso, opera neogotica di Giovanni Battista Ferrante e voluta dalla marchesa e venerabile Giulia Colbert Falletti di Barolo, ivi sepolta.

 

 


image-1Il quartiere crebbe quindi nella sua forma odierna, estendendosi contemporaneamente alla zona Vanchiglietta. Nel 1899, l'esimio medico conte Giuseppe Gradenigo vi fondò anche un piccolo ospedale, gestito dalle suore Figlie della carità di San Vincenzo de' Paoli, tuttora esistente.

Agli inizi del XX secolo, a causa della presenza di vari opifici (ad alcune vie sono stati dati i nomi di alcuni comuni biellesi, in omaggio al territorio piemontese noto per i tessuti) meccanizzati, ma anche di nuove fabbriche e di nascenti industrie, Vanchiglietta fu uno dei primi quartieri con le ciminiere, tanto da guadagnarsi il curioso soprannome di Borgh dël fum (Borgo del fumo).

image-1Sorsero, ad esempio, la prima "Società del gaz", fondata da Luigi Grassi, inizialmente funzionante a derivati del carbone, quindi le primissime fabbriche Venchi, la Cigala & Bertinetti, le prime carrozzerie Farina. Altre ipotesi, meno certe, darebbero il soprannome dël fum alla foschia derivata dai due fiumi, o alla vicinanza con la storica Regia Manifattura Tabacchi, che tuttavia si trova nell'adiacente quartiere di (Corso) Regio Parco.

 


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