Guido Gozzano

Guido Gozzano pensava in torinese e poi, se doveva scrivere o parlare, traduceva in italiano.

Lo racconta un suo amico, Giuseppe Gallico, aggiungendo che « in torinese scherzava con il gaio sciame di sartine, modiste, « cattive signorine» (cioè, come Gozzano le chiama in una poesia famosa, « cocottes »), che frequentavano il circolo studentesco Gaudeamus o l'Odeon, sala da ballo, entrambi sotto ·la galleria Nazionale, tra via Roma, via Arcivescovado e via XX Settembre.
Il poeta vi andava spesso con l'amico disegnatore Golia, di pomeriggio.
Qualche giro di valzer, qualche « bon mot » scambiato con le damigelle. E poi, risalito alla luce del sole dalla sala sotterranea, an­dava alla So­cietà di cultura, che ospitava la (fine fleur dell'intellettualità torinese, in via delle Finanze, cioè nell'attuale via Cesare Battisti).

Ma prima, talvolta, passava alla « buvette Carpano », dove via Viotti, allora miserrima, confluiva in piazza Castello, per un bicchierino di vermut; oppure anda­va da Romana e Bass, o da Baratti e Mila­no, anche per godersi lo spettacolo delle dame che mangiano le paste, per cui Tori­no andava celebre (per le dame e per le pa­ste). È sua quella descrizione di una finez­za e di un umorismo magistrale:
C'è la signora che, sollevata la veletta « divora la preda », mentre
« un'altra con bell'arte sugge la punta estrema: invano, che la crema esce dall'altra parte .. »,

E subito dopo, sensuale come sapeva es­sere il bel Guido, esce in questi versi, che sembrano spontanei, e invece chi lo cono­ sce sa che erano il prodotto di un martirio creativo:
Oh, belle bocche intatte di giovani signore: baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte .

Appena fuori dei portici era innamorato di Pa­lazzo Madama (piacevole luogo di conve­gno solitario con una signora, ben difeso dal sole, dalla pioggia, dalla curiosità ).
Pa­role che ci ricordano come a quei tempi avanti la prima guerra il passaggio attra­verso Palazzo Madama fosse aperto al pubblico, per abbreviare il percorso ai pedoni, ai ciclisti, alle carrozze, tra via Garibaldi e via Po.
Anche il Valentino, ovviamente, richia­mava il bel Guido, ma soprattutto in inver­no perché, dopo la bicicletta, adorava pattinare: aveva una figura elegante, grande agilità, ma non molta resistenza, tanto che talvolta era costretto a lasciare anzitempo la compagna pattinatrice.