Scheda del personale dell'UPI
(Ufficio Politico Investigativo)
della Guardia Nazionale Repubblicana
che operava
nella caserma di via Asti

Scheda
MARCONCINI SILVANO "K 13": tenente in servizio all'UPI

Da quando sua sorella venne rasata e violentata da un gruppo di partigiani
in val Susa (uno dei quali poi processato e fucilato al Martinetto),
perché bazzicava coi tedeschi, egli infierisce sugli antifascisti.

La sua laurea in ingegneria non gli assicura una competenza poli­ziesca,
né il padre, ex deputato del PP, noto antisemita, libero docente all'Università di Torino,
gli serve come raccomandazione e neppure può vantarsi di essere stato "gerarca" nel GUF.
Nessuna benemerenza politica, dunque, nessuna speciale attitudine.
Ma ciò che conta è l'accanimento fazioso e la fedeltà ai tedeschi.
Poiché son così pochi gl'intellettuali disposti a servire il nuovo regime,
egli viene subito nomi­nato tenente e, col precedente della sorella,
incaricato della repressione anti partigiana.

Vi riesce ottimamente: non sul campo di battaglia, ma senza rischio, nelle stanze di tortura.
Se mancano i pugni di Bonaglia, ci son altri mezzi per far parlare le vittime, prima di trucidarle.
Bonaglia aveva soltanto la forza bruta, un intellettuale può permettersi una tecnica più raffinata.
I disgraziati detenuti la sperimentano presto.
Sulle loro carni straziate egli vendica non una, ma cento volte l'oltraggio della sorella
e quando, esaminando i cadaveri s'accorge che una delle sue vittime non è morta
alla scarica del plotone da lui comandato, tira fuori la pistola e spara alla nuca ...
Il suo castigo sarà quello tragico che egli ha riservato agli altri:
morirà precipitando in montagna il 19 agosto 1949.

Denuncia di Bellone Sergio.

Nell’autunno inverno 1943/44 appartenevo al comando militare “Valle di Susa” del CVL.
A quell’epoca il nemico più accanito del movimento partigiano erano il
Maggiore Ravetto Mario di Bussoleno ed il Capitano Talmon di Avigliana
oltre all’Ingegnere Marconcini di Bruzolo, figlio del celebre deputato popolare e
rettore dell’Università Cattolica di Milano.

L’Ing.Marconcini viveva separato dal padre con cui era in completo disaccordo,
viceversa era in intimi rapporti con la madre e la sorella, le quali al par di lui
erano ferventissime repubblicane.
Assai noti erano i sentimenti dell’Ing.Marconcini il quale prima del 25 luglio
aveva fatto parte dell’Ovra e in tale qualifica non aveva esitato a denunciare
per sentimenti antifascisti il suo superiore, Ten.Giancarlo Ratti, comandante in Croazia
della batteria di artiglieria alpina alla quale egli apparteneva.

Subito dopo l’8 settembre 1943 l’Ing.Marconcini a Torino fu uno dei primi promotori
del nuovo esercito repubblicano, tanto che la sua fotografia comparve in quell’epoca
sulla stampa torinese.
Poi si diede ad organizzare la Guardia Nazionale Repubblicana e fece parte
dell’Ufficio Politico Investigativo (UPI) della caserma di Via Asti,
presso la quale era conosciuto come il tenente K13.

In tale sua qualità si diede molto da fare per organizzare rastrellamenti contro
le truppe partigiane della media Valle di Susa, specialmente quelle che erano attorno
alle montagne di Sangiorio del Ten.Carlo Carli.
Per tale sua febbrile attività antipartigiana in una riunione di comando nel novembre 1943
a Villardora si condannò a morte l’Ing.Marconcini e si incaricò il Tenente Carli
di eseguire la sentenza.

Questi nella notte fra il 9 e il 10 dicembre 1943 inviò a Bruzolo una squadra di uomini
al comando di Rulfo, col compito preciso di uccidere l’Ing.Marconcini e di tagliare i
capelli a sua madre e a sua sorella che risultavano essere oltre che fasciste
pure amanti e spie dei tedeschi.
La segnalazione proveniva direttamente dall’avv.Fusi, democratico-cristiano,
membro delle giunta militare del CLN piemontese.
Il Rolfo non avendo trovato a casa il Marconcini si sfogò contro la madre e la sorella
che furono accuratamente tosate.
Quando il Marconcini venne a sapere dell’affronto fatto alle due donne andò su
tutte le furie e giurò di vendicarsene sanguinosamente.
La radio e la stampa repubblicane fecero un grandissimo can-can del fatto di Burzolo,
dipingendolo sotto i più foschi colori briganteschi.
Ma il Marconcini d’accordo con il Comando Germanico di Torino organizzò
una spedizione in grande stile contro i partigiani di Sangiorio.
Il paese fu invaso all’alba del 28 dicembre 1943 da oltre un migliaio di tedeschi
con l’artiglieria e carri armati: il Marconcini in divisa da tedesco guidava la spedizione
e conduceva le iene tedesche in tutte le case e gli abituri a lui ben noti.

Nell’occasione venne ucciso il giovanissimo partigiano Giordano Velino, al quale
verrà in seguito intitolata la 106^Brigata Garibaldi.
Il Marconcini non si da ancora pace. In stretto contatto col Magg.Ravetto di Bussoleno
e col Capitano Telmon di Avigliana organizza imboscate e spedizioni antipartigiane
in tutta la Val Susa ed il 21 gennaio 1944 riesce finalmente a far uccidere in
un’imboscata ad Avigliana il suo peggior nemico: il Ten.Carlo Carli che cadde
circondato da oltre 100 Gnr del Cap.Telmon e del Centurione Gaschino,
giunto appositamente da Torino per assassinare il giovane comandante partigiano.

Ucciso il Carli ed infamatane la memoria attraverso la stampa repubblicana di Torino,
Marconcini si ritira a Torino a compiere le sue funzioni di ufficiale dell’UPI di Via Asti.
In tale qualità egli fra l’altro: nel giugno 1944 trasse in arresto la madre e la sorella
del comandante partigiano Felice Cima, ucciso dai tedeschi a Caprile nel novembre 1943,
sotto l’imputazione di connivenza con i ribelli.

Le due donne grazie alla loro abilità riuscirono a farsi rilasciare quasi subito.
Il 18 aprile 1945 il Marconcini in piazza Carlina salì lui stesso per riparare i fili
del tram sabotati dai GAP. Il 26 aprile 1945 il Marconcini trasse in arresto l’Ing.Manfredi,
suo ex compagno di scuola,che stava recandosi all’Eremo per cercare di salvare
la stazione radio-trasmittente dalla furia distruttrice dei tedeschi in ritirata;
nell’occasione il Marconcini percosse così violentemente col calcio della pistola
la testa dell’Ing.Manfredi che rimase sordo per oltre un mese.
Fortunatamente il Manfredi venne liberato il giorno successivo
ma i tedeschi poterono far saltare la radio dell’Eremo.


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