Il creatore del Museo dell'Automobile

che poi verrà dedicato al nipote di chi l'aveva osteggiato



image-1Carlo Biscaretti di Ruffia (Torino, 1879 – Ripafratta, 1959) figlio di Beatrice Ferrero e di Roberto Biscaretti di Ruffia, Senatore del Regno e cofondatore della FIAT, ereditò dal padre la grande passione per le automobili.

Il 18 novembre 1898, non ancora maggiorenne, con i gentleman-driver fondò l'Automobile Club di Torino (che poi diventerà Automobil Club d'Italia). Tra i primi ad ottenere la patente, nel 1901 partecipò al 1º Giro automobilistico d'Italia.



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Dotato di grande talento per il disegno, abbandonò gli studi di legge per dedicarsi al disegno tecnico, collaborando con le neonate aziende automobilistiche.

Per accontentare il padre che gli consigliava un periodo di apprendistato manageriale, nel 1905 si trasferì a Genova come dirigente di filiale della "Fabbre & Gagliardi", commerciale di accessori per biciclette e automobili, e poi nella capitale quale direttore nella filiale romana della "Carrozzeria Alessio".

Pubblicitario di successo
Nel 1907 ritorna a Torino e fonda lo "Studio Tecnico Carlo Biscaretti", nella centrale via della Rocca 22, che diverrà presto un punto di riferimento di molte aziende italiane ed europee, per il disegno tecnico e la grafica pubblicitaria.
Biscaretti riceve importanti incarichi da grandi imprese del settore automobilistico come Itala, FIAT, Lancia, SPA, SCAT, Nazzaro, Ansaldo, Michelin e Solex, ma anche di altri settori come Aurora, Olio Sasso e Olivetti.
Continuando l'attività di pubblicitario, in campo automobilistico si lega all'esclusiva con la Itala, per la quale assume, dal 1916 al 1930, l'incarico di direttore dell'"Ufficio Stampa e Pubblicità".

Ormai affermato e richiestissimo professionista, nel 1932 Biscaretti decise di dedicarsi prevalentemente alle automobili d'epoca ed alla conservazione del patrimonio tecnologico italiano. Nello stesso anno viene incaricato di organizzare una mostra retrospettiva al 26º Salone dell'Automobile di Milano del 1933 e, sostenuto dal padre e da Cesare Goria Gatti, presenta il suo progetto per realizzare a Torino il Museo dell'Automobile a Mussolini, giunto nel capoluogo piemontese inaugurare l'autostrada Torino-Milano.

image-1L'opposizione del senatore Agnelli
L'idea ottiene l'assenso di Mussolini e l'iniziale appoggio dell'amministrazione comunale, ma viene ostacolata dalla contrarietà dal senatore Giovanni Agnelli che dichiarò di non ritenere la tecnologia automobilistica italiana sufficientemente prestigiosa da dedicargli un museo.
La vera ragione per il pronunciamento di un simile paradosso, aveva probabilmente origine nel fatto che Agnelli, proprietario dei terreni edificabili e centrali sui quali doveva sorgere il museo, non poteva opporsi alla loro vendita per non contrariare Mussolini, ma lanciava un leggibile messaggio all'amministrazione comunale di Torino che subito si adeguò, prima frenando l'iniziativa e poi portandola verso un forte ridimensionamento.

Il museo, dopo cinque anni di incertezze, venne così confinato nella periferia cittadina, in angusti locali ricavati nella struttura dello Stadio Benito Mussolini, dove per la ristrettezza degli spazi fu possibile esporre solo 73 degli oltre 180 pezzi che componevano la collezione museale. Il museo venne comunque aperto al pubblico nel 1939, ma a causa della posizione decentrata, per anni gli unici visitatori furono i tifosi che andavano a curiosarvi nell'intervallo della partita do calcio.

image-1Dopo la parentesi bellica, Biscaretti riprese caparbiamente la sua opera per dare una sede adeguata al museo, riuscendovi nella seconda metà degli anni cinquanta. I lavori iniziarono nel 1957, ma il promotore non visse a sufficienza per vederli ultimati: la morte lo colse nel suo eremo di Ripafratta, mentre stava progettando la disposizione di una delle sale espositive. La nuova struttura fu a lui dedicata e aperta al pubblico il 3 novembre 1960. Ma nel 2011 il Museo viene inopinatamente intitolato a Giovanni Agnelli (1921 - 2003) e a Biscaretti viene solo dedicato un salone benché sia lui l'ideatore del Museo e nello stesso non siano presenti solo modelli prodotti dalla Fiat.

 


BISCARETTI, Roberto, conte di Ruffia. - Nacque a Torino il 26 apr. 1845 dal generale Carlo e da Laura Le Tonnellier de Breteuil. Il padre (1796-1889), dopo aver ricoperto fra il 1852 e il 1857 alti incarichi nella gerarchia militare piemontese ed aver fatto parte della Casa militare del re, entrava nel novembre 1861 nel senato del Regno e riceveva l'anno dopo il gran cordone dell'Ordine mauriziano.
Conclusi gli studi d'ingegneria, il figlio si interessò presto ai problemi amministrativi cittadini; nel 1884 si segnalò nell'organizzazione della Esposizione di Torino e sei anni dopo venne eletto al Consiglio comunale.

Il B., che discendeva da una vecchia e rappresentativa famiglia dell'aristocrazia subalpina, e che presiedeva o condirigeva tutta una rosa di enti ospedalieri, assistenziali, educativi, ricreativi, venne così a far parte della nuova classe dirigente locale, che intendeva reagire con più dinamici programmi di riordinamento economico-produttivo alla gravissima congiuntura incombente sull'ex capitale per via della rottura delle relazioni commerciali con la Francia e dei fallimenti bancari di quegli anni.

Assessore municipale e dirigente dell'Associazione Monarchica "Quintino Sella", il B. ebbe la meglio nel 1895 sul candidato radicale e su quello socialista nelle elezioni della XIX legislatura per il terzo collegio di Torino. Esponente della destra subalpina, rieletto alla XX legislatura (1897), appoggiò il ministero di Rudinì e dal 1898, nel clima di dissoluzione delle vecchie clientele liberali cittadine e di faticosa ripresa giolittiana, rimase l'unico esponente costituzionale della deputazione torinese.
s Nelle successive elezioni del giugno 1900, grazie all'avvicinamento clerico-liberale in funzione antisocialista, riuscì a mantenere il suo mandato, seppure con una vittoria di strettissima misura (per soli cinque voti) e in sede di ballottaggio con Claudio Treves. Quando in seno all'Unione liberale monarchica torinese prevalsero le correnti più avanzate il B., che nella seconda sessione della XXI legislatura aveva ricoperto la carica di questore della Camera, venne escluso nel 1904 dalle candidature del partito, che tuttavia lo proponeva l'anno dopo per la nomina a senatore, avvenuta il 4 marzo 1905 per la terza categoria. Agli impegni politici a Già da tempo il B. aveva cominciato a importare dalla Francia e dalla Germania alcune vetture da corsa e nel 1898, con altri due pionieri dell'automobilismo piemontese, C. Goria Gatti e M. Lanza, era stato il promotore dell'Automobil Club d'Italia (ne terrà poi la presidenza sino al 1903). Era seguita nel luglio del 1899 la sua partecipazione, insieme con G. Agnelli, L. Scarfiotti e altri, alla fondazione della Fabbrica italiana automobili Torino (F.I.A.T.). Allo sviluppo dell'azienda automobilistica torinese il B. doveva dedicare negli anni successivi gran parte delle sue energie: la trasformazione nel marzo 1906 dell'impresa in Società anonima fabbrica automobili FIAT lo vedrà ancora fra i principali azionisti e membro attivo del primo Consiglio di amministrazione.

Segretario del Senato dal 1912, membro del Comitato regionale piemontese per la mobilitazione industriale dal nov. 1917, il B. aderì nel dopoguerra al movimento nazionalista e poi al partito fascista, ma per formazione e mentalità, oltre che per retaggio familiare, rimase fra gli esponenti della Camera alta più direttamente legati alla monarchia e all'ambiente di corte, come del resto il figlio ammiraglio Guido, presidente del Consiglio superiore della marina e nominato anch'egli senatore nel dicembre 1928. Negli ultimi ami, pur prendendo ancora parte ai lavori del Senato di cui era ormai decano, il B. preferì dedicarsi più attivamente all'amministrazione del municipio di Recco, il piccolo centro della Riviera ligure in cui aveva finito per ritirarsi, prima quale commissario del Comune, poi come presidente della Congregazione di carità amministratrice dell'ospedale civico.

Il B. morì a Mulinetti di Recco (Genova) il 12 ag. 1940.

Nell'ottobre del 1932, in occasione della visita di Mussolini per l'inaugurazione dell'autostrada Torino-Milano, aveva presentato, unitamente all'avvocato Goria Gatti, una petizione per la creazione a Torino d'un Museo dell'automobile. L'iniziativa, approvata nel 1933, per la mancanza di adeguati mezzi e per il sopravvenire della guerra mondiale, non ebbe allora realizzazione.

Il figlio del B.,Carlo (Torino 24 ag. 1879-Ripafratta, Pisa; 7 sett. 1959), fin dalle origini appassionato cultore dell'automobilismo, animatore delle sue prime manifestazioni sportive, nonché disegnatore e illustratore di soggetti automobilistici (si vedano, per esempio, nel settimanale inglese The Sphere, 1928-30, la serie di tavole a colori a soggetto caricaturale e le illustrazioni nel Libro dell'automobile moderna di I. Timperi, Milano 1923-27) e pubblicista (tra i suoi scritti: L'album sportivo, Torino 1905; L'automobile, Torino 1932; Carrozzieri di ieri carrozzieri di oggi, Torino 1952; Un po' di storia dell'automobile, Torino 1960), fu il primo organizzatore del Museo; diede poi esecuzione adeguata al progetto quando nel 1957, per iniziativa dell'Associazione nazionale fabbricanti italiani automobili e col contributo del comune di Torino e di privati, venne costituita una società per la costruzione di un palazzo destinato a raccogliere l'importante raccolta documentaria meccanica da lui costituita (C. Biscaretti di Ruffia,IlMuseo Nazionale dell'Automobile, in Torino, XIII 119-331, n. 9, pp. 44-45). Del Museo dell'automobile il B. era stato nominato nel 1957 presidente: alla sua morte l'istituzione ne prese il nome.

 

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