Quartiere San Donato

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image-1Si trova a nord-ovest. Abitato fin dal Medioevo da famiglie di soldati e mercanti, fu chiamato per secoli borgo del Martinetto, per i pistoni attivati dai canali d'acqua derivati nel quartiere.

Dal 1835 ha preso il nome dall'antica chiesa dedicata a Donato d'Arezzo, distrutta nel 1536 durante un assedio francese e ricostruita nel 1855 con il nome di Immacolata Concezione e San Donato.

L'antico borgo sorgeva ben più ad est dell'attuale, ovvero nell'area del centro storico compresa tra le vie Consolata, Garibaldi, Giulio ed il Corso Valdocco.

Seppur esterno alle mura romane e medievali, cui era addossato sul perimetro rivolto alla città, era comunque difeso da una cinta muraria e da un fossato, munito di almeno due porte, una rivolta alla strada dell'abbazia di S.Solutore Maggiore ed una alla strada romanaverso  Pozzo Strada. Un varco o pusterla, metteva in diretta comunicazione il borgo con i quartieri romani di Torino.

La popolazione ebbe una drastica diminuzione durante la peste del 1630 e per le numerose guerre, ma dal Rinascimento in poi tornò a crescere..
Il quartiere era irrigato dal Canale di Torino, una derivazione sia della Dora Riparia che del canale Ceronda, anche quest'ultimo artificiale derivazione dell'omonimo torrente a ovest di Torino ed oggi inesistente, che seguiva il tracciato delle vie San Donato e Pacinotti.

Il borgo allora era chiamato del Martinetto, nome dovuto ai martinetti azionati dall'acqua del canale, ma gli fu poi ridato il nome originario san Donato soltanto a partire dal 1835.

All'altezza di via Capellina, il partitore chiamato Brusachœur faceva derivare anche il canale artificiale detto del Valentino, che volgeva verso sud. A partire dall'antico abitato, si sviluppò qui una borgata urbana, così descritta da Goffredo Casalis:
«Il nucleo delle case fiancheggianti la strada che accenna al Martinetto, forma questo borgo, che da pochi anni sorse quasi per incantesimo, e va di giorno in giorno aumentando così di popolazione, che fra non molto potrà per la sua importanza pareggiare gli altri sobborghi della capitale.»

La vasta presenza di latifondi di proprietà religiosa, principalmente degli ordini di S. Agostino e Santa Chiara, attirò qui numerose iniziative caritative, come il Pubblico scaldatoio, l'Istituto del Buon Pastore, l'Istituto della Sacra Famiglia che accoglieva circa duecento orfane, la Casa di Sanità del dottor Casimiro Sperino e l'Oratorio Femminile del teologo Gaspare Saccarelli. 
A tal proposito, il 30 gennaio 1855 il teologo Saccarelli otteneva dall'arcivescovo Fransoni che la sua chiesa locale venisse costituita parrocchia. L'arcivescovo volle che al titolo di San Donato venisse aggiunto quello dell'Immacolata Concezione, che l'8 dicembre 1854 papa Pio IX aveva appena proclamato come dogma.

image-1Nel 1883 fu edificato l'Ospedale Maria Vittoria, all'incrocio tra via Cibrario e corso Tassoni, su terreni donati da Giuseppe Berruti, medico specialista in Ostetricia e Ginecologia, con lo scopo principale di farne un ospedale dedicato alla salute della donna e dei bambini; il progetto fu redatto dall'ingegnere Giuseppe Bollati, già creatore di Piazza Statuto, e l'inaugurazione avvenne nel 1885.





image-1Nel corso del  XIX secolo si svilupparono alcune grandi industrie: proprio qui, nel 1865 i produttori dolciari Talmone-Caffarel-Prochet inventarono il celebre cioccolatino torinese giandujotto, nello stabilimento di via Balbis.

 

 

 

 

 

 

image-1Tra 1909 e 1912avvenne la trasformazione dei vecchi mulini da grano della città già presenti nel XVII secolo; nel 1781 sono descritti in una planimetria ed a metà del XIX secolo subiscono la modificazione dell'apparato molitorio che sarà "all'americana". Nel 1930 si attua la copertura del canale alimentatore.

 

 

 

 

 

image-1Sempre nel settore dolciario, il borgo ospitò per decenni, in corso Regina Margherita angolo via Vicenza, lo stabilimento della Pastiglie Leone, ditta produttrice delle famose pastiglie-caramelle.
Poco distante sorse il panettonificio "La Torinese", nonché antichi birrifici torinesi, come la "Bosio & Caratsch" di corso P. Oddone, 81 o la birra Metzger di via S. Donato 68, acquisite poi dal gruppo della famiglia veneta dei Luciano, proprietari della birra Pedavena, rispettivamente negli anni 1937 e 1951.

 



Inoltre, fino alla metà degli anni ottanta, le Ferriere Teksid e la Michelin, più altre officine varie, operarono lungo il tracciato di via Livorno, nell'area del quartiere a nord di corso Regina, detta Basso San Donato: questa fetta di quartiere rimase a lungo in ombra, per via appunto della presenza di fabbriche, che conferirono ad esso una connotazione popolare che tuttora conserva.

image-1Dapprima, nell’immediato dopoguerra, fu la meta preferita da gran parte degli emigranti veneti e friulani in cerca di fortuna nel capoluogo piemontese; poi (anni 1960) di quel flusso, assai più massiccio, proveniente dalle regioni meridionali; infine, a partire dai primi anni novanta, soprattutto extracomunitari provenienti da Africa nord/sub sahariana ed negli anni più recenti dall’Est Europa: tuttora costituiscono una cospicua fetta di popolazione della zona (che in alcune aree, al pari della vicina Aurora, risente del degrado tipico delle zone periferiche, nonostante sia estremamente vicina al centro). Molte delle sopracitate industrie trasferirono le loro attività altrove, e le aree dismesse furono oggetto di radicali riconversioni in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, assumendo il nome di zona Parco Dora.

image-1image-1A ovest del quartiere poi, nella sottozona detta del Campidoglio, si trova il Sacrario del Martinetto, situato in Corso Appio Claudio angolo Corso Svizzera. Prende il nome dal precedente denominazione del quartiere, e fu un tiro a segno dal 1883.
Tra il 1943 e il 1944 venne usato come luogo di esecuzione di più di sessanta tra partigiani e antifascisti.




image-1In Piazza Risorgimento venne realizzato un rifugio antiaereo, ampio 700 m², alla profondità di 12 mt. e che poteva accogliere ben 1500 persone: restaurato e ripulito nel 1995, è aperto al pubblico ogni anno durante le celebrazioni della festa della Liberazione.

 

 



In Via Cibrario, 16 nel febbraio 1983 avvenne il tristemente noto incendio del Cinema Statuto, ricordato da una lapide di un'aiuola poco distante, su largo Cibrario.


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