Il ghetto

La «Cort Granda»

Pare che il primo ebreo che si stabilì a Torino, nel 1424, fosse Elia Alamandi, coniugato con prole.
In seguito alle persecuzioni in Spagna altri ne provennero e si accentrarono in alcune modeste abitazio­ni all'inizio (verso il centro) dell'attuale via Principe Amedeo.
Il 2 agosto 1679 la Duchessa reggente Maria Giovanna Battista di Ne­mours creò il «Ghetto» concentrando tutti gli ebrei (circa 750) in un locale solo, che era adibito a ospedale per mendicanti, nei pressi di piazza Carlina.
Trasferito l'ospedale in una villa reale sulla collina torinese, fu stabilito un affitto (poi sempre aumentato), pagato dagli Ebrei a beneficio dei mendicanti in cura.
Il Ghetto alla fine del seicento era situato fra le odierne vie Maria Vittoria, via Bogino, via Principe Amedeo e via S. Francesco da Paola.
A questo si aggiunse, nel primo ottocento, un nuovo settore compreso fra via S. France­sco da Paola, piazza Carlina e via Des Ambrois.
L'ingresso principale del Ghetto era in via S. Filippo 5 (oggi via Maria Vittoria); esso immetteva nella «Cort Granda» (grande corti­le), il più ampio, che comunicava attraverso un andito coperto (detto Portici Oscuri) con il «Cortile della Vite» da cui si passava a quello «dei Preti» (ex chiostro di un antico convento) con ingresso in via Bogino. Attraverso scale, anditi e interni di alloggi si arrivava al «Cor­tile della Trassa» (della terrazza) che riconduceva al Grande Cortile, nodo di comunicazione del Ghetto e centro della Vita della Comuni­tà. Le case non avevano quasi finestre, i balconi erano solo all'interno e gli ingressi si chiudevano al crepuscolo. Verso le strade il piano terreno era occupato da negozi, quasi tutti vendite di oggetti usati e di abiti fatti per uomo. Le donne ebree erano specializzate in rammendo di pizzi e stoffe preziose. Alcune facevano le domestiche presso case ricche; tipiche erano le «creade» direttrici di casa, dalle quali dipen­deva la servitù.
Gli ebrei del Ghetto vivevano ammassati, con affitti esosi, esclusi dalle Corporazioni, dalle scuole, dall'università. Quando non fu più possibile contenerli fu creata un'altra parte di ghetto in una casa di via Santa Croce, detta il «Cortile della Luna».
Il 29 marzo 1848 il Ghetto fu abolito da Carlo Alberto, spinto a elargire l'emancipazione ai volontari ebrei che infoltirono le schiere dell'esercito durante le guerre per l'indipendenza.
Nel libro «Vicende del Ghetto di Torino» di S. Foa si legge: «Il Ghetto non fu subito abbandonato dagli ebrei: bastava loro l'aver conquistato la libertà e l'onore. Ne uscirono subito solo poche fami­glie, le più abbienti, e gli altri vi rimasero ancora per tre lustri: sentirsi vicini gli uni agli altri addolciva la loro vita, talora di stenti. L'esodo incominciò nel 1865, quando il piccone demolitore incominciò ad operare.».



 

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