Per l'esposizione del 1911 servono posti letto
A fine Ottocento la parte inferiore del giardino reale, verso la Dora, veniva lottizzata per costruire, secondo il piano regolatore, alcuni edifici in stile liberty.
Il nuovo rione, costruito per l'esposizione del 1911, era formato da un gruppo di eleganti case adibite ad albergo «meublé», ossia ammobiliato per la notte e il riposo ma senza ristorante, per non creare concorrenza con le cucine della grande esposizione.
Gli alberghi scarseggiavano in città e occorreva infittire il sistema alberghiero al più presto.
Dopo i portici di piazza Castello che immettono alla discesa (oggi viale Partigiani), in fondo ai giardini reali si aperse la piazzetta Denina, conservando intorno a una fontanella alcune piante di grande pregio: i Tascus Baccata o Pianta della morte (che danno delle piccole bacche cilindriche di un rosso meraviglioso ma il cui seme è mortale).
Poi sorse, oltre corso S. Maurizio, la via Denina con il caseggiato a due torrioni, tuttora esistente (che allora era il grande albergo Dora, poi convertito in appartamenti). Il retro dell'edificio era delimitato da una viuzza, parallela a via Denina, che curiosamente si chiamava con lo stesso nome.
Oltre corso Regina Margherita, sul prolungamento di via Denina, verso le «Basse di Dora» il signor Giuseppe Andreis possedeva alcuni prati confinanti con la proprietà Barolo-Soffi.
Venduto il tutto al comitato della grande esposizione per costruirvi due alberghi si incominciò a formare una nuova via molto corta.
Nel 1890 l'ing. Audisio progettò una delle prime case di Torino in cemento armato, materiale appena messo a punto dal belga François Hennebique, negli anni 1880-1900.
Con il permesso comunale finalmente apparve la via più corta della città, proseguimento di via Denina. Costituita da due sole case che si fronteggiano (corrispondenti ai numeri civici 1 e 2), misura m 23 di lunghezza ed è intitolata a Ercole Ricotti (1816-1883), illustre storiografo nativo di Voghera, che superava i due metri ed era, insieme a Rattazzi, Pisani e Pugno, uno degli uomini più alti in città.
Ricotti fu anche deputato e senatore nel primo Parlamento Subalpino.
La breve via a lui dedicata è composta sulla sinistra da una casa che, con l'abbondanza delle decorazioni liberty, costituisce un esempio di pittoricità, dettata dal capriccio di conchiglie in stucco, che offrono sotto i balconi e le finestre il loro gioco accartocciato, tanto di moda a quel tempo.
Il pastificio piemontese
Nel primo Novecento all'angolo di via Ricotti con corso Regina Margherita il pastificio Canuto vendeva verdure cotte (spinaci, radici, patate, costine, ecc.). Troneggiavano nella vetrina d'angolo le fritture dolci, le bianche castagne garessine, i ceci, le lenticchie e gli altri legumi secchi nostrani.
Poco era lo scatolame, non ancora gradito ai torinesi. Il caratteristico negozio, che era anche drogheria, vendeva la «savonera», sorta di sapone lisciva, bianco e giallo in pani, ricavato dai pezzi di sapone mal tagliato, fatto con le rimanenze. Si trattava di una lisciva forte, usata dai lavandai di «Seto» (Settimo).
Le bici da macellaio
Agli inizi degli anni Venti in via Ricotti aveva bottega il ciclisla Zaninetti che vendeva le sue «bici da macellaio». Possedev.a il brevetto della «ruota davanti bassa con cassone fisso sul quale era innestato il manubrio semovente».
Le "Ricottine"
In questa via, data la vicinanza all'Università e al teatro Regio, hanno abitato molti professori, orchestrali, studenti, artisti, antiquari, ebanisti.
Tempo fa un gruppo di spiritose universitarie, annidatesi proprio qui, in prossimità delle facoltà umanistiche, per compiere i loro studi, posero alla porta della loro abitazione un cartello qualificante: «Le ricottine».