L'1l settembre 1907, onde invogliare le Autorità cittadine a prendere qualche decisione in merito alla ristrutturazione di via Roma, già fatiscente, la Gazzetta del Popolo bandì un referendum tra i suoi lettori per conoscere le preferenze dei torinesi.
La consultazione venne effettuata il 9 dicembre successivo; per il calcolo dei voti e delle preferenze venne utilizzata una ingegnosa macchina denominata «lo pserografo Boggiano» (dal nome del suo inventore).
Le ipotesi prposte erano tre: allargamento di via Roma con portici; senza portici; conservazione dello statu quo, senza allargamenti.
I votanti furono 24.775. Per l'allargamento con costruzione di portici votarono 18.203 torinesi; per l'allargamento senza portici 2.007; per il mante nimento dello status quo 4.565.
Forse, in definitiva, furono questi ulti mi a «vincere», perché il rifacimento della via si fece ancora attendere per ben 23 anni.
Via Roma nel 1910
Via Roma nuova
L'Amministrazione della Soc. Edilizia di via Roma, proprietaria di numerosi isolati, poté dare inizio ai lavori di ristrutturazione della centralissima arteria il giorno 22 giugno 1930.
Quel giorno, infatti, incominciò la demolizione dell'isolato di Via Viotti. Direttore dei lavori era l'ing. Guglielmo Olivetti. Fu lui, tra l'altro, ad opporsi a che le due Chiese di S. Carlo e S. Cristina venissero circondate da due gallerie (come prevedeva il progetto).
«Nelle gallerie» disse «i passanti transitano malvolentieri; sarà assai meglio fare due strade, nelle quali si incanaleranno i veicoli (a senso unico) ed i pedoni».
Dopo lunghe diatribe e discussioni, la sua opinione prevalse.