Il colonnello Fracchia uccide la mogli nell'ufficio del giudice

Il colonnello Fracchia uccide la moglie nell'ufficio del giudice

Verso le 11 del 20 gennaio 1897, nell'ufficio del presidente del Tribunale, cavalier Adami, il colonnello Leone Fracchia ha sparato alla moglie uccidendola sul colpo.

Leone Fracchia, è nato a Torino il 19 aprile 1836. Frequentò la scuola militare di Racconigi, entrò in fanteria dove combattè tutte le campagne dell'indipendenza, guadagnandosi, oltre ai gradi, anche una medaglia d'argento al valore militare ed un'altra, pure d'argento, al valore civile.

Nel 1889, col grado di tenente-colonnello , era comandante del Distretto di Catania, e nel 1892 tenne lo stesso comando al Distretto di Verona.
Nel 1894 passò a riposo col grado di colonnello. Nel 1887 sposò la signora Rosa Pavia, di Modena che aveva allora 38 anni. Il colonnello contrasse il tifo che, a quanto pare, ne alterò lo stato mentale rendendolo morbosamente geloso. Le ripetute scenate indussero la signora, a lasciare la casa del marito, rifugiandosi prima nell'Istituto dei Santi Angeli, in via Villa della Regina, poi nell'Istituto tenuto dalle suore francesi sul corso Vittorio Emanuele, angolo corso Massimo d'Azeglio.

La povera donna iniziò anche la causa di separazione.

Per questo i due coniugi comparvero dinanzi al presidente del Tribunale, cav. Adami, il quale, come la legge prescrive, doveva, dopo aver sentito le ragioni dei dissidi, tentare una conciliazione amichevole. Il comm. Eracchia si presentò verso le 10 in Tribunale accompagnato dall'avvocato Floris. La moglie era con una sua sorella.

Prima fu chiamata la signora, la quale espose al cav. Adami le sue ragioni chiedendo che il marito, il quale godeva di una pensione mensile di L. 600, le assegnasse una somma mensile di lire 200; per far fronte alle necessità della vita. Poco dopo il giudice, assistito dal cancelliere Duprà, rimandò nell'anticamera la signora e fece entrare, da solo, il marito.

Il cav. Adami gli espose le domande della moglie, ed il Eracchia trovò non solo esagerata la richiesta di L. 200 mensili, ma anche quella di L. 150; però dichiarò che si sarebbe rimesso a ciò che il presidente avesse giudicato equo. A questo punto il cav. Adami richiamò nel'ufficio la signora e la fece sedere sopra una poltrona, alla sinistra della scrivania. Il marito prese posto in un'altra poltrona di fronte a quella della moglie, ad un breve passo di distanza. Nel gabinetto rimasero soli i coniugi e il cav. Adami, essendo uscito il signor Duprà per ragioni d'ufficio. In ossequio alla leggo, il cav. Adami tentò di conciliare le cose, facendo notare al marito che le suo gelosie non avevano alcun fondamento. Fracchia, che era apparentemente calmo, si rivolse ad un tratto alla moglie ripetendole i rimproveri già fatti altre centinaia di volte; al che la signora rispondeva, piangendo: "Non è vero Leo ! Non e vero !"

Fu a questo punto che il Fracchia, il quale fino a quel momento era rimasto con le mani nelle tasche del soprabito, si alzò in piedi, e puntando improvvisamente una rivoltella le sparò un colpo in direzione dèlia moglie colpendola al capo, nella regione parietale sinistra. I1 proiettilo, di calibro 12, penetrò nel cervello della poveretta, producendolc una ferita mortale. L'atto fu tanto rapido elio il cav. Adami li per lì non si diede nemmeno conto del fatto. Egli vide la povera signora rovesciare il capo all'indietro, senza gettare alcun grido. Allora si alzò e con un passo affrontò il marito, il quale agitava ancora il braccio armato coll'intenzione di continuare gli spari. Infatti altri due colpi partirono dall'arma, ed i due proiettili andarono a infrangersi nel muro. Ciò fatto, fi allontanò a brevi passi andandosi a rifugiare in un angolo della sala, vicino alla finestra.

Fracchia venne rinchiuso in una cella (a pagamento) delle Nuove. Mentre lo portavano via ai carabinieri disse: "Ecco come si fa da colonnello a diventare un assassino! " e, rivolto al cavaliere Adami, "Mi perdoni, signor presidente, del disturbo".

Saputo dell'arresto e dell'appartamento lasciato vuoto i ladri pensarono bene di svuotare la casa in vìa Giulio 8 dove abitava il colonnello.