Scheda del personale dell'UPI
(Ufficio Politico Investigativo)
della Guardia Nazionale Repubblicana che operava
nella caserma di via Asti

SERLORETI, GASTONE MARIA
(Torino, 1905-Roma, 1967)


Abitante in via Eustachi 20 a Milano, trasferitosi a Torino risiede prima in corso
Re Umberto 20 e poi - dal marzo 1944 - presso l'albergo Maestoso.
Squadrista dal 21 ottobre 1921.
Nel dicembre 1923 entra come allievo carabiniere volontario nella Legione allie­vi
carabinieri di Torino. Qualche mese dopo, nell'aprile 1924, è carabiniere e tira­tore
scelto nella Legione territoriale di Torino.
Il 31 luglio 1926 viene promosso al grado di vicebrigadiere e nel
dicembre dello stesso anno si congeda per la fine del­la ferma triennale.
Prosegue poi la propria carriera nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale,
di cui risulta ufficiale in Spe nel febbraio 1939, quando presta servizio presso
l'Ufficio politico investigativo della 1" Legione «Sabauda» di Torino.

Viene poi inviato a Bolza­no e in seguito a Trapani, da dove rientra nel
capoluogo piemontese nel 1942.

Il 20 dicembre 1943 viene chiamato in servizio presso l'Upi della Gnr,
nella ca­serma di via Asti, con il grado di maggiore.
Nel maggio 1944 subentra al colonnello Cabras nella direzione dell'Upi.

Fuggito da Torino con la colonna tedesco-fascista il 28 aprile 1945,
viene arresta­to e tradotto in città il l0 agosto. Processato dalla Corte
d'assise straordinaria di To­rino, viene condannato a morte il 21 maggio 1946
con l'accusa di aver ordinato le fu­cilazioni di San Maurizio Canavese
e per il rastrellamento condotto a San Benigno.

Il 25 gennaio 1947, però, la Corte di cassazione annulla la sentenza
per «un difetto di motivazione in ordine alle attenuanti generiche»
e stabilisce un nuovo processo davanti alla Corte d'assise di Genova,
previsto prima per il gennaio e poi per il marzo 1949.

Il procedimento penale viene infine spostato , per ragioni di ordine pubblico
presso la Corte d'assise di Bergamo.
Il dibattimento si conclude il 21 novembre 1949 con la condanna di Serloreti
a 24 anni per collaborazionismo, all'interdizione perpe­tua dai pubblici uffici,
alla libertà vigilata per 3 anni e alla confisca dei beni.

La pe­na viene però condonata per due terzi, riducendosi così a 8 anni di carcere.
Il 16 febbraio 1955 il tribunale di Parma condanna Serloreti a otto mesi
di reclu­sione e a 10 mila lire di multa per appropriazione indebita.
A metà degli anni Cinquanta si trasferisce definitivamente a Roma dove
è morto il 27 dicembre 1967.

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